Falene in rayban
07-02-2007 / A parer mio
di Andrea Poli
A un tiro di schioppo da Ferrara esiste una deliziosa stradina che si diparte di tra i platani vetusti che fan da corona al nastro d'asfalto che porta all'antica città delle anguille e si perde dipoi pei campi plasmati dall'opera paziente dell'uomo, tra deserti casolari romiti e coltivi di grano carezzati da un tèpido vento ormai primaverile: ssszzzz
ssszzzzz
, suscitando in chi abbia la ventura di inoltrarvicisi non sopite reminiscenze pascoliane: Scendea tra gli olmi il sole / in fascie polverose; / erano in ciel due sole / nuvole, tenui, ròse: / due bianche spennellate / in tutto il ciel turchino. / Siepi di melograno, / fratte di tamerice, / il palpito lontano / d'una trebbiatrice, / l'angelus argentino
/. La strada s'interrompe bruscamente, dopo poche centinaia di metri, contro la ferrovia per Codigoro, disvelando la sua vera natura: lungi dall'essere il nirvana poetico anelato dall'ingenuo viandante, è molto più prosaicamente il moncone della laterale che da via Comacchio porterà all'ospedale di Cona, risparmiando all'incolpevole abitato da cui prende il nome l'incessante viavai di medici-infermiere-pazienti-parenti-informatoriscientifici-ambulanze quando mai sarà pronto. In attesa del nosocomio che verrà (hai voglia te), la strada tronca vive schizofrenicamente sospesa fra il suo banale presente e un futuro -si spera- radioso: di giorno negletta periferia urbana con le aiuole spartitraffico colonizzate da una generosa vegetazione spontanea e le carreggiate ostruite da cavalletti rugginosi incrostati di grovigli di rete da cantieri in plastica arancione, di notte Broadway de noantri sfavillante di luci gialle calde e suadenti dove anche le falene girano coi rayban per non bruciarsi la retina al chiarore abbacinante. Tutto merito dei ventisei lampioni ventisei lì piazzati e accesi dalla diligente mano di un ignoto burocrate; di quei tipi precisini che ci tengono a mettersi sempre avanti col lavoro, sapete, e che mal sopportano le critiche di inefficienza da più parti ingenerosamente rivolte ai dipendenti pubblici. Che ci fanno la loro porca figura (i lampioni, voglio dire), anche se -a voler proprio proprio cercare il pelo nell'uovo- sono magari stati messi in funzione con un filino di anticipo sui tempi di apertura dell'ospedale: un novecento giorni prima, diciamo. Qualcuno potrà anche avere l'impressione che tenere accese ventisei lampade per tre anni di fila a un incrocio che non esiste rappresenti un deprecabile sperpero di risorse pubbliche; il lettore che non si fermi alle apparenze comprenderà invece agevolmente che i lampioni di via Comacchio adempiono nella realtà a una funzione di incomparabile valore ambientalistico: gli appassionati di botanica potranno seguire in tempo reale i progressi delle tenere piantine di tarassaco che si affacciano alla vita negli spartitraffico rinaturalizzati. Anche alle tre di notte, quando il tarassaco dà il meglio di sé credendosi inosservato. E allora, cosa volete mai che siano i centomila chilowatt necessari ad alimentare i punti luce di qui all'apertura della nuova arteria al traffico, a paragone della crescita di una robusta coscienza ecologista nella popolazione? Solo centomila chilowatt molto ma molto ben spesi.