Sagra
09-09-2008 / A parer mio
di Claudio Cazzola
Le pagine di cronaca locale dei quotidiani cittadini possono offrire anche motivo di consolazione e, pure, di ottimismo. È quel che accade soprattutto nel periodo estivo, ricco come esso è di iniziative, feste, fiere, concorsi di bellezza e via dicendo; in particolare, gode di indubbio successo il tema delle sagre. Per il volenteroso che abbia il coraggio di sfidare il caldo afoso con relativi insetti di complemento (senza trascurare le file ed i doppi turni una volta raggiunta la località della celebrazione) l'agenda è fittissima: qui la sagra dell'arrosticino, lì quella della lumaca; ecco la sagra del somarino, poi dell'asparago; dell'anitra, delle rane, del toro, delle patate, del castrato, della bondiola - insomma, a ciascuno la sua sagra, per parafrase un celeberrimo motto. Non c'è che dire, ha fatto molta strada questa parola, dal suo significato originario, derivato dal latino come plurale collettivo (alla stregua di "mela", "pera" e simili) di sacrum = "cosa sacra, consacrata", laddove la cosa sacra per eccellenza è, nella tradizione europea, la cerimonia di consacrazione di una chiesa. Ogni anniversario infatti di codesto evento la comunità si riunisce per festaggiare i sacra della parrocchia, ritrovandosi sul sacratum appunto, lo spazio antistante il luogo sacro, sacro pure esso ed immune - un tempo - dalla giurisdizione laica (vedi i parcheggi oggi ivi ubicati, privati appunto). Un luogo dunque ed un tempo di festa, una occasione per interrompere, di norma, l'indigenza egli stenti quotidiani, gustando almeno per una volta l'anno la carne e altre prelibatezze offerte dal potente di turno: può esserci pure una fiera con banchetti di comprevendita di oggetti ed utensili umili, allietata da spettacoli improvvisati di saltimbanchi e prestigiatori, e, momento di assoluta condivisione, la processione per l'unica strada del borgo accompagnata volentieri da una banda musicale più che dilettante. Né occorre andare tanto indietro nel tempo per ritrovare non solo tracce ma anche permanenze di una simile tradizione, che sopravvive tuttavia specie nelle località periferiche di tradizione contadina: indubbiamente il tramontare del ventesimo secolo con il sopravvento del nuovo millennio testimonia il brusco cambiamento delle abitudini locali, travolte da quel fenomeno noto come "globalizzazione". Ed ecco che la sagra si trasforma in occasione quasi unicamente gastronomica, dedicata non più a persone afflitte da denutrizione cronica, bensì, all'opposto, ad una massa di ipernutriti alle prese con i noti problemi di sovrappeso, trigliceridi, colesterolo, ipertensione, ecc. - anche questo senza dubbio segno dei nostri tempi, che sembrano aver perduto il filo di un salutare uso della vita, inclini come siamo ad abusare piuttosto di quel che c'è oggi, fino ad esaurimento incontrollato delle risorse. Orsù, al bando ora codeste tristezze da vecchi brontoloni, e, dopo aver goduto della sagra della zanzara e della miseria, attendiamo con fiducia la prossima. Quella del lombrico - pardòn, "dal bigàtt".