Ricordo di Mario Roffi, quindici anni dopo
01-04-2010 / A parer mio
di M.Cristina Nascosi Sandri
Ricordo di Mario Roffi, quindici anni dopo... con un mèmore pensiero di Antonio Piromalli...
Lo scorso 4 marzo ricorreva il quindicesimo anniversario della morte del senatore Mario Roffi, uno degli ultimi mecenati, tra l'altro, per Ferrara, lui modenese - spilambertese - per nascita, avvenuta nel 1912, lo stesso anno di quella di Michelangelo Antonioni.
Troppo noto è il suo operato per ricordarlo ancora ai ferraresi che ultimamente, a onor del vero e per fortuna, sono sempre meno smemori nei suoi confronti.
Fu, peraltro, presidente ma, soprattutto, guida, timone, méntore e ...molto più dell'Orchestra a Plettro "Gino Neri" - un'altra gloria tota nostra che portava, in origine, l'appellativo Regina Margherita, in onore della regnante, quest' anno giunta sulla soglia dei 112 anni.
A lui si deve, per certi versi, il ritrovamento di Madonna Frrara ch'è vvgnù in Villa, manoscritto del XVII secolo tra le raccolte della Biblioteca Estense di Modena da lui poi portato a Ferrara alcuni anni prima della sua morte perché anche nella nostra città ce ne fosse almeno copia.
Il testo, opera di Anonimo, rappresenta l'autentico prodromo del teatro dialettale ferrarese ed è scritto in una lingua ancora rivierasco-padana, 'madre' della nostra dialettale.
Per non dimenticare di ricordarlo quindi, piace annoverarlo fra i migliori estimatori, non solo della nostra cultura a tutto tondo, ma della nostra lingua dialettale in particolare - come lo fu di altri dialetti e di altre lingue: fu, infatti, tra l'altro, ottimo francesista, notevole traduttore di grandi classici d'oltralpe come Racine.
Ma per tornare campanilisticamente alla 'nostra' Ferrara ed all'amore che Roffi vi profuse, si riporta un pezzo critico pubblicato tempo fa su di un periodico locale, con dichiarazioni in merito alla traduzione in lingua dialettale ferrarese dell'Aminta di Torquato Tasso da parte di Giulio Neppi :
"
io inquadrerei nello sviluppo letterario del dialetto e nello sviluppo della forma più immediata e popolare della letteratura - il teatro - la sorprendente traduzione in ferrarese dell'Aminta del Tasso di Neppi (
). Tutto sta a vedere se sia riuscito o no nell'opera sua di translazione (
) dalla lingua italiana alla lingua ferrarese (
) Ebbene, io dico di sì. La traduzione è fedelissima nella sostanza e nella forma. Mantenuto il verso, mantenute, dove ci sono, le rime, mantenute la forza e la grazia del grande testo, diversa soltanto la musica, come diversa è la musica dell'italiano da quella di ogni altra lingua(
)".
D'altro canto, lui, Roffi, si riteneva cittadino del mondo, anzi, dell'universo
come ricorda il grande Antonio Piromalli che qui piace citare:
(
) Roffi ha dedicato a me "ferrarese per parecchi anni giovanili e per studi" la sua traduzione di "Lucrezia Borgia" di Victor Hugo ma più di tutto mi piace ricordare un suo gustoso libretto "Tersuà lour sgnouri" (1982), in ricordo del padre innamorato dei grandi vini. Ho invitato una volta Roffi a Roccella Jonica a un corso di aggiornamento; nella lezione interdisciplinare ha fatto entrare tutto della sua Emilia: "Emiliano 'in toto' - diceva di sé - vale a dire cittadino del mondo [
] antifascista dall'età della ragione".