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La semina dell'odio

15-03-2010 / A parer mio

di Giuseppe Fornaro

La Cassazione ha deciso la linea dura contro gli immigrati con una sentenza in
base alla quale gli irregolari vanno espulsi anche se hanno figli minori che
frequentano le nostre scuole e sono nati in Italia.
Ora, al di là del merito giuridico della sentenza (si sa il diritto è come un elastico,
lo si può tirare a piacimento, tanto che una precedente sentenza sempre della
Cassazione del gennaio scorso aveva sancito giusto il contrario), resta un fatto
squisitamente sociale e politico.
Proviamo ad immaginare un ragazzino che frequenti le nostre scuole dell'obbligo,
proviamo ad immaginare se ad uno dei nostri figli di punto in bianco venisse
sottratto per legge il proprio padre e rispedito a migliaia di chilometri di distanza
senza alcuna certezza che potrà mai ritornare e che quel bambino possa
rivederlo, mentre quel bambino è nato, cresciuto, ha stabilito relazioni affettive, si
è legato ai luoghi del nostro paese. Con che conflitto interiore, con che dramma e
che tensione potrà affrontare la vita quotidiana? Quale peso si porterà dentro?
Quale senso di colpa? Come guarderà, da quel momento in poi, il nostro paese? E
come ci guarderà? Come e chi gli spiegherà che suo padre non ha commesso
alcun reato, che non ha fatto del male a nessuno, non ha rubato, ma che è
diventato clandestino nel momento in cui ha avuto la sfortuna di perdere il
lavoro? Una doppia punizione: disoccupato e clandestino. In questo momento di
crisi saranno sempre più frequenti i casi come questo e non basteranno i sei mesi
previsti dalla legge per trovare un altro lavoro con un Pil che cala del cinque e
rotti per cento.
Rischiamo di allevare una generazione di ragazzi che comincerà a covare dentro
di sé una rabbia e un odio indicibile nei nostri confronti e del nostro/suo paese
pronto ad esplodere in qualsiasi momento e nelle forme meno prevedibili, anche
quando, o soprattutto, decidessero di tornarsene tutti nel paese d'origine del
padre. Non ne faccio una questione di buoni sentimenti, ma molto pratica e
razionale: rischiamo di coltivare vaste forme di disagio psico-sociale e di allevare
per questo potenziali nemici. La politica della sicurezza e della pace si fa con
l'integrazione, con l'accoglienza. Il pugno duro rischia di essere un boomerang,
una bomba ad orologeria piazzata sotto la sedia del futuro. Ne pagheremo tutti le
conseguenze, ma questa è l'Italia che questa maggioranza consegna al futuro se
non si corre ai ripari modificando la legge sull'immigrazione [...].