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L'identità italiana

30-06-2006 / A parer mio

di Stefano Gargioni

Oggi più che mai, l'identità italiana è un bene prezioso da preservare, un patrimonio comune da custodire e rilanciare, un orizzonte da cui muovere e verso il quale tendere, una ricchezza alla quale attingere e nella quale riconoscersi. Un bastione, appunto, da conservare e da difendere, ma soprattutto di cui essere orgogliosi.
L'Italia e l'identità italiana esistono, come unità culturale e linguistica, prima ancora che politica, da quasi un millennio. Nella straordinaria varietà dei suoi particolarismi, esse hanno sempre avuto e tuttora possiedono un collante, che va riconosciuto nella sua oggettività, costituito dal fatto che in Italia c'è Roma e che a Roma c'è il Vicario di Cristo. E' in questo stupendo Paese che l'eredità greca e romana, grazie all'opera di San Benedetto e dei suoi monaci, si sono fuse dando vita all'autentico spirito europeo. Tutta la storia e la cultura italiane sono dunque impregnate di Cristianesimo e sono intimamente intrecciate con il cammino della Chiesa. Lo si legge nelle opere d'arte che riempiono ogni angolo della nostra terra e lo si vive, a volte inconsapevolmente, nelle tradizioni, negli usi e nelle consuetudini.
Purtroppo, questo immenso e affascinante patrimonio di valori nel quale siamo immersi e che ci identifica in modo così profondo ha subito, soprattutto negli ultimi due secoli, un attacco senza precedenti, che ne ha offuscato la bellezza mettendone a rischio la sopravvivenza.
Eppure, sino a qualche anno fa, sembrava ai più che l'argomento, magari interessante sotto il profilo filosofico, fosse materia di speculazione accademica e nulla più. Ci sono voluti l'11 settembre 2001 prima e il 23 novembre 2003 poi, con la strage di Nassiriya, per farci capire che l'attacco suicida alla nostra dimensione comunitaria, lanciato dall'anticlericalismo illuminista e dalla ghigliottina di Robespierre, per una paradossale gioco del destino stava per compiersi con successo attraverso la mano armata e omicida del terrorismo islamico, permeato di fondamentalismo religioso.
Queste due date hanno costituito, ci piaccia o no, uno spartiacque, facendoci comprendere, in tutta la sua drammaticità, qual è la posta in gioco. Una posta che, come si è visto, passa anche attraverso la carne e il sangue degli italiani.
E all'improvviso, quasi per miracolo, il corpo inerte e ozioso di questa Italia sazia e disperata, dimentica del suo passato e indifferente del suo futuro, ha avuto un sussulto, prendendo coscienza di sé. E' così risorta - per dirla con il cardinal Ruini - "dal cuore del nostro Popolo, la sua profonda unità e la consapevolezza del suo comune destino". Abbiamo insomma avuto un' inattesa presa di coscienza, che ci ha indotti a riconsiderare con maggiore attenzione le nostre radici. Abbiamo cominciato a capire che un nemico così determinato e così pericoloso non lo si combatte e, maggior ragione, non lo si vince, se non si è forti di un'identità solida, ma soprattutto viva.
Il problema ora è questo: durerà nel tempo questa consapevolezza? Questo "idem sentire" che ha spinto decine di migliaia di persone, al di là e al di sopra delle divisioni politiche e delle ideologie, a sfilare in silenzio davanti alle bare ammantate del tricolore, rendendo omaggio ai nostri caduti in terra irachena? O ci sarà bisogno di nuovi attentati per darle un rinnovato vigore?
Motivi per essere pessimisti non mancano. Ne sono testimonianza l'ambiguità con la quale il nuovo governo si accinge a rifinanziare le nostre missioni militari all'estero finalizzate al mantenimento della pace; come l'approccio "zapaterista", improntato ad una dimensione laicista e sostanzialmente anticlericale, con la quale componenti significative della nuova maggioranza si preparano a lanciare la sfida decisiva ai valori comunitari che della nostra dimensione identitaria rappresentano il fondamento.
Ha scritto Ernesto Galli della Loggia in un suo recente editoriale sul "Corriere della Sera": "Il mondo cattolico e la Chiesa si trovano sulla sponda opposta: impegnati, come sanno e come possono, a combattere proprio contro il bagaglio etico ed ideologico che oggi a sinistra raccoglie i maggiori consensi. E', la loro, una battaglia disperata, ma...nobile e importante come spesso sono le battaglie delle minoranze contro le opinioni, e l'inevitabile conformismo, delle maggioranze."
Nella mia vita ho sempre amato le sfide più difficili: per questo sto con Papa Benedetto XVI e con chi, insieme a lui, cerca ancora di coniugare, per amore del nostro Popolo, Libertà e Verità.