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Intrighi e delitti a Venezia, un giallo... serenissimo di Fabio Pittorru

31-08-2012 / A parer mio

di M.Cristina Nascosi Sandri

Diciassette anni ricorrono quest'anno dalla scomparsa di Fabio Pittorru, avvenuta all'inizio di settembre del 1995. Ferrarese doc, ebbe riconosciuto il suo valore nella Capitale come scrittore, sceneggiatore, storico, regista. Faceva parte del Gruppo dei cineasti ferraresi 'trapiantati' a Roma, tra cui Onorio Dolcetti, Massimo Felisatti (con cui spesso scrisse, com'è noto, a quattro mani), Ezio Pecora, Renzo Ragazzi, Massimo Sani e, ultimo in ordine alfabetico ma non meno importante, Florestano Vancini, di cui fu sodale e collaboratore stretto (aiuto-regista) per il suo primo cortometraggio, Delta Padano, del 1951. Ma nessuno di loro dimenticò (né ha mai dimenticato, la nativa Ferrara, amore non troppo ricambiato), in ispecie Pittorru: di lui rimangono tre copioni drammaturgici, in lingua dialettale ferrarese, quella che Foscolo definitiva "la lingua di latte" e che Fabio Pittorru sempre portava nel cuore, La tazìna 'd cafè (La tazzina di caffé), Il ciàcar dla zént (Le chiacchiere della gente - 'co-scritto' con Dolcetti sotto il 'mono-pseudonimo' di Amilcare Rossi Ludovici) e Al vastì blu ( Il vestito blu).
Qualche anno fa venne pubblicato il suo bel romanzo Il caso Accoramboni. 1585. Indagine segreta nelle terre della Serenissima, prezioso inedito. Per esso Pittorru sposta la 'locations' - lui scrittore, sceneggiatore, uomo di cinema e televisione 'tout court' - dalla amatissima seconda patria, Roma (dopo Ferrara), alla Serenissima Repubblica Veneta, e vi 'gira' un giallo storico con tutti i crismi, ribadendo la sua dichiarazione d'amore totale per la Storia e le sue infinite facce. In una Venezia al colmo del suo splendore rinascimentale, in questo luogo e di un momento comunque irripetibile, Paolo Giordano Orsini, duca di Bracciano ed eroe di Lepanto, muore misteriosamente tra le braccia di una giovane prostituta di Salò. La Serenissima dà il via ad un'inchiesta segreta, incaricando Nicolò Patavino, notaio criminale di successo e Luigi Bragadin, avogador di stato, millantatore senza meriti, di far luce su una vicenda che si presenta complicata e delicata, ad un tempo, anche a causa delle sue implicazioni politiche. Il mandante del delitto va ricercato fra coloro che hanno ragione di vendicare l'atroce morte di Caterina De' Medici, prima sposa del Duca, o è opportuno dar credito a chi chiama in causa il Papa? I sospetti più fondati paiono cadere sulla seconda moglie, Vittoria Accoramboni.
Nell'intrecciarsi febbrile di intrighi e delitti efferati, l'indagine di Patavino prende via via corpo in una terra strabocchevole di vita e di personaggi incredibili. Uno valga per tutti, quello di Zaffetta, maitresse di postriboli, in età matura, in gioventù famosissima cortigiana immortalata nelle opere di grandi come Tiziano e l'Aretino. Un giallo storico davvero d'Autore, da rileggere, Il caso Vittoria Accoramboni, un'opera che ha il sapore immortale di un classico, come avrebbe sicuramente sottoscritto anche Thomas Stearn Eliot, (What's a classic?) per la quale Fabio Pittorru, storico d'eccellenza, si è ispirato ad una vicenda reale, fonte da cui pare aver attinto anche Stendhal per una delle sue Cronache Italiane.