Cronache e resoconti dal Festival di Internazionale a Ferrara 2012
06-10-2012 / A parer mio
di Pasquale Matarazzo *
Tutti i resoconti realizzati dalla redazione di Occhiaperti.net e Imaginaction Tv - Speciale Internazionale a Ferrara
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[Incontro nell'ambito di Internazionale a Ferrara - 7 ottobre 2012]
> Le inchieste del futuro.
Come cambiano le inchieste giornalistiche televisive con l'evoluzione della tecnologia? E qual è la situazione del giornalismo di inchiesta in Italia? A queste domande hanno provato a dare una risposta gli interventi dei giornalisti Ennio Remondino corrispondente Rai e Udo Gumpel della tv tedesca N-tv, con Mara Morrione moglie del giornalista del Tg1 e direttore di Rai News 24 Roberto Morrione nel corso dell'incontro "Le inchieste del futuro" occasione per presentare il "Premio Tv per il giornalismo investigativo Roberto Morrione". A moderare l'evento il direttore del premio Ilaria Alpi Francesco Cavalli. Ad introdurre il dibattito il direttore di Internazionale Giovanni De Mauro.
COS'E' UN'INCHIESTA- Ennio Remondino, giornalista di inchiesta e inviato in zone di guerra della Rai, che non ha bisogno di presentazioni, sentenzia:"Il giornalismo partecipato è cambiato, sta per scomparire perché moribondo". Fare inchiesta significa "Andare oltre le apparenze, analizzare anche il più semplice fatto di cronaca come un incidente stradale, cercando di non rimanere in superficie-spiega il corrispondente Rai-.Occorre sia accumulare esperienza, ma anche un editore che ti sostenga, perché fare inchiesta è come andare a pesca. Investi tempo e denaro, ma non è detto che torni a casa con un successo". Per fare inchiesta è determinante avere molta testardaggine e nonostante le nuove tecnologie a disposizione "servono" ancora le gambe per realizzarle.
L'EQUIVOCO ITALIANO. LA DIFFERENZA FRA APPROFONDIMENTO E INCHIESTA- Esiste il rischio in Italia di un'informazione piatta, soprattutto quella fornita dai tg generalisti. Manca la sostanza nel racconto. E questa omogeneizzazione dell'informazione genera equivoci. Come quello di scambiare per inchiesta, ciò che inchiesta televisiva non è. Remondino e Gumpel concordano sul fatto che in Italia, anche i servizi della trasmissione Report non siano inchiesta, bensì dell'approfondimento di fatti di cronaca. L'inchiesta deve aggiungere cose nuove. "L'inchiesta è una specie di giallo dove non c'è ancora l'assassino" semplifica Remondino.
DIFFERENZE TRA GERMANIA E ITALIA- Udo Gumpel, giornalista tedesco corrispondente dall'Italia è un attento osservatore della realtà italiana. "L'inchiesta significa muoversi. Per realizzare un servizio di 8-10 minuti occorre un budget di 10-20mila euro oltre alle spese fisse per la redazione. E' fondamentale l'apporto di strumenti editoriali importanti, ma soprattutto avere in testa ben chiara la domanda, l'ipotesi dalla quale partire per iniziare le indagini" rivela Gumpel e sul giornalismo televisivo italiano il giornalista tedesco va giù duro: "C'è una grande trascuratezza del mezzo televisivo". Tuttavia, si mostra più ottimista rispetto al collega Rai per gli sviluppi futuri del giornalismo investigativo in tv. Merito anche di iniziative quali il Premio Morrione.
IL PREMIO MORRIONE- Nasce lo scorso anno il "Premio Tv per il giornalismo investigativo Roberto Morrione", nell'ambito del premio Ilaria Alpi. Un gruppo di giornalisti e persone che hanno conosciuto il lavoro di Roberto Marrione hanno deciso di portare avanti l'impegno del giornalista Rai scomparso nel 2011. Un uomo che ha messo le sue competenze a disposizione del servizio pubblico, un impegno che sentiva fortemente. Un riconoscimento riservato ai giovani (massimo 30 anni, la prima era per gli under 35) sul giornalismo televisivo di inchiesta. In un mese e mezzo sono stati 89 i progetti presentati con più di 120 giovani impiegati. E' un'occasione non solo per mostrare quello che sanno fare, ma i tre progetti scelti dalla giuria per essere realizzati prevedono un tutor, un appoggio economico, sostegno legale e supporto tecnico per la produzione di audiovisivi. Dunque, rappresenta un percorso formativo e didattico. Progetti che riguardano i temi affrontati nel corso della carriera da Morrione: criminalità organizzata, le logge segrete e i diritti civili negati. Tre i temi scelti nella prima edizione: "Il tabacco uccide senza fumarlo" di Francesco De Augustinis vincitore dell'edizione 2012, poi un'inchiesta sull'appalto pubblico per i servizi informatici alla Camera dei Deputati e le miniere abbandonate della Sicilia che sono ancora carrozzoni pubblici con il sospetto di infiltrazioni mafiose. Dal Festival di Internazionale apre il bando per l'edizione del 2013 che scadrà il 15 dicembre. "Un'occasione unica per noi giovani di fare inchiesta e lavorare allo sviluppo di un proprio progetto" spiega Francesco De Augustinis vincitore della prima edizione del Premio.
POTERE E INCHIESTA- Il potere, sia esso politico o economico, tende ad individuare e manipolare le inchieste. Quando queste riescono a sottrarsi al controllo preventivo provocano reazioni violente da parte dei rappresentanti del potere. Per cambiare le cose occorre prendere distanza dai poteri forti. Sia a livello istituzionale per quel che riguarda il servizio pubblico, sia a livello individuale per i singoli giornalisti.
CASO SALLUSTI- Il dibattito si chiude con un accenno al "caso Sallusti". Lapidario Gumpel: "Chi ha inventato e opera con il sistema del c.d. 'metodo Boffo' ovvero l'invenzione totale di notizie false non può essere chiamato giornalista".
[Incontro nell'ambito di Internazionale a Ferrara - 6 ottobre 2012]
> Noi non restiamo a guardare. Incontro con gli operatori di Medici Senza Frontiere.
Tre storie per descrivere cosa significa far parte di Medici Senza Frontiere, la più grande organizzazione medico-umanitaria indipendente al mondo nata nel 1971, da una sinergia di medici e giornalisti e, che nel 1999 è stata insignita del premio Nobel per la pace. A raccontare la realtà di MSF al pubblico di Internazionale presente al Cinema Apollo questa sera, tre esperienze di vite diverse di operatori MSF: Fausta Micheletta medico internista, Angelo Rusconi logista, Enrico Paganelli chirurgo ortopedico intervistati da un sorpreso e affascinato Filippo Solibello, voce della trasmissione radiofonica Caterpillar AM in onda su Radio 2. Assente Loris De Filippi presidente di MSF Italia perché impegnato sul fronte siriano. Il titolo della serata "Noi non restiamo a guardare" è preso in prestito dal libro in uscita a novembre che raccoglierà le testimonianze di quaranta operatori MSF.
COS'E' MSF?-MSF è composta da medici, infermieri, logisti, psicologi, farmacisti, amministratori, esperti in risorse umane. Gli operatori umanitari di MSF, circa 400 gli italiani nel solo 2011, sono professionisti di diversi settori che prestano la loro opera di soccorso in oltre 60 paesi del mondo alle popolazioni più povere, alle vittime delle catastrofi di origine naturale o umana, alle vittime della guerra, senza discriminazioni razziali, religiose o politiche, poiché neutrale.
STORIE DI IMPEGNO CIVILE- Fausta, Enrico e Angelo. Tre storie, vite e scelte diverse, ma che hanno la stessa conclusione: ognuno di loro è nel posto giusto, facendo quello per cui si sentono realizzati. C'è chi ci è arrivato dopo un giorno, come Enrico, il più anziano dei tre.
Dopo anni di lavoro in ospedale come chirurgo ortopedico, un contenzioso con la direzione aziendale, un sistema sanitario in cui non si riconosce e la decisione di fare altro. Il giorno dopo il terremoto ad Haiti la decisione di mettere a disposizione di MSF le proprie competenze.
Chi invece come Fausta, internista e anni di lavoro in un pronto soccorso di Roma, dopo aver accarezzato nel corso degli anni universitari l'idea di MSF aveva sempre posticipato non ritenendosi pronta professionalmente per un'esperienza così forte. Poi nel 2010 la decisione di entrare nel sito e compilare l'application form di otto pagine rimuginandoci sopra per sei mesi. Poi per lei sei mesi di missione nello sperduto Nord Sri Lanka.
Un giorno, sei mesi, ma anche dieci anni di attesa come svela Angelo Rusconi, dal 2001 in MSF. Dopo aver fatto l'obiettore di coscienza, tra i venti e i trent'anni aveva girovagato per il mondo con associazioni di volontariato, nel periodo estivo, senza mai trovare quella giusta. Nel 2001 l'arrivo a MSF e partenza per l'Afghanistan.
I tre si raccontano tra aneddoti riguardanti le varie missioni, dalla prima notte in terra di missione alle prime vicissitudini con i pazienti fino all'impatto con realtà differenti da quelle conosciute precedentemente. Non mancano battute, dissidi e commozione. Fausta, Angelo ed Enrico hanno la capacità di trasmettere al pubblico in sala la forte determinazione, le motivizioni e la passione che mettono in questo lavoro.
L'INTERVENTO DI MSF- La missione parte quando un capo missione presente nei territori colpiti da catastrofi naturali o umane lancia l'allarme. C'è un team di emergenza che riceve l'allerta e si mette in moto la macchina che dovrebbe essere in grado in meno di quarantottore di portare i primi aiuti in qualunque parte del mondo. MSF oltre a curare l'emergenza si occupa anche di interventi sul medio e lungo periodo. Le difficoltà che si presentano in queste fasi vengono superate grazie ad un forte spirito di gruppo e di lavoro in team anche e soprattutto con gli operatori presenti giù sui territori interessati che collaborano con MSF. Per descrivere l'opera di MSF Enrico prende in prestito quello che Camus diceva degli scrittori:"Noi non stiamo al fianco di chi fa la storia, ma di chi la storia la subisce".
UN'ORGANIZZAZIONE NEUTRALE- Gli operatori rivelano che i corridoi umanitari nel mondo si assottigliano. Ogni situazione comporta strategie differenti. L'operato di MSF punta a connotarsi per la qualità dell'offerta. "Un ferito è sempre un ferito" è questa la logica di chi presta soccorso. Indipendentemente dalla fazioni di cui fa parte va curato. La maggior parte di coloro che subiscono le guerre sono innocenti.
COME SI TRASCORRE IL TEMPO LIBERA IN TERRA DI MISSIONE?- "Cazzeggiando" rispondono concordando i tre. Il (poco) tempo libero a disposizione si trascorre suonando la chitarra (se si è provvisti di un repertorio internazionale visto che si lavora in gruppi di quindici-venti persone di nazionalità diversa) o cucinando. "Capita anche di trovarsi in situazioni in cui i tuoi giorni sono casa-ospedale, ospedale-casa" precisa Fausta. Dopo le forti emozioni vissute durante il lavoro occorre stimolare il lato goliardico che serve a ritrovare la freschezza mentale che consente di affrontare con maggiore lucidità il giorno successivo.
COME SI STACCA LA SPINA DOPO UNA MISSIONE? Per Enrico, il più anziano dei tre intervistati, il ritorno a casa significa recuperare il tempo perduto con la famiglia rilassandosi con ritmi quotidiani diversi. "Anche se dopo un po'- ammette- la voglia di ripartire ritorna". Fausta a Roma ritrova la famiglia e gli amici, una parte del suo mondo in cui si trova bene. Mentre Angelo afferma che si sente "svarionato" al rientro dalle missioni e spesso sente di essere trattato anche da chi gli è vicino come un disadattato.
LA VITA DEGLI OPERATORI E' IN PERICOLO?- Al termine del dibattito arriva dal pubblico la domanda che ronza nella testa di ognuno dopo il racconto dei tre operatori. "La vita degli operatori è in pericolo?". Sono due gli operatori MSF uccisi e altri due sono ostaggi da oltre un anno. Angelo ed Enrico propongono una risposta prendendo come parametro risultati di analisi di rischio dai quali risulta che si rischia di più al sabato dopo la serata in discoteca o con il mestiere di rappresentante di commercio. Spetta a Fausta contraddirli, ammettendo il proprio timore con cui ha imparato a convivere. Dopotutto Medici Senza Frontiere non è composta da supereroi, ma da cittadini. Comuni esseri umani con le proprie paure. Poco comune invece è l'impegno profuso da questi operatori.
[Incontro nell'ambito di Internazionale a Ferrara - 6 ottobre 2012]
> Quando il silenzio uccide. Le crisi umanitarie dimenticate dai media.
IL MESSAGGIO VIDEO DEL MINISTRO DEGLI ESTERI GIULIO TERZI- L'incontro di Palazzo Tassoni parte con qualche imprevisto. Prima il computer che va fuori uso, poi un pubblico al di sopra delle aspettative per poco non mette in difficoltà l'organizzazione. Il dibattito sul silenzio dei media per alcune crisi umanitarie presenti nel mondo si apre con un video messaggio del Ministro degli Esteri Giulio Terzi, assente per impegni istituzionali. Nel messaggio il ministro confronta sul tema gli eventi del '94 in Ruanda e Sudafrica trattati in maniera diversa. "Nel '94 in Ruanda si registrano l'uccisione del presidente e 1 milioni di morti mentre in Sudafrica Nelson Mandela diventa presidente. Il sistema dei media decide di concentrarsi sugli aspetti positivi espressi dal continente africano, non concedendo attenzione alle criticità esistenti. Un po' come avvenuto nella prima fase delle primavere arabe" ricorda il ministro. Sono scelte che rispettano le priorità dei governi e del mondo della politica.
"Oggi in Siria ci sono storie che superano difficilmente i blocchi dell'informazione. Ma si registrano episodi di giornalismo investigativo che mostrano la falsità delle asserzioni del regime siriano" ha riferito il Ministro degli Esteri Giulio Terzi. La capacità di far breccia nel muro del silenzio inviati dei grandi media, ma anche di persone della società civile come i bloggers fa uscire dal cono d'ombra una situazione regionale difficile e permette all'opinione della gente di maturare.
LE NOTIZIE SULLE CRISI DIMENTICATE NEL 2011 SECONDO IL RAPPORTO MSF- All'interno del libro"Le crisi umanitarie dimenticate dai media" è presente un'interessante ricerca dell'Osservatorio di Pavia. Un'analisi delle notizie trasmesse dai sette maggiori Tg nazionali nel 2011. Preoccupante il bilancio sulle informazioni provenienti da territroi con crisi umanitarie: 5 sul Congo, 4 per il Sud Sudan, 10 per la Costa d'Avorio, 24 per il Bahrain (la maggior parte riferite al Gran Premio di F1, 0 per le malattie tropicali. Poco spazio? Tuttavia i dati raccolti mostrano come Alberto di Monaco 91 notizie e ben 413 passaggi per le nozze reali di Kate e William.
MSF - A Kostas Moschochoritis di MSF (Médecins Sans Frontières) Italiail compito di illustrare le politiche nei territori "caldi": "La nostra organizzazione per mantenere la propria indipendenza ha un tetto del 15% per la raccolta di fondi pubblici a livello internazionale. Ma in paesi come Afghanistan, Somalia, Sudan, Colombia, Iraq e Palestina, insomma dove c'è conflitto, non prendiamo una lira, altrimenti non potremmo essere neutrali. E' miope pensare che crisi come Somalia, Sudan non hanno un'influenza sulle nostre vite quotidiane, basta pensare ai riugiati". Un altro tema di dibattito è come vengono fornite le informazioni su questi temi. Ad esempio, per i rifugiati il 65% dei commenti e le osservazioni rifugiati proviene da politici, solo in piccola percentuale la voce è dei migranti stessi. Poi Moschochoritis lancia l'allarme :"Occorre fare attenzione. In Sud Sudan mancano attori sociali sul territorio per aiutare 160mila rifugiati".
LA LOGICA DELLA VITTIMA UTILE- Non usa giri di parole Moschochoritis nel descrivere le differenze fra alcune delle recenti crisi umanitarie come Haiti, Pakistan e Sudan. Affrontate in maniera diversa secondo quella che definisce "La logica della vittima utile", in senso politico ovviamente. Haiti, un'emergenza che ha attirato l'attenzione dei media alla quale hanno risposto i grandi paesi donatori dell'Occidente. Il Pakistan, con scarso interessa da parte del mondo dell'informazione e con difficoltà per gli operatori di soccorso, ha invece trovato il supporto dell'Occidente. Un intervento giustificato per evitare che potesse dilagare il "pericolo terrorismo".Infine il Sud Sudan, completamente ignorato dai media e dai grandi paesi donatori, dove nei campi profughi dove muoiono cinque bambini al giorno, ma dove l'Occidente ha fatto scarsi investimenti. Vittime utili e inutili. Brutalizzando è questa la differenza.
LA SITUAZIONE IN BAHRAIN- "Il silenzio uccide" è il tema dell'incontro. E' quello che accade in Bahrain come spiega l'attivista per i diritti umani Maryam Al Khawaja dell'associazione Bahrain Center for human rights. Venticinque anni, una famiglia segnata da prigionie e torture per aver partecipato alle manifestazioni per la richiesta di diritti. Maryam racconta casa accade nel suo paese, partendo dalla definizione di "Primavera Araba" che non condivide per due motivi. Il primo, i movimenti di protesta non hanno riguardato solo arabi, ma cristiani, atei, che hanno pagato a caro prezzo il proprio dissenso. Secondo, primavera è un termine che abbellisce una situazione drammatica fatta di migliaia di gente torturata e uccisa per aver chiesto democrazia.
Le proteste hanno origine ufficialmente nel febbraio del 2011, ma il dissenso ha origini più antiche fin dagli anni Venti. I movimenti in Tunisia e Egitto hanno infuso nuova speranza nelle persone oppresse. Maryam mostra con le cifre l'importanza del movimento di protesta in Bahrain. Lì dove oltre il 50% di un Paese di circa un milione di abitanti ha partecipato alle manifestazioni. Quattro-cinquemila persone sono entrate e uscite dal carcere, quattromila licenziate per aver simpatizzato o partecipato al movimento o per un semplice "mi piace" su facebook. Ma soprattutto un centinaio di morti. Ai media potrebbero risultare pochi in senso assoluto, ma se rapportati in percentuali alle popolazioni di stati come l'Egitto si può comprendere la drammaticità della situazione. E poi per chi opera con associazioni umanitarie "Una persona uccisa è già troppo". Poi Maryam racconta le vicende di un attivista condannato all'ergastolo per aver partecipato alle manifestazioni. Con lui arrestati i due generi poi rilasciati e il fratello minore. Tutti brutalmente torturati. Anche la figlia ha conosciuto il carcere per aver tentato di sensibilizzare l'opinione pubblica su questa esperienza. Il pubblico presente a palazzo Tassoni segue con interesse la storia. Solo al termine del racconto Maryam rivelerà che i protagonisti delle ingiustizie sono i suoi famigliari. L'attivista condannato all'ergastolo è suo padre.
ATTACCO ALL'ONU. "UN BARILE DI PETROLIO VALE PIU' DELLA POPOLAZIONE DEL BAHRAIN"- Dopo il racconto, l'attacco ai poteri istituzionali e dell'informazione mondiale. "Quando sono entrata a far parte di un'associazione per i diritti umani avevo ventun'anni. Ora ne ho venticinque ho perso alcune speranze. Ci sarebbe un sistema in grado di cambiare le cose rappresentato dalle Nazioni Unite, ma anche lì i tuoi diritti valgono in base al tuo passaporto. Un barile di petrolio dell'Arabia Saudita vale più dell'intera popolazione del Bahrain". Quella del Bahrain è una rivoluzione "scomoda". I maggiori media presenti nella zona come Al Jazeera e Al Arabiya non ne hanno parlato o dato una versione governativa. Anche la CNN ha scelto deliberatamente di ignorare il Bahrain. Il motivo è dato dai finanziamenti versati dal governo alla CNN. In Bahrain sono nate trenta società di pubbliche relazioni utili a diffondere la propaganda governativa e le menzogne. E' un fiume in piena Maryam che denuncia l'incoerenza e l'ipocrisia dell'Occidente che da un lato diffida il sostegno della Russia al governo siriano e dall'altro appoggia in modi diversi regimi antidemocratici. E infine Maryam lancia un appello al pubblico in sala: "Non crediamo più ai politici. Facciamo affidamento su di voi. Vogliamo godere degli stessi diritti fondamentali di cui godete voi".
POCO SPAZIO PER GLI "ESTERI" NELL'INFORMAZIONE NAZIONALE- Giovanni Porzio giornalista di Panorama e spesso inviato negli scenari di crisi definisce l'attenzione mediatica riservata alle questioni estere da parte dei media italiani. "Esiste un meccanismo di informazione marcio. Esiste un giornalismo indipendente non solo in rete, ma anche in grandi testate. Tuttavia esiste il giornalismo prezzolato. La figura dell'inviato all'estero nei giornali non esiste più. Noi veterani, ormai dei dinosauri, siamo dei sopravvissuti. Non è stata creata una nuova generazione di inviati. Il motivo? Chi dirige afferma che c'è carenza di interesse da parte del pubblico. Beh, dico questa sala (piena di giovani, molti stipati ai lati seduti a terra) e le decine di migliaia di ragazzi che in questo Festival partecipano ai dibattiti su Somalia, Sudan e i narcos del Messico dimostrano il contrario".
Infine Porzio chiude con un'accusa pesante agli organi nazionali dell'informazione:"Abbiamo dei media provinciali e spesso poco professionali. Il Congo per esempio fornisce minerali utili per i nostri cellulari, non basta parlare di Afghanistan solo quando vengono feriti i nostri militari. Dell'Iraq non si parla più così c'è poco spazio per il Brasile che cresce a livelli altissimi, così come l'India. Occorre essere informati su quello che avviene nel resto del mondo"
[Resoconto di un incontro nell'ambito di Internazionale a Ferrara - 5 ottobre 2012]
> Semi di libertà. L'esperienza delle cooperative sui terreni confiscati alla criminalità
Terminato da poco l'incontro in Sala Estense sulle mafie al Nord con Giovanni Tizian è ancora la lotta alle organizzazioni criminali fatta dalle istituzioni e dalla società civile il tema dell'incontro del pomeriggio in piazza Municipale "Semi di libertà. L'esperienza delle cooperative sui terreni confiscati alla criminalità" moderato dal giornalista Santo della Volpe con don Luigi Ciotti di Libera, Gianluca Faraone Consorzio Libera Terra Mediterraneo e il sindaco di Isola Capo Rizzuto Carolina Girasole.
BENI CONFISCATI- Sono i beni confiscati alle mafie al centro del dibattito. Si va dai 7 mila immobili confiscati, destinati dal '96 ad oggi ai 5 mila ettari di terreni alle oltre 150 persone occupate per un fatturato di 5milioni di euro con 57 viaggi di istruzione, 104 progetti e 5 milioni di persone incontrate e 6mila ragazzi a lavorare volontariamente sui campi di Libera Terra. Chi prova a far rivivere legalmente quei beni deve fare i conti con gli attentati alle sedi delle cooperative, i danni agli uliveti e ai raccolti. Tanta fatica per quei prodotti che contengono "quella vitamina in più che è quella della legalità" come afferma don Ciotti.
DALL'ESPERIENZA DI CORLEONE
- Sul palco Gianluca Faraone ad illustrare l'esperienza di una delle prime cooperative, quella "Placido Rizzotto" che ha segnato la discontinuità con il sistema precedente esistente nella realtà di Corleone. Un'esperienza che fornisce una prospettiva ai giovani sui terreni sequestrati a Riina e Provenzano. Un'idea ritenuta folle all'inizio. "Per cosa viene utilizzato il bene confiscato? Restituire qualcosa sottratto alla collettività- sintetizza Faraone, che poi continua- La repressione con operazioni tipo "Vespri siciliani" non può essere l'unica risposta. Occorrono punti di riferimento per creare eccellenze che servano a contendere il consenso sociale alla mafia". Poi spiega meglio il concetto con un esempio "Perché uno come Giovanni Simonetti, prestanome di Brusca e Riina, negli anni'90 subisce il sequestro dei beni e nel 2011 si vede confiscare nuovamente 11 milioni di euro in beni. Perché insiste? Perché quei beni sul territorio servono a creare consenso. Un consenso che bisogna indirizzare sulla società democratica" dice Faraone.
... A QUELLA DI ISOLA CAPO RIZZUTO - Dalla prima esperienza ad una più recente come quella di Isola Capo Rizzuto sulla costa ionica calabrese. La scelta di sfatare il tabù dei terreni confiscati, in gran parte occupati o coltivati ancora dalle famiglie mafiose, ha provocato forti ostilità nei confronti dell'amministrazione guidata dal sindaco Carolina Girasole. I terreni sono diventati strumenti educativi. Perché ci sono dei progetti scolastici dove si approfondisce il tema dei beni confiscati, con il risultato di avere bambini che ne discutono animatamente. Dopo una prima fase di chiusura totale e attacco si attraversa una seconda fase in cui i toni cominciano a cambiare.
DON CIOTTI "IN ITALIA C'E' UN COMA ETICO"- Vivace, provocatorio, a ruota libera, animato l'intervento di Don Ciotti. "Era impossibile pensare di poter discutere dei beni confiscati in una piazza, ma non basta. Accanto alle positività occorre continuare a difendere la democrazia che porta due grandi doni la dignità umana e la giustizia. C'è bisogno di responsabilità. Non solamente quella delle istituzioni, ma soprattutto la nostra. Occorre confiscare anche i beni dei corrotti per abbattere le connivenze. Insieme con le energie sane della società tutto è possibile. I prodotti dei terreni confiscati sono un segno di cambiamento. Ma ancora su 12mila beni immobiliari confiscati, 3500 non possono essere utilizzati, perché occupati, o in quota o inutilizzabili. Ci sono ombre impressionanti in questo momento". E sui giovani don Ciotti è convinto: "Ci sono se trovano dei punti di riferimento seri e coerenti. La lotta alla mafia si fa con le politiche sociali: con la scuola e il lavoro. E la storia ci dice che non possono esistere mafie senza le connivenze della politica. Ormai sono svuotate di senso parole come solidarietà, legalità e diritti troppe volte utilizzate da chi non le rispetta". Sulla classe dirigente non fa scotti il presidente di Libera "Nella società italiana c'è uno zoccolo duro che vive nell'illegalità, anche un pezzo di classe dirigente con il mondo degli affari illegali. Troppa gente ha scelto la legalità malleabile. In Italia c'è un coma etico frutto di una crisi morale. In Italia il 75% dei familiari di vittime di mafia non conosce la verità. Il male più grande non è chi fa il male ma quanti guardano e lasciano fare". " Non possiamo più permetterci una convivenza con la mafia. O c'è la mafia o c'è lo Stato"ha tuonato don Luigi Ciotti. E su come uscirne "E' possibile costruire positivo ma ci vuole uno scatto. Questa sera non dobbiamo dimenticare questo: sono 400 anni che parliamo di Camorra, 200 di Cosa Nostra e 100 di 'ndrangheta".
E infine una notizia. L'associazione Libera si costituirà parte civile nel processo di Palermo sulla trattativa Stato-Mafia. E' un atto concreto, un esempio di cosa voglia dire "prendersi la propria responsabilità".
> A Nord della mafia. Le infiltrazioni criminali in Emilia Romagna e settentrione
[Incontro nell'ambito di Internazionale a Ferrara - 5 ottobre 2012]
Una Sala Estense stracolma e con un pubblico giovane ha assistito al dibattito "A Nord della mafia. Le infiltrazioni criminali in Emilia Romagna e settentrione" moderato da Jacopo Zanchini vice direttore di Internazionale e con gli interventi di protagonisti alla lotta all'infiltrazione mafiosa sotto tre punti di vista diversi: il giornalista sotto scorta per le inchieste sulla 'ndrangheta in Emilia Romagna Giovanni Tizian, il sostituto procuratore della DNA (Direzione Nazionale Antimafia) Pennisi e il docente di diritto amministrativo dell'Università di Ferrara Marco Magri.
TIZIAN IN FUGA DALLA CALABRIA INDIFFERENTI E LE INCHIESTE AL NORD- E' un giovane giornalista segnato nella sua storia personale dal potere criminale della 'ndrangheta a spiegare le dinamiche malavitose al pubblico in sala. Giovanni Tizian, origini calabresi costretto ad emigrare al Nord per l'omicidio nell'89 del padre che seguiva l'incendio alla fabbrica del nonno. Episodi che hanno dilaniato una famiglia aggiunta all'indifferenza dei conterranei che hanno spinto a cambiare aria e cercare la realizzazione dei sogni di normalità in un'altra terra. Ma ad anni di distanza la 'ndrangheta rientra nella vita del giornalista della Gazzetta di Modena autore del libro "Gotica. 'Ndrangheta, mafia e camorra oltrepassano la linea" minacciandolo quando inizia ad occuparsi di incendi dolosi e di "reati spia" ai quali aveva assistito da spettatore in Calabria. Dal 2007 al 2010 si verificano nel modenese oltre trecento incendi di origini dolosi, un segnale che il territorio non comprende. Ma gli incendi dolosi, le sparatorie, le minacce non rivelano l'azione delle mafie che operano in maniera invisibile infiltrandosi grazie al "Capitale sociale" delle mafie ovvero professionisti, politici, imprenditori del nord che svolgono la funzione di mediatore per rendere "presentabili" alla società i mafiosi.
REGGIO EMILIA BANCOMAT DELLE 'NDRINE COTRONESI- E' una frase intercettata ad un collaboratore di giustizia. Il sostituto procuratore Pennisi è chiaro "Il Nord è un luogo dove si produce del denaro che va a finire nelle casse della criminalità organizzata". Dal dibattito emerge che spesso gli amministratori dei territori non hanno cognizione della realtà che hanno attorno, ma affrontano il problema "per sentito dire". E' un sistema che non funziona. Pennisi lo definisce "il silenzio dei colpevoli" cioè quelli che sanno o sono in condizione di sapere che tacciono o nascondono la testa sotto la terra come gli struzzi.
LA PERMEABILITA' DELLA PA ALLE INFILTRAZIONI- "Il silenzio dei colpevoli", riferito agli uomini della Pubblica Amministrazione che troppe volte si sono mostrati non in grado di contenere le penetrazioni della criminalità organizzata. Ci sono casi in cui sono le norme che favoriscono le mafie. Basti pensare alle leggi di concorrenza sugli appalti dettate dall'Unione Europea. L'Italia non può permettersi un mercato aperto per la presenza delle mafie. E' infatti impossibile immaginare che le amministrazioni abbiano le risorse per controllare le intese anticoncorrenziali. Una così ampia libertà di azione e di apertura del mercato consente alle centrali del potere economico-finanziario di strizzare l'occhio alla criminalità. Ma per il docente dell'Università Magri la connivenza si combatte cambiando le regole. "La legalità non è un dogma. Occorre cambiare i modelli culturali di riferimento, perché una legge che consente i subappalti non tiene conto della realtà attuale delle organizzazioni criminali" ha sostenuto Marco Magri.
IL CASO PEREGO STRADE E LE CASE DI BUCCINASCO- Tizian illustra le dinamiche delle infiltrazioni mafiose al Nord citando il processo in corso sul caso "Perego Strade". Lì dove puntando sulle debolezze dell'imprenditore Ivano Perego, viveur, che aveva indebitato l'azienda per il suo stile di vita, la 'ndrangheta si era presentata con il boss Strangio nei panni di salvatrice dell'impresa. Il motivo era costituito dal fatto che la Perego aveva ottenuto gli appalti per il movimento terra nell'Expo 2015. La'ndrangheta grazie alla miopia degli imprenditori locali aveva ottenuto il controllo totale dell'azienda. Ed anche sull'affare illegale dello smaltimento dei rifiuti esiste una nuova realtà. Ci sono territori inquinati anche al Nord, l'esempio a Buccinasco dove sono state costruite villette su terreni contaminati e imbottiti di rifiuti tossici.
IL MAFIOSO NON PARLA PIU' IN VERNACOLO, MA IN LINGUE- L'impresa mafiosa non esiste più. E' superato il concetto di organizzazione criminale che sbaraglia la concorrenza con la forza e l'intimidazione. "Ormai il mafioso non parla più in vernacolo, ma in lingue"sintetizza Pennisi.
CHE FINE HA FATTO COSA NOSTRA?- Il sostituto procuratore lancia una provocazione. "Che fine ha fatto Cosa Nostra?". 'Ndrangheta e Cosa nostra sono organizzazioni criminale di ordine, la camorra di disordine che mutano e si evolvono dopo gli scontri con l'ordinamento statale attivando al Nord operazioni di colonizzazione o delocalizzazione degli affari illegali. In questo momento quasi tutte le DDA sono concentrate sulla 'ndrangheta, ma Cosa Nostra c'è ancora. "E' la storia di una battaglia infinita. Ci sono due forze avverse che combattono in maniera epica. Lo Stato con Cosa Nostra in quel momento storico (dopo le stragi di mafia dei primi anni'90) ha vinto. Ma quella storia si è chiusa. Ne è iniziata un'altra. Il problema è che non sono due entità distinte. Perché alcuni esponenti dei due campi diventano organici allo schieramento nemico" dice Pennisi.
COME SI COMBATTONO LE MAFIE- La soluzione? "Sviluppare un'attività di intelligence che consenta la conoscenza delle dinamiche mafiose" rivela il sostituto procuratore. La criminalità organizzata per esistere ed esercitare il proprio potere ha bisogno di avere degli interlocutori, solo se interagisce con il diverso da sé ha senso il suo esercizio di potere. Occorre intercettare gli interlocutori.
LE MENTI RAFFINATISSIME- "Al Nord della mafia è il titolo dell'incontro, non le mafie al nord. Forse involontariamente si è fatto il punto sulla situazione. C'è qualcosa, qualcuno, poteri forti e menti raffinatissime che sono al di sopra delle organizzazioni criminali" ha chiuso così l'incontro Pennisi. Come dargli torto.
* - volontario servizio civile - Occhiaperti.net