Il grave ritardo della scuola italiana
29-08-2006 / A parer mio
di Andrea Gandini
L'intervento di Stefano Gargioni è encomiabile per il suo afflato di desiderio di serietà in un paese di furbi, tuttavia credo che i pochi soldi che l'Italia ha per la scuola dovrebbero essere spesi molto meglio e mi spiego.
La scuola pubblica mostra crescenti problemi di "criticità" nel rendimento (tutte le indagini Ocse, Pisa, ...lo attestano).
Il Governo (che non ha soldi) intende introdurre un 50% di commissari esterni alla maturità, per una verifica più rigorosa degli apprendimenti, al fine di non abbassare gli standard; spesa prevista: 143 milioni di euro.
In Italia nel 2001 quando c'erano i 3 commissari esterni i promossi furono il 96,4%; nel 2002 con i primi commissari interni della riforma Moratti furono addirittura meno (95,65%), gli anni successivi si sono assestati attorno al 96,5%, il livello di quanto c'erano i commissari esterni. Sappiamo poi che molti diplomati devono poi fare i conti con i test di ingresso delle Università.
Non sarebbe allora stato più opportuno spendere identica cifra (così come era stato richiesto unanimemente dalla commissione di esperti Berlinguer del 1999) per introdurre un serio sistema di valutazione delle scuole (private e pubbliche), favorendo così un reale processo di miglioramento dell'istruzione ovunque. Mentre all'estero si cerca di migliorare il processo e, in alcuni casi, si aboliscono gli esami, in Italia ci si concentra sull'esame finale. Forse perché siamo uno dei pochi paesi al mondo sprovvisto di monitoraggio: così si alimenta un'inutile diatriba ideologica se siano meglio le scuole private o pubbliche (evitando di analizzare le singole scuole, ...al Sud ci sono scuole pubbliche dove si insegna in garage...).
La gravità del ritardo ci impone di guardare all'esperienza di altri paesi europei (Svezia, Finlandia, UK) che hanno sperimentato strumenti per migliorare il rendimento dell'istruzione.
Gran Bretagna (1998) e Svezia (1991) hanno realizzato radicali riforme dove le singole scuole organizzano la didattica, rispettando "indicazioni nazionali", ma che lasciano ampi margini di flessibilità e autonomia: fissano l'orario annuo (inferiore del 20% al nostro, ma in compenso noi abbiamo il 20% di assenze, il 30% al Sud), scelgono il personale, distribuiscono aumenti di merito e per funzioni (fino a raddoppiare la paga), rispondono alle famiglie dei risultati (disponibili su internet), ricevono contributi in base agli iscritti e sono sottoposte (sia pubbliche che private) a visite ispettive di monitoraggio. Le scuole che non superano certi standard e che non hanno allievi vengono chiuse.