Un Busker ante litteram
02-09-2010 / A parer mio
di Maria Cristina Nascosi Sandri
SUNADÓR AMBULANT
Quand a l'ò vist, puvrìn, d'cò dal Listón,
ciapàr al Ghétt con 'n urganìn al còl,
al s'supiàva sui dìda, e un gran muclón
l'andava rissc d'cambiars int un giazzòl.
Mi, cosa vliv, am són santì un magón,
una vóia d'brancar cal ragazzòl,
vstiral da nóv, pagàragh da clazión
o pur - fin questa! - tórmal in pe' d'fiòl.
A gh' són tgnu dré. So madar, ch'iéra avanti,
la gh'gnéva cóntra, lacera e furénta
comè par dirgh: mustrét, parché t'an canti?
A gh'ò dà cvèl. Al dis: Grassia, sgnurì!
E al tàca subit con la vós pianglénta
E la spagnola sa amar così!...
Da: Sonetti e Rime diverse di Ipsilon, Ferrara, Premiata Tipografia Ferrariola, 1916
SUONATORE AMBULANTE
Quando l'ho visto, poverino, in fondo al Listone,
prender la via del Ghetto con l'organetto al collo,
si soffiava sulle dita, mentre un gran móccolo
andava tramutandosi in un ghiacciolo.
Io, che volete, mi son sentito un magone,
una voglia di stringere quel ragazzetto,
vestirlo a nuovo, offrirgli la colazione
oppure - sì, anche questo! - tenerlo come figlio.
L'ho seguìto. La madre, che era avanti,
gli veniva incontro, lacera e furente
come per dirgli: mostriciattolo, perché non canti?
Gli ho dato qualcosa. Mi risponde: Grazie, signore!
Ed inizia subito con voce lamentosa:
E la spagnola sa amar così!...
(Trad. di Maria Cristina Nascosi Sandri)
La bella e melanconica lirica sopra riportata appartiene alla storia della nostra grande Cultura Ferrarese ed anticipa, straordinariamente, il 'fenomeno Buskers' che da tanti anni ottiene così tanto successo nella nostra città.
S'intitola SUNADÓR AMBULANT - SUONATORE AMBULANTE ed è opera di don Artemio Cavallina grande figura di sacerdote dotato di grande umanità ed altrettanta cultura.
Nativo di Viconovo, ricopre un ruolo di rilevante ed imprescindibile per la civiltà e cultura ferraresi, insieme con altri che ai primi del '900 diedero lustro alla nostra parlata, seppur in modi diversi, come l'insegnante elementare Rinaldo Lodi, l'ispettore scolastico Giovanni Pazzi - autore de La Castalda, la prima opera ufficiale drammaturgica in lingua dialettale ferrarese risalente al 1902, sebbene, come è noto, non lavoro originale ma 'mediato da Goldoni e la sua Locandiera - il direttore didattico Ugo Vasè, l'eclettico medico umanista Nando Bennati ( uno dei maestri del 'giovane' Michelangelo Antonioni, tra l'altro), noto anche come Galeno o Nino Bannenta.
Tutti, i sunnominati, appaiono nei fondamentali testi di Remo Sandron editore che nel 1925 diede alle stampe A l'ombra dal Castèl, la quasi rivoluzionaria Antologia dialettale ferrarese che, in conformità dei programmi ufficiali scolastici del 1° ottobre 1923, si rivolgeva coi suoi bravi autori Ferri - autore anche di uno dei primi dizionari di lingua dialettale ferrarese - e De Sisti, ai piccoli allievi della III, IV e V elementare di allora.
Alternativamente, Don Artemio, con uno dei suoi scutmai o nom de plume che dir si voglia, "Y" o "L'Amigh Zrésa", compose poesie, preferibilmente sonetti, il suo schema metrico preferito, piene di dolente empatia od ironica verve, rivolte alle piccole cose del quotidiano ferrarese dell'epoca e pubblicò articoli e saggi critici sulle colonne della Domenica dell'operaio ed altre testate di allora.
Una peculiarità stilistica contraddistingueva i suoi versi: l'uso di termini in lingua italiana in un contesto prettamente dialettale; per alcuni - puristi? - una 'debolezza' imperdonabile, da correggere, per altri, come Giorgio Bassani, il 'segno' del vero Ferrarese.
Aveva celebrato la sua prima S. Messa nel 1897; era stato cappellano a Contrapò e nel 1901 lo divenne a Copparo, che allora comprendeva pure il territorio comunale di Jolanda di Savoia, in via di bonifica.
La frequentazione di questi luoghi - allora, in ogni caso malsani ad ogni dire - minò la già delicata salute di Don Artemio: nel 1903 s'ammalò gravemente e fu accolto da Cesare Pavanelli nella sua villa di Zenzalino.
Divenne arciprete di Copparo nel 1918, mantenendo la carica fino al 19933 quando, per le peggiorate condizioni di salute, dovette rinunciare alla Parrocchia ed a tutto il bene che andava facendo ai suoi parrocchiani, togliendosi, a volte letteralmente, il pane di bocca. Morì all'ospedale di Copparo il 29 aprile del 1937.
Poesia arguta, dotta, intelligente, dunque, quella di Don Artemio, lezione di vita quanto mai up to date - come questa su di un giovanissimo Busker davvero ante litteram - e ricca di sentimenti autentici: un vero testamento spirituale da non perdere mai, per noi, per le generazioni che verranno.