Referendum sulla ripubblicizzazione dell'acqua: cosa accade adesso?
29-06-2011 / A parer mio
Comitato Referendario e Acqua Pubblica Ferrara
Referendum stravinto: cosa accade adesso? La ripubblicizzazione del servizio idrico integrato secondo il comitato referendario.
La fortissima affluenza ai referendum del 12 e 13 giugno è stata il modo di ribadire che la democrazia si basa sulla partecipazione dei cittadini alla vita politica, sulla possibilità di esprimere le proprie opinioni e influire sulle decisioni, contro chi ci vorrebbe chiusi in casa, spettatori passivi di quel che accade a questo Paese. La vittoria schiacciante dei Sì poi non è venuta dalla paura, non l'emotività né per egoismo, ma per riprenderci qualcosa che è nostro: ovvero quei beni comuni che chiamiamo giustizia, equità, sostenibilità. I quesiti su acqua e nucleare, in particolare, sono intervenuti in quello che è il degrado della politica stessa, di una classe dirigente che non sa affrontare il proprio tempo e, che non rappresenta l'interesse generale ma è solo capace di svenderlo al mercato. I referendum hanno rotto quella cristallizzazione fra berlusconismo e antiberlusconismo, due stereotipi che occupano lo spazio mediatico e rendono chi li brandisce incapace di affrontare i reali problemi che affliggono l'Italia. Invece siamo qui per affermare che il Paese inizia un grande percorso, per una nuova politica dei beni comuni, la politica del XXI secolo.
Forse non è una caso che la "rivincita" - attraverso i referendum - degli uomini e delle donne che si oppongono al neoliberismo, alla mercificazione dei diritti e all'idea che il potere decisionale debba passare dal popolo al capitale, avvenga nel decennale di Genova. E non è un caso che la conferenza stampa avvenga il giorno dopo la militarizzazione della Val di Susa, gli scontri che hanno visto ferite decine di uomini e di donne, di ogni età che stavano presidiando il loro territorio per difenderlo dall'ennesima grande opera inutile, antieconomica, socialmente inaccettabile, un popolo che ha scelto di contrastare la logica del profitto e di lottare per la democrazia e la partecipazione. La storia dei movimenti per i beni comuni parte da lontano, a livello mondiale dalla metà degli anni '90, passando per Genova 2001 , per il Forum Sociale Europeo di Firenze del 2002, attraversando i movimenti sociali che hanno creato vertenze sui territori. Ci sono due fili che legano tutte queste lotte: sono la domanda di democrazia e la domanda di partecipazione.
Ricorrono i 65 anni della Repubblica: nel mese di giugno del 1946 fu un referendum a sancire il valore repubblicano della nostra Costituzione. Dallo scorso 12 e 13 giugno, possiamo dire che l'Italia non si fonda solo sul lavoro, ma anche sulla difesa essenziale di una vita degna. Infatti l'abrogazione dell'articolo 15 del decreto Ronchi (quesito n.1) ha impedito la privatizzazione della gestione dei servizi essenziali alla vita (acqua, mobilità, ambiente, in certo modo anche l'energia, se si contempla il quesito n.3 sul nucleare), ha sventato la privatizzazione del nostro quotidiano che avviene attraverso anche queste strane alleanze dette partenariato pubblico-privato, dove lo Stato mette i suoi cittadini e il privato mette la capacità di capitalizzare il reddito estraibile dalla nostra "vita di consumatori", clienti dalla nascita alla morte.
Il popolo italiano ha detto che è contrario a consegnare i servizi al mercato, consapevole che le imprese private hanno per scopo il profitto e questo impedisce loro il perseguimento dell'ottimo sociale, ossia quella condizione in cui ognuno ha accesso al quantitativo, necessario a sé e sufficiente a garantire a tutti di consumare quel bene, anche in modo da preservarlo per il futuro. In altre parole, è stato riconosciuto che il profitto non è capace di mettere limiti a se stesso e guarda al breve termine, mentre nel caso dell'acqua specialmente serve preservare la risorsa e guardare al lungo periodo. Gli elettori si sono espressi a favore della ripubblicizzazione del servizio idrico: occorre ora sostanziare nei fatti questa importante scelta politica operata dai cittadini italiani. Di seguito illustriamo le azioni che il Comitato Acqua Pubblica di Ferrara, coerentemente con le azioni messe in campo dalla sua nascita nel 2007, di concerto con le realtà attive in Italia raccolte nel Forum Italiano dei Movimenti per l'Acqua, propone alle istituzioni locali e alle forze politiche quali passi da compiere in conseguenza del'esito referendario.
A.Immediata applicazione nella tariffa idrica della eliminazione della remunerazione del capitale.
La Corte Costituzionale, nell'emettere la sentenza di ammissibilità al secondo quesito sulla tariffa idrica, lo afferma chiaramente: con l'abrogazione della cosiddetta "remunerazione del capitale investito", a partire dalla pubblicazione in gazzetta ufficiale del responso referendario, la norma di risulta è immediatamente applicabile. Chiediamo dunque che i sindaci presentino presso Aato6 la richiesta di riduzione delle tariffe. Chiediamo altresì all'assemblea dei soci di Ato6 - costituita dai sindaci di tutti i comuni della provincia - il mantenimento degli investimenti già previsti e per i quali gli utenti hanno già pagato attraverso la bolletta dell'acqua.
B.Percorsi locali di ripubblicizzazione.
Cosa accade ora ai due gestori del servizio idrico ferrarese Hera e Cadf? Entrambe sono società di diritto privato (Spa), Hera con capitale misto (39% privato e 61% pubblico, dati da bilancio al 31/12/10) mentre Cadf è una cd società in house, cioè a capitale interamente pubblico. Dato per assodato che gli affidamenti coerenti con l'ordinamento comunitario possono proseguire fino alla loro naturale scadenza, il Comitato Referendario di Ferrara chiede comunque che venga rispettata la volontà espressa nella consultazione referendaria dai cittadini ferraresi.
La proposta di modifica degli statuti comunali che i comitati territoriali, a Ferrara come nel resto del Paese, avevano avanzato all'indomani dell'approvazione dell'articolo 23 bis della legge 133/2008 (abrogato dal quesito n.1) aveva lo scopo di mettere al riparo il servizio idrico dalla definitiva privatizzazione. L'azione degli enti locali ha infatti una importanza fondamentale nella definizione dei servizi pubblici, oggi questo è ancora più vero alla luce del risultato referendario. Per questo auspichiamo un ravvedimento rispetto alla proposta di modifica licenziata il 17 giugno scorso in commissione statuto del Comune di Ferrara, che nuovamente mette la gestione dei servizio idrico in mano al "mercato regolato", di fatto conservando lo status quo.
Chiediamo al Sindaco, la Giunta e il Consiglio - a Ferrara, come nei comuni della provincia - che si approvino modifiche dello Statuto Comunale al fine della definizione dell'acqua come bene comune la cui gestione deve essere affidata a soggetti di diritto pubblico. Chiediamo modifica analoga anche per lo statuto della Provincia di Ferrara. Inoltre chiediamo siano attivati, presso gli enti locali qui indicati, tutti gli atti necessari affinché la gestione del SII torni sotto la gestione interamente pubblica ed in una forma coerente con le modifiche statutarie sopra indicate. Le tappe del percorso di ripubblicizzazione che indichiamo sono le seguenti: per tutti i comuni dove il gestore è attualmente Hera Spa, si proceda allo scorporo del ramo acqua e conseguentemente se ne avvii la trasformazione in azienda speciale consorziale; per i comuni dove il gestore è attualmente Cadf Spa, sulla scia della iniziativa del Comune di Napoli, si avvii la trasformazione della società di capitali in azienda speciale consorziale.
C.Avvio del percorso di ripubblicizzazione del servizio idrico integrato (SII).
L'esito delle consultazioni referendarie sul quesito che riguarda l'affidamento dei servizi pubblici locali, ce lo dice la Corte Costituzionale, elimina l'obbligo di messa a gara dei servizi pubblici e ci riporta nell'alveo della norma comunitaria, e proprio grazie a ciò vi sono le condizioni normative per promuovere la ripubblicizzazione dei servizi idrici. La proposta di legge di iniziativa popolare promossa dal Forum1, sulla quale nel 2007 sono state raccolte oltre 400 mila firme, contiene al suo interno le linee guida che i movimenti per l'acqua in Italia si sono date per trasformare in politiche concrete il percorso di ripubblicizzazione del SII. Dopo che la proposta di legge è stata lasciata giacere nei cassetti del Parlamento per ben 2 legislature, è ora di riprenderla in mano e discuterla nelle sedi opportune per giungere ad una normativa nazionale che abbia come obiettivo la realizzazione di un modello di gestione pubblico-partecipata, mediante affidamento ad un soggetto giuridico di diritto pubblico, con le caratteristiche di azienda improntata a criteri economicità, efficienza, trasparenza e partecipazione. Ecco cosa dice la legge, in 10 punti:
1.L'acqua è un bene comune e un diritto umano universale, la disponibilità e l'accesso all'acqua potabile sono diritti inalienabili e inviolabili della persona.
2.L'acqua è un bene finito, da tutelare e da conservare perché indispensabile all'esistenza di tutti gli esseri viventi della presente e delle future generazioni.
3.Ogni territorio deve definire un bilancio idrico che preservi la risorsa e la sua qualità.
4.Il servizio idrico integrato è un servizio pubblico privo di rilevanza economica, sottratto alle leggi del mercato e della concorrenza e finalizzato ad obiettivi di carattere sociale e ambientale.
5.Il servizio idrico integrato deve essere gestito esclusivamente attraverso enti di diritto pubblico.
6.Entro tempi certi devono terminare tutte le gestioni affidate a privati, a società miste pubblico-privato e a società a totale capitale pubblico.
7.50 litri per persona è il quantitativo minimo vitale giornaliero garantito e gratuito.
8.I lavoratori del servizio idrico e gli abitanti del territorio partecipano attivamente alle decisioni sugli atti fondamentali di gestione del servizio idrico integrato.
9.Il servizio idrico è finanziato con la riduzione delle spese militari, con la lotta all'evasione fiscale, con tasse ambientali di scopo.
10.Un fondo nazionale finanzia progetti per l'accesso all'acqua potabile nel sud del mondo.
Riteniamo fondamentale partire da questa proposta, perché i principi ispiratori sono gli stessi che hanno permesso di formulare l'iniziativa referendaria che ha visto raccogliere il consenso nella maggioranza del Paese.
D'altra parte, abbiamo già espresso un giudizio negativo sulla proposta di legge avanzata in materia dal Pd nel 2010, mentre i comitati territoriali erano già in piazza a raccogliere le firme sui quesiti referendari; dopo il voto di giugno possiamo solo confermare che tale proposta va in direzione opposta alla volontà espressa dagli elettori, in quanto delinea una gestione dell'acqua affidata a un mercato monopolistico privatizzato e regolata tramite un'authority nazionale. Circa queste parole magiche - mercato, gara, authority , governanc e- è in uscita un interessante studio dell'Università di Greenwich sugli effetti della privatizzazione del servizio idrico britannico. L'esperienza empirica mostra che, al di là della moda imperante nell'uso di certi termini inglesi, la sostanza della più famosa authority dell'acqua è quella di un istituto che non è in grado di regolare o controllare alcunché, per limiti insuperabili di questo meccanismo. L'impossibilità del governo pubblico delle gestioni privatizzate risiede nella disparità informativa del controllore, dato che il controllato è avvolto nel guscio del diritto privato e regolato dal diritto societario. Se il pubblico cede il "fare" al privato, via via cede anche il "saper fare", cede la conoscenza e dunque il potere. Lo stesso è accaduto alle nostre Aato, le quali dipendendo dal gestore per la qualità e quantità di informazioni, dunque private di ogni neutralità e autonomia, si sono dovute adeguare alle richieste e alle esigenze di quest'ultimo, a partire da quelle relative alla definizione della tariffa. Perciò lo strumento dell'authority, nel governo di un monopolio naturale quale quello dell'idrico, è solo uno specchietto per le allodole, utile a far proliferare le rendite garantite dei privati in un mercato monopolistico.
D.Piano straordinario di investimenti nel servizio idrico.2
Da quando il mercato e le scelte privatizzatici sono diventate dominanti nel servizio idrico, e cioè negli ultimi 15 anni in termini progressivi, gli investimenti sono drasticamente diminuiti e stanno ben al disotto di quanto sarebbe necessario.
Il primo dato eclatante riguarda il vero e proprio crollo degli investimenti che si è realizzato tra gli inizi degli anni '90 e i primi anni 2000, gli anni in cui iniziano ad affermarsi i processi di privatizzazione: si passa dai circa 2 mld. euro annui a circa 700 mil. annui, praticamente 2/3 in meno. L'altro punto di riferimento di fondo è rappresentato dallo scostamento rilevante tra gli investimenti previsti e quelli realizzati: negli ultimi 3 anni presi in considerazione, il tasso di realizzazione degli investimenti è pari al 56%, ossia rispetto ai 5,9 mld. euro di investimenti già previsti nei Piani d'Ambito, ne sono stati realizzati circa 3,3 mld. Se è pur vero che la indeterminatezza del quadro legislativo può aver inciso in termini negativi sugli investimenti e sulla possibilità di accesso al credito, questi semplici dati rendono ben chiara una situazione per cui, rispetto ai circa 40 mld. di investimenti necessari nei prossimi 20 anni per il servizio idrico integrato, le logiche di privatizzazione del servizio idrico integrato combinate con il meccanismo di finanziamento del sistema, il "full cost recovery", non siano assolutamente in grado di realizzare quest'obiettivo. Insomma, il risultato finale è che gli investimenti previsti non vengono realizzati, come del resto sono costretti ad ammettere anche il CoViRi e la stessa Federutility.
Solo un meccanismo realmente alternativo di finanziamento del sistema può garantire gli ingenti investimenti necessari. E' questo il senso di fondo della nostra proposta, che risale già all'elaborazione della nostra proposta di legge di iniziativa popolare del 2007. Al posto del "full cost recovery", occorre costruire un nuovo meccanismo tariffario e ricorrere sia alla finanza pubblica che alla fiscalità generale. Più in particolare, la nostra ipotesi prevede che la tariffa copra i costi di gestione più il costo degli interessi del capitale per la parte degli investimenti finanziati con la finanza pubblica, prevedendo comunque un'articolazione della tariffa tra quota fissa e quota variabile e, all'interno di questa, sulla base delle fasce di consumo; mentre la fiscalità generale è chiamata ad intervenire per coprire il costo del quantitativo minimo vitale (50 lt/abitante/giorno) e un'altra parte di investimenti. Per quanto riguarda la suddivisione degli investimenti, la fiscalità generale copre quelli relativi alle nuove opere (circa 23,2 mld. in 20 anni), mentre la finanza pubblica interviene per garantire gli altri circa 16,8 mld. di investimenti relativi alla ristrutturazione delle reti.
Lo strumento di finanza pubblica che individuiamo come quello più rispondente è il prestito irredimibile, ossia un prestito emesso dal Tesoro che non dà diritto alla restituzione del capitale ma, in compenso, garantisce ai sottoscrittori una rendita perpetua significativa (abbiamo ipotizzato un interesse annuo del 6%); inoltre, la manovra di tipo fiscale deve avvenire senza che essa provochi un innalzamento del deficit e debito pubblico, specificando dunque le maggiori entrate e minori spese del bilancio pubblico, senza produrre tassazione aggiuntiva sul reddito delle persone fisiche. Ciò può essere realizzato in diversi modi: per esempio, intervenendo con la lotta all'evasione fiscale, diminuendo le spese militari, costruendo una tassa di scopo come quella sulle bottiglie PET o con altri interventi ancora.
È necessario specificare che il piano straordinario di investimenti nel settore idrico, prevedendo l'utilizzo della finanza pubblica e della fiscalità generale, non può essere concepito se non all'interno di un quadro di nuova gestione pubblica del servizio, perché diversamente incorrerebbe nel sistema sanzionatorio dell'UE.
Infine, è utile sottolineare che questa nostra proposta è assai significativa rispetto all'attuale situazione di crisi economica, visto che il Piano straordinario di investimenti reso possibile da essa produrrebbe anche un incremento di circa 200.000 posti di lavoro nei prossimi anni, svolgendo un'utile funzione anticiclica rispetto alla crisi stessa.
E.Il pubblico ripubblicizzato: una gestione pubblica e partecipativa.
All'indomani del responso delle urne referendarie che riguardava il tema degli affidamenti del servizio idrico e quello dell'eliminazione dalla tariffa della cosiddetta "remunerazione del capitale investito", come Comitato Referendario " 2 SI per l'acqua bene comune" chiediamo di aprire un ampio percorso partecipativo e di consultazione democratica, a partire dalle proposte di quella ampia compagine sociale che quei referendum li ha promossi, che coinvolga le assemblee elettive nelle istituzioni locali e le organizzazioni sindacali, le associazioni dei consumatori e, le associazioni ambientaliste e di tutela dei beni comuni, i lavoratori del settore, gli utenti e gli abitanti. Chiediamo innanzitutto agli enti locali, i quali all'esito del referendum sono investiti - lo afferma l'Anci - di una nuova "libertà responsabile" in quanto potranno scegliere fra un ampio spettro di modelli gestionali, che siano rispettosi della volontà popolare che si è espressa così chiaramente e prima di assumere qualsiasi decisione in merito tengano in opportuno conto quanto fin qui espresso.
Il nuovo pubblico deve essere trasparente e partecipato democraticamente dai cittadini, non espropriato da oligarchie politiche. Clientelismi, lottizzazioni, degenerazioni burocratiche e tecnocratiche sono state il primo stadio della "privatizzazione" e del sequestro dei beni di tutti da parte degli interessi di pochi. In futuro la gestione dell'acqua e dei beni comuni dovrà essere "comune": gli esempi in questo senso si stanno moltiplicando, da Siviglia a Parigi. Beni comuni e ripubblicizzazione del pubblico sono la sostanza di una nuova politica per il XXI secolo, come insegnano i movimenti per l'acqua di tutto il pianeta.
I fili della richiesta di democrazia e di partecipazione continueranno a legare l'azione nostra con quella dei comitati territoriali a difesa dei beni comuni, del territorio, della autodeterminazione. Per questo saremo a Genova, di nuovo dopo 10 anni, per dire che avevamo ragione noi, che il modello del mercato come unico regolatore della vita ha fallito, che esiste un altro mondo possibile.
Ferrara, 28 giugno 2011
Comitato Referendario 2 SI per l'Acqua Bene Comune di Ferrara
Comitato Acqua Pubblica di Ferrara