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Le radici di Luigi Giovanni Ferrari

30-12-2011 / A parer mio

di M.Cristina Nascosi Sandri

Per la seconda volta, quest'anno, Luigi Giovanni Ferrari, artista ferrarese che ha trovato la sua dimensione professionale e il successo nella grande Milano qualche decennio fa, ha scelto di tornare alle sue radici, nella sua Ferrara a portare la testimonianza della sua ultima crescita espressivo-creativa - in ordine di tempo.
Ed il rientro è stato apprezzato, culturalmente, anche dalle Istituzioni.
Dopo l'esposizione pontigiana della primavera scorsa, Ferrari ha portato i suoi, in primis, acquarelli e poi gouaches e, a ben vedere, le sue intelligenti e metabolizzate 'tecniche miste' alla Galleria del Rivellino di via Baruffaldi [dal 10 dicembre 2011 al 2 gennaio 2012].
Dopo la frequentazione dell'Istituto d'Arte Dosso Dossi di Ferrara, tra i cui maestri figuravano Virgili, Orsatti e Milani, l'artista ha iniziato fuori sede una carriera di grafico pubblicitario che, nel tempo, l'ha portato a collaborazioni con artisti di grande valentia come i fratelli Pagot, Bruno Bozzetto - ricordati e celebrati qualche anno fa al Future Film Festival di Bologna.
I mitici Caroselli, gli spots dei primordi della TV italiana, piccole ma geniali opere d'arte visiva della durata di una manciata di minuti, argute, frizzanti, visti i nomi degli autori di cui sopra, lo videro al lavoro ed i suoi contributi son durati fino a pochi anni fa, tanto che il suo nome compare nei credits de La gabbanella e il gatto, gran successo del 1998 del regista Enzo d'Alò, tratto dal libro quasi omonimo di Louis Sepúlveda.
Ma come tutti i veri artisti, sempre alla ricerca di se stessi, nel rinnovamento e trasformazione di ogni evento vitale - esperienziale, Ferrari ha 'deciso' qualche anno fa, di tentare la tecnica dell'acquarello, da sempre tra le più difficili. esito
E l''esito' è stato dei migliori: la sua mano, anche priva del 'segno', della 'sinopia' di base, riesce ad usare i colori con una delicatezza ed una padronanza sempre crescenti, se si confrontano i primi acquarelli con quelli più recenti.
L'esito delle sue prove è davvero grande, a tratti vera poesia visiva.
I suoi soggetti son vari: da brani della sua Ferrara, realizzati con talento tutto affettuosamente personale da 'inventare' scorci di città e relativi monumenti 'visti' e riproposti da una specie di potente ed inusitato grandangolo, teso a dilatare quanto l'occhio può umanamente vedere e fruire appieno, a stupende rese monocrome di una Milano giocata su tutti i toni del grigio, della freddezza, della lontananza, una città 'delle periferie dell'anima' che, in altri pezzi, ugualmente traspare, citando, seppur in maniera originale, lo statunitense Edward Hopper.
Ma altri, molti altri posson essere i riferimenti e non potrebbe essere che così, vista la grande preparazione e la lunga esperienza dell'artista: ci son paesaggi di probabile fantasia, quasi 'capricci' alla Francesco Guardi, oppure piccole scene di vita quotidiana che ricordano le tavole di Achille Beltrame o di Walter Molino per quel periodico fantastico che fu La Domenica del Corriere, e poi fiori, nature morte, insomma un artista da invidiare ed ancora in evoluzione, come dev'essere per quelli veri.
Una piccola grande esposizione ancora vedibile e godibile, in parete fino al 2 gennaio prossimo.