"La mafia ci sembrava eterna..."
20-01-2012 / A parer mio
del Gruppo Scout Ferrara 4
L'idea di intraprendere il viaggio a Palermo e su un tema così impegnativo come la mafia è scaturita dopo aver partecipato alla "Festa della Legalità", organizzata da Avviso Pubblico, Libera e Comune di Ferrara, iniziativa che ci ha fatto molto riflettere.
Siamo così partiti il 26 luglio 2011 dall'aeroporto di Bologna, ma prima di allora avevamo fatto diversi incontri informativi a attività preparatorie. Riponevamo grandi speranze nel progetto intrapreso, eravamo desiderosi di conoscere, ma sicuri di sapere e di poter giudicare Palermo. Ci eravamo lasciati convincere da quello che normalmente si dice sulla mafia: "è un fenomeno troppo esteso e radicato nella società, non verrà mai sconfitta".
In realtà, una volta arrivati, la stessa Palermo ci confermava quello che pensavamo: è una città molto bella, ma poco rispettata, piena di spazzatura e i "senza casco" abbondano sulle strade, tanto che risalta fuori luogo chi, il casco, lo indossa. Ma Palermo è come appare e i personaggi che abbiamo incontrato ce lo hanno dimostrato: c'è la mafia, non lo si può negare, ma a combatterla c'è una VALIDA ANTIMAFIA. Se pensate che nulla si faccia per debellare questo fenomeno, perché a loro, in fondo, va bene così, vi sbagliate. Non va bene ai ragazzi di Addio Pizzo, un'associazione antiracket che accoglie e sostiene gli imprenditori che decidono di denunciare il pagamento del pizzo. Così ha fatto Giuseppe Todaro che dirige una fabbrica di gelati (tra l'altro molto buoni) e che si vergognava di dover dire ai propri figli che ogni mese avrebbero dovuto pagare degli estorsori. Girando per Palermo abbiamo notato sulla vetrina di alcuni negozi il logo di Addio Pizzo, che testimonia il rifiuto dell'estorsione.
Abbiamo anche ottenuto un incontro con l'Ass. Pio La Torre, che prende il nome dal sindacalista Pio La Torre, il quale propose una legge che introduceva il reato di associazione mafiosa. L'associazione si occupa principalmente di informazione nelle scuole, perché a Palermo anche i bambini più piccoli sanno che cos'è la mafia.
[Palermo - "Il giardino dove rinascono gli uomini" bene confiscato alla mafia e affidato ad Agesci]
Gli incontri che ci hanno lasciato il segno sono stati possibili grazie all'importante contributo della Squadra Mobile di Palermo, che ci ha guidati nella nostra serie di incontri, spesso toccanti, volti a ricordare i personaggi che hanno collaborato alla lotta alla mafia. Tra questi abbiamo don Pino Puglisi, prete ucciso dalla mafia a causa del suo impegno sociale ed evangelico che, attraverso attività e giochi, mirava a tenere lontani i ragazzi dei quartieri più poveri lontani dalla criminalità. La testimonianza ci arriva da una signora che, quando era bambina, partecipava alle attività organizzate da don Puglisi.
Alice Grassi, figlia dell'imprenditore Libero Grassi, l'abbiamo incontrata proprio nel luogo dell'uccisione del padre, che aveva denunciato in una lettera inviata al giornale "Sicilia" l'estorsione del pizzo. La lettera cominciava dicendo: "Caro estorsore... non ti pago!" e così è cominciata la lotta e nonostante lei fosse preoccupata e ansiosa per le minacce che seguirono ha sempre appoggiato il padre e, ancora oggi, ne è fiera.
Abbiamo, poi,incontrato Rita Borsellino, sorella di Paolo Borsellino. Anche per lei l'incontro è avvenuto nel luogo dell'uccisione del fratello: Via D'Amelio. Un ulivo ricoperto di messaggi e simboli testimonia la voglia di ricordare e non dimenticare mai quello che è stato. Il suo messaggio è stato quello di rispettare a avere fiducia nelle istituzioni perchè esse sono sacre, sono gli uomini che non le rendono tali. È stato un messaggio di speranza e uno sguardo fiducioso al futuro.
Durante questo cammino la Squadra Mobile di Palermo ci ha seguiti con entusiasmo e verso la fine della route abbiamo anche visitato la caserma dei carabinieri e sbirciato da vicino il loro lavoro e abbiamo recepito passione.
Ci siamo poi spostati a Cinisi, là dove parlava la radio di Peppino Impastato: Radio Aut. Di lui ci ha raccontato il fratello Giovanni Impastato, che abbiamo incontrato nella casa dove vivevano, a "cento passi" dall'abitazione del boss mafioso Tano Badalamenti. È stata una testimonianza della lotta alla mafia che viene dall'interno, il grido arrabbiato di chi è consapevole di cosa ci sia dietro e di come si convive con la malavita. Il corpo di Peppino impastato è stato ritrovato lo stesso giorno del ritrovamento del cadavere di Aldo Moro, perciò l'evento è passato in secondo piano, ma il film intitolato "I cento passi" ricorda la sua vita in maniera abbastanza aderente alla realtà, come ci ha detto anche il fratello.
Da Cinisi a Partinico. Lì c'è una piccola emittente televisiva a gestione familiare e chiamata "Telejato". Forse ad alcuni si è accesa una lampadina, ma per chi non lo sapesse il direttore di Telejato è Pino Maniaci, personaggio a dir poco singolare, ironico e sfrontato e anche lui "dà fastidio". Infastidisce perché la sua denuncia alla mafia è fatta con nomi e cognomi, senza timore né riserve, direttamente e in modo volutamente provocatorio. La famiglia di Pino Maniaci lo aiuta e sostiene in questa lotta, che molti giudicherebbero folle, ma che per loro è la cosa giusta da fare, è la voce di sdegno e di disgusto, rabbia e frustrazione che si leva da Partinico e che investe circa 120.000 telespettatori.
Quasi su due piedi, Pino ci ha "assunti" come collaboratori e abbiamo presentato il Tg insieme a lui, dato la voce ai servizi, riso e scherzato. Pino Maniaci ha un linguaggio molto "colorito", ma il bello della sua persona sta forse lì, perché rende la sua ironia più sagace e il suo atteggiamento di presa in giro disturba, e molto. Proprio per questo ha ricevuto diverse minacce, più volte hanno tentato di ucciderlo, ma lui non molla, anzi, ne esce sempre più forte e determinato. Questo ci ha insegnato Pino Maniaci, di credere in quello che si fa, di farlo con dedizione e grande coraggio, non lasciarsi intimorire da nulla.
Ancora entusiasti e quasi storditi da questo incontro, ci siamo diretti verso i territori confiscati alla mafia e affidati alle cooperative di Libera Terra, riconvertiti in terreno coltivabile. È stata l'ultima tappa del nostro viaggio, infatti il giorno dopo siamo tornati a Ferrara. Questa route per noi è stata come una doccia, però graduale. Pian piano ci siamo liberati di pregiudizi, credenze e informazioni parziali e soggettive. Abbiamo visto con i nostri occhi che non si vive in uno stato di inerte convivenza con la mafia, ma la si combatte e si sa in che direzione andare e quali sono i mezzi da utilizzare. Una cosa che ci hanno fatto presente in molti e che ci ha molto inquietati è il fatto che il Nord è sprovvisto di anticorpi nei confronti della mafia, non si è avvezzi a riconoscerla, è latente e nascosta.
Possiamo dire che siamo diventati più consapevoli del nostro ruolo nella lotta alla mafia?? Sì, perché anche noi possiamo farlo, basta poco. L'educazione alla legalità parte dalle piccole cose: pagare il biglietto dell'autobus, richiedere lo scontrino per evitare l'evasione fiscale e tante altre cose che sembrano banali, ma non lo sono. Bisogna essere coscienti che la mafia non la combattono i grandi eroi, ma uomini che svolgono il proprio dovere e il nostro è quello di essere cittadini, quindi agiamo come tali!
[FESTA DELLA LEGALITA' - Il 24 settembre 2011 nella sede del Centro Sociale Rivana, il Gruppo Scout Ferrara 4 ha proposto alla città il reportage "Ferrara-Palermo. Andata e ritorno. Giovani viaggiatori nelle terre confiscate alla mafia" presentando immagini e testimonianze realizzate in Sicilia.]