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Venerdì 22 Filippo Plancher e sabato 23 'Il Paese che non c'è'

Riprende la stagione teatrale al Cortazar di Pontelagoscuro

20-01-2010 / Giorno per giorno

(Comunicato a cura dell'ufficio stampa del Teatro J.Cortazar)

Con lo spettacolo "Da parte a parte" di e con Filippo Plancher riprende, venerdì 22 gennaio con inizio alle ore 21, la stagione teatrale del Teatro Julio Cortazar di Pontelagoscuro.
Filippo Plancher è tra i fondatori del Teatro de los Andes (Sucre, Bolivia) di Cesar Brié con cui realizza numerosi spettacoli che girano l'Europa e il Sudamerica.
Di ritorno in Italia lavora come attore con varie compagnie e diversi registi di teatro e di cinema.
Parallelamente in questi anni ha dedicato tempo e passione a ricerche teatrali e spettacoli auto prodotti di cui è interprete, ma anche autore o co-autore.
La sua ultima creazione, "Da parte a parte" (2009) tratta un tema scomodo, di cui si parla nei libri, nei media, nei tribunali o peggio nei drammi di cronaca nera. La crisi del padre e dei suoi simboli, la frantumazione dei tempi, la partizione degli affetti … anche se il mito del padre forte e coraggioso, dolce e protettivo, affettuoso e determinato, tutto e il contrario di tutto, ancora resiste nei luoghi del desiderio.
Filippo Plancher giuoca ironicamente con i luoghi comuni e cerca di dar voce al dolore, che spesso si nasconde o si nega, in una riflessione teatrale che attinge a racconti di vita vissuta, che è frutto di suggestioni, di poesia.
La sfida è ricomporre i pezzi, raccogliere e trasmettere, in una forma che non ha parole d'ordine, ma la voce del padre in carne ed ossa.

Sabato 23 gennaio, sempre con inizio alle ore 21, ritorna in scena a grande richiesta l'ormai storico "Il Paese che non c'è", creazione d'esordio del Gruppo Teatro Comunitario di Pontelagoscuro diretto da Antonio Tassinari.
Gli oltre 50 cittadini/attori in scena raccontano la vita, la storia e la memoria di Pontelagoscuro, cantano le loro radici, ricostruiscono la loro comune identità; le generazioni si incontrano, ritrovano attraverso il Teatro un cammino comune, da tempo perduto nel vortice dissociato della modernità.
Uno spettacolo comunitario, al contempo popolare e colto, per la gente e della gente.
Un Teatro coerente con un'idea della cultura e dell'arte quali motori della trasformazione sociale al servizio della crescita etica e solidale della comunità.
Molti spettatori tornano a vedere "Il Paese che non c'è", altri dopo averlo visto entrano a far parte del gruppo; chi ancora non l'ha visto non perda l'occasione di conoscere un'esperienza, forse unica in Italia, per cui lavorare con la memoria significa creare il presente per poter proiettare il futuro; la memoria è quella materia che, trasformata attraverso l'atto creativo, è riportata in vita con i corpi, con le vite delle persone, con le anime che si mettono in gioco e da sterile ricordo nostalgico, si trasforma in una sorta di specchio epico della comunità.
Per il Teatro Comunitario l'esercizio della memoria cura e cicatrizza ferite, è la miccia per creare e trasformare il presente.