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Il mio ricordo di Claudio Marchetti, tra musica e impegno civile

11-03-2011 / A parer mio

di Pier Luigi Guerrini

La chiesa del Corpus Domini puzzava ancora di cemento fresco e don Guerzoni si guardava intorno per capire come impostare la sua attività pastorale. Terra di periferia, terra di missione. Eravamo ragazzi e gironzolavamo curiosi per le stanze della parrocchia. Cercavamo una continuità con i giochi che avevamo conosciuto alla S. Famiglia. Il calcino c'era, il ping pong impiegò un po' più di tempo per arrivare. Nel frattempo, gli svaghi erano il film della domenica pomeriggio con bif incorporato a dieci lire, le prove caotiche e affascinanti dei Jetshow (ci cantava mio fratello) col mitico Tiziano Agnoletti alla batteria, il coro della Messa alla domenica mattina dove si sperimentavano soluzioni nuove: chitarre elettriche, batteria e… De Andrè; le raccolte della carta e del ferro per le vie della zona (che contribuirono non poco a ricavare soldi per la costruzione delle stanze che sono servite per il catechismo, per ospitare, molti anni dopo, un gruppo dell'associazione Arcobaleno e perfino una sede distaccata di una scuola superiore). Nel giro di un anno o poco più, i "grandi" persero la sintonia col parroco (i cambiamenti politici di fine anni '60, le critiche alla Chiesa gerarchia, visioni di strategia… ecclesiale differenti!). Il complesso beat trovò un altro posto per le prove (infinite) a cui non seguirono quasi mai dei concerti veri e propri che, oltre al piacere di suonare assieme, producessero un utile economico. E il coro della domenica, per un po' di tempo tacque. Ritornarono le cantilene che avevano (forse) il pregio di essere conosciute e "cantate" da un nutrito gruppo di parrocchiani. Mi riferisco a canti come "Tu sole vivo", "Al tuo santo altar", e così via.
Ricordo che un sabato pomeriggio di una primavera iniziata, mentre il parroco ci aveva fatto a modo suo la solita "ramanzina" (in verità, era un romanzo a puntate!), Micio, Sergio, Nedo, Antonella e Pia, Bianca Laura, Carlomagno (senza corona), Monica, Cristina, Giorgio ed io (e, forse, qualcun altro) ce la contavamo (ma già c'erano le prime mire femminili all'orizzonte), arrivò un tizio piccoletto, cicciottello con giacca blu scura di velluto, basettoni e chitarra. Io pensai: "Grintoso ma un po' gasato!". "Piacere, Claudio". Beh è romagnolo tra Cervia e Riccione. La Romagna, sebbene la conoscessi bene solo in alcuni suoi territori di confine, era parte del mio DNA.
Il suo ingresso, in quel mondo un po' soporifero di adolescenti che si gustava un tempo che sembrava non finire mai, ebbe l'effetto di una scossa di energia, di protagonismo che contaminò molti di noi. Rimettere in piedi il coro parrocchiale! Era il primo obiettivo. Claudio contattò un suo amico di Riccione che faceva parte di un gruppo di Gioventù Studentesca/Comunione e Liberazione. Un sabato d'inizio estate, Claudio ed io prendemmo il treno e andammo a casa di quel ragazzo a prendere una preziosa copia di un libretto di canti (con gli accordi musicali) e registrammo tante canzoni di Claudio Chieffo, dei Gamiata Quartet e altri. Dato che né a me né a Claudio mancava il dono della parola, sia l'andata sia il ritorno da Riccione furono riempiti da valanghe d'informazioni su gruppi musicali italiani di "progressive rock" (la PFM, Il Rovescio della Medaglia, Il Balletto di Bronzo, la Formula Tre e tanti altri) che piacevano ad entrambi. Poi si parlava del gruppo parrocchiale, dei progetti per come riempire il sabato e la domenica pomeriggio, l'idea di fare dei recital tematici da proporre in parrocchia e non solo. Molte di quelle canzoni dell'amico di Riccione arrivarono nelle parrocchie di Ferrara attraverso quel viaggio in cui incominciai a conoscere e apprezzare Claudio. In quegli anni, infatti, i giovani dell'Azione Cattolica organizzavano le Messe interparrocchiali. Ogni 10/15 giorni ci s'incontrava presso una parrocchia per fare Eucarestia assieme, per scambiarci e consolidare amicizie, per mettere in comune canti, riflessioni, esperienze. In buona sostanza, per non interrompere i contatti che molti di noi avevano attivato attraverso la partecipazione ai Campi scuola a Ponte di Legno (località Ponte dei Buoi, accanto al mitico torrente Frigidolfo). "La canzone di Maria Chiara", "La nuova Auschwitz", "Il giovane ricco", "Ho abbandonato" erano i titoli di alcune di quelle canzoni che hanno riempito l'aria, il tempo e la gioia di molti sabati "pome" e domeniche alla Parrocchia del Corpus Domini.
In Via Montebello 8, assieme a Stefano Bottoni, Claudio ed io demmo vita al Centro Musicale. Oltre a promuovere incontri di avviamento all'ascolto della musica nelle scuole, quest'associazione organizzò alcuni concerti, con le canzoni di Stefano, al Teatro S. Benedetto e alla Sala Estense. Tra i tanti musicisti sul palco, gettando i timori oltre l'ostacolo, incominciai a cimentarmi alle percussioni….
Oltre alla Messa delle 11, molto spesso cantavamo anche alla Messa dedicata ai bambini e a tanti matrimoni. Mentre mia madre era molto contenta che io andassi così spesso in chiesa, mio padre (che conciliava, senza porsi tanti problemi teologici, ricordi un po' annebbiati di religiosità ed elementi di anticlericalismo primitivo) mi diceva ogni tanto "A niet brisa stuff ad ciapàr tut kil mess?" (mi si perdoni la scrittura dialettale sicuramente imprecisa). Ricordo che parecchie persone venivano alla Messa delle 11 al Corpus Domini per ascoltare il coro, la voce di Magda, le chitarre acustiche suonate da Claudio, Andrea, Micio, Monica e la tastiera di Giorgio). E le messe di mezzanotte per Natale… Diventammo giovani cantando, discutendo e, spesso, litigando… Poi, si faceva pace perché ci si voleva bene, c'era stima reciproca anche nella diversità di opinioni.
Le discussioni favorirono la nascita e realizzazione di diversi recital, dove i testi erano costruiti assieme. Gli argomenti riguardavano la difesa della vita, Cristo uomo-dio, la solitudine. Le canzoni erano di Claudio che, ogni tanto, arrivava il sabato per presentarcene una nuova. Ci si metteva subito all'opera per impararla e inserirla nei canti della domenica. Nella tavernetta della parrocchia nascevano "I nuovi orizzonti", un complessino (con Claudio alla chitarra, tastiere e voce, Andrea Melloni alla chitarra e voce, un altro ragazzo al basso e Franco Vannucchi che diventerà, in seguito, uno dei batteristi della Mannish Blues Band, formazione storica del rock blues ferrarese e dei "Go Flamingo!"). Erano anni, per tutti noi, di scoperta dell'impegno politico, della messa in discussione del voto troppo scontato (e, per alcuni, sempre più imbarazzante…) alla Democrazia Cristiana. Poi le scelte di voto erano molto diverse e coprivano schieramenti anche molto distanti. Don Guerzoni era sempre più preoccupato e non capiva il perché di certe scelte. Le discussioni e le incomprensioni erano frequenti. Ricordo che a me la parrocchia cominciava a stare stretta, ci stavo male e il gruppo dei canti mi dava note insufficienti. Le mie esperienze all'Università di Bologna, nel collettivo di Magistero, il mio impegno nelle ACLI e, contemporaneamente, nei Cristiani per il Socialismo, il "movimento del '77" mi portarono molto meno in parrocchia.
Claudio, Magda, Cinzia e una parte dei miei amici formarono il "Gruppo 77" e riuscirono a incidere un disco trentatré giri il cui titolo (se non ricordo male) era "Ed ora non fermarti…". Pensando al catalogo discografico in cui era inserito (i primi album del Gen Rosso), mi sento di affermare ancora oggi che la qualità del prodotto del "Gruppo 77" era notevole. La pignoleria di Claudio, aveva operato perché le voci diventassero più mature e amalgamate.
Tutti noi incominciammo a fare i conti con problemi e progetti più grandi (lavoro, scuola, affetti, autonomia economica, uscite da casa…) ed io persi, quasi del tutto, i contatti con i vecchi amici. Ogni tanto avevo notizie. Il "Gruppo '77" si era sganciato dalla parrocchia poi, dopo un po' di peregrinazioni e sedi provvisorie, aveva trovato una sistemazione al circolo ACLI di Via Ariosto 88. Dopo poco tempo, il gruppo si sciolse e Claudio cercò una sua strada artistica e lavorativa con la scuola di musica affiliata all'ENARS-ACLI.
Ogni tanto, frequentando le ACLI, lo incontravo in Via Ariosto e ci fermavamo un po' a chiacchierare. I progetti erano ancora tanti ma, spesso, emergevano le difficoltà economiche, affettive, la competizione con altre associazioni musicali che intervenivano con prezzi concorrenziali su una clientela limitata.
L'ultima volta che l'ho visto, nella chiesa di Massafiscaglia, dirigeva un coro e cantava, con la sua bella e inconfondibile voce, gospel e spiritual. Era quasi Natale. Ci andai con tutta la famiglia perché era un avvenimento anche per mio figlio Giacomo. Nel coro di Claudio cantava anche Alberto Poggi, che oltre che essere un mio amico fraterno, era anche il "profe" che provava a rendere meno ostica la matematica a Giacomo.
L'anno scorso, a fine febbraio, una telefonata mi ha detto che Claudio non c'era più, se n'era andato all'improvviso. Ho pianto a lungo. Una moltitudine di ricordi mi ha affollato la mente. Ciao Claudio!