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Ferrara non è solo estense

03-09-2007 / A parer mio

di Ranieri Varese

L'intervento di Diego Marani sul Sole del 19 agosto invita a qualche riflessione, evito il tema della zucca. La situazione del «Museo Antonioni», voluto dal Comune poi chiuso, è il segno di un problema reale: quali modi ha una media città di provincia per fare politica culturale? I fatti, ai quali non è male richiamarsi, sono la dimostrazione delle scelte e delle caratteristiche del gruppo che ne realizza la gestione.
Città che mantengono testimonianze di un passato plurisecolare, debbono scegliere se presentarlo unitariamente in un discorso di articolata ed equilibrata conoscenza oppure preferire la rottura ed enfatizzare un solo momento al quale collegare ogni strumento e iniziativa, anche finanziaria.
Il rischio, reale, della seconda opzione è la costruzione, di una immagine unilaterale che viene schematizzata e privata della sua complessità.
A Ferrara la scelta "estense" rischia di restringere la comprensione della sua storia a un unico, importante, momento; viene nascosto il tempo precedente, quello della fondazione della Cattedrale e delle prime istituzioni di governo cittadino; quello successivo della legazione pontificia, più di due secoli, e della partecipazione allo stato unitario. Amministrazione comunale e provinciale hanno, con autorità, compiuto tale scelta; il rapporto con musei statali, con la Università è quasi inesistente. Il dibattito e il confronto fra le istituzioni è assente, residuano gli atti di un convegno organizzato dall'Istituto Gramsci nel 1986. Si comprende così perché è stato chiuso il «Museo Antonioni», restituita una donazione di materiali affini; chiuso il «Museo della Illustrazione», posto nei depositi il materiale dei servizi di documentazione storica. La Biblioteca dei musei è parzialmente inagibile, come la Fototeca; le collezioni di arte contemporanea, compresa quella Boldini, sono prive di catalogo: la rivista dei Civici musei è stata soppressa.
Le esposizioni che regolarmente privilegiano, in una sede inadeguata, temi di "moda", non sono né pensate né organizzate a Ferrara, provengano da altri luoghi.
Quelle dedicate agli Estensi, la prossima è "La pittura al tempo di Borso", sono acriticamente ripetitive della analisi condotta, nel lontano 1934, da Roberto Longhi. Il "colpaccio" di essere divenuti sede di «Ermitage Italia» è tutto da verificare. «Ferrara anche dal punto di vista culturale resta all'avanguardia in Italia» mi pare debba essere una domanda più che una affermazione.
*Università di Ferrara
intervento pubblicato dal Sole 24 Ore del 02/09/2007 a pag. 42