Il consigliere Tavolazzi e il 'mulino' Cultura
05-07-2010 / A parer mio
di Federico Toso *
Consigliere Tavolazzi,
mi presento in quanto non appartenendo ai piani alti della politica
locale, ma al tessuto operativo dell'associazionismo ferrarese, molto
probabilmente lei ignora chi sono. Mi chiamo Federico Toso e sono il
direttore dal 1998 del Teatro Instabile Urga con sede a Ferrara e, dal
2008, del Festival Barcollanti. Il nostro ambito è quello del teatro
di strada e quello del teatro di ricerca. Mi permetto di intervenire
dal basso nel dibattito instaurato con il settore cultura
dell'Amministrazione Comunale, in quanto dalle sue parole emerge
un'intenzione di modus alternativo culturale (a cui ovviamente presto
attenzione in quanto operatore culturale) e assume a tratti, nei suoi
discorsi, il prestigio di difendere le istanze provenienti dal basso
(in cui mi pregio di operare). Intendo esprimere la profonda disistima
per i contenuti e le forme con cui intrattiene il dibattito,
obbligando i suoi interlocutori a scendere su piani banali da cui
finalmente, e faticosamente, ci eravamo staccati proprio dopo
l'insediamento dell'assessore Maisto alla sua odierna carica. Arriva
tardi consigliere, troppo tardi per essere credibile, e nella sua
smania di apparire non le conviene nemmeno l'umiltà di andare ad
informarsi di cosa sia stato fatto nel frattempo e di come la cultura
"dal basso" abbia finalmente trovato un interlocutore politico con cui
potersi confrontare. Questo percorso è iniziato proprio 3 anni fa,
dopo il "grande evento" di Ronconi. In tante associazioni ci siamo
incontrati in un dibattito spesso complicato e frammentato, ma
compatto nel ritenere che fosse giunto il momento di cambiare
mentalità: smettere di pensare alla cultura come assistenza a pioggia
delle associazioni, ma iniziare un percorso di proposte effettive, di
collaborazioni tra associazioni, di confronti attraverso atti
concreti, di presenza attiva ai tavoli di discussione, di offerta
all'amministrazione di competenze locali a costi (se davvero si può
parlare di costi) infinitamente inferiori rispetto a quelli del
mercato.
Personalmente riconosco a Maisto quella che è stata la sua dote più
grande: saperci raccogliere tutti insieme, farci dialogare con una
mentalità più acuta, fare di più con meno (e direi con sempre meno),
di scommettere sulle professionalità locali. Gliene siamo
riconoscenti? Non lo so. Non mi faccio portavoce degli altri. Io
personalmente gli sono riconoscente. E pure del fatto di non aver solo
proposto uno scarto di mentalità a tutti noi, ma di aver aperto un
canale di dialogo biunivoco con l'amministrazione.
Noi siamo sempre stati un'associazione "invisibile", per anni abbiamo
operato nell'invisibilità, l'invisibilità (o meglio la clandestinità)
è e sarà anche in futuro uno stato necessario per la crescita e la
creazione. Eppure siamo e saremo, fino a che potremo, un'associazione
presente, attiva e dialogante. Almeno fino a che l'Amministrazione
saprà dimostrare, come sta facendo, un acume che trascenda la pura
forma del grande evento a tutto vantaggio di una cultura che valorizza
anche le sue risorse territoriali.
Concludo con alcune osservazioni tutte personali:
La cultura, così come l'istruzione e l'educazione, non sono valori
valutabili attraverso una smaniosa aritmetica dei più e dei meno,
delle entrate e delle uscite. Sono valori che per loro natura vanno
considerati in modo totalmente differente. I conti sulla economicità
della cultura (da cui tengo invece fuori il discorso sugli sprechi)
portano a una società ignorante, inattiva, svogliata, qualunquista e,
come sapete bene, facilmente controllabile. Investire in cultura è e
resterà sempre un atto di coraggio.
A differenza del dibattito-monologo sui valori di Pfoa e affini, in
cui la novità della materia ci prende tutti in contropiede e per cui
la nostra ignoranza lascia ampio spazio alla vostra vanità espressiva,
le consiglio vivamente di prestare attenzione quando tocca argomenti
di cui un po' sa, ma perlopiù ignora. Ai tempi delle elezioni, un
responsabile del suo staff ci contattò per un intervento teatrale in
piazza a sostegno della vostra lista. Non si prese nemmeno la briga di
andare a scorrere le pagine del nostro sito internet. Ci fu chiesto
qualcosa che esulava completamente dalle nostre competenze. Dopo le
elezioni invece il vuoto. Dove sarebbe questo "non-partito" e dove la
sua capacità di dialogo con il territorio? E soprattutto, come si
permette di assurgersi a portavoce di istanze che ci dovrebbero
riguardare, prima di averci interpellati?
Come detto sopra preferisco operare nell'invisibilità. Questo
intervento "a viso scoperto" mi è costretto dalla superficialità e
dall'ipocrisia con cui lei si incunea in un dibattito già iniziato e
vuole renderlo, a malo modo, di sua competenza. Per fortuna
l'Assessorato ci prende in contropiede e ha preparato un cammino fatto
di incontri e di tavoli successivi attorno a cui confrontarci, tavoli
che sono davvero il luogo in cui far crescere il dibattito. È cosa
ancora abbastanza rara in Italia. Se vuole rispondere ad alta voce e
pubblicamente lo faccia pure. Per un'ulteriore risposta personale
l'attendo invece al primo tavolo di confronto utile.
Prima di parlare facilonamente di clientelismi e di strapoteri, invito
Tavolazzi a verificare le competenze acquisite dagli operatori che in
questi anni si sono confrontati con il Comune. Forse scoprirà che è
proprio perché sono state coltivate competenze locali che oggi il
Comune può molto e bene con poco.
Non ho tessere di partito né faccio parte della grande famiglia ARCI.
Parlo in tutta libertà come privato cittadino. Non credo che tutto sia
perfetto. Al contrario, c'è ancora molto da sistemare nei rapporti
associazioni e amministrazione, ma per migliorare bisogna cominciare,
e noi, col suo permesso, abbiamo già cominciato qualche anno fa.
* - direttore Teatro Instabile Urga