Dal 7 al 21 febbraio al museo del Risorgimento e della Resistenza
Una mostra per ricordare l'esodo 'forzato' da Istria, Fiume e Dalmazia
05-02-2007 / Giorno per giorno
"Il Giorno del ricordo serve a rendere giustizia alla pace". Così il vicesindaco Rita Tagliati ha sintetizzato il sentimento e le ragioni che accompagnano la mostra fotografica e documentaria "Ricordo di un Esodo - Istria, Fiume, Dalmazia", presentata questa mattina nella residenza municipale dai curatori Gian Paolo Borghi ed Enrico Trevisani del Centro di Documentazione Storica del Comune, e da Mauro Bregola dell'Associazione Partigiani Cristiani di Ferrara, Flavio Rabar e Marisa Antollovich dell'Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia.
La mostra, che sarà ospitata nella sala espositiva del Museo del Risorgimento e della Resistenza (via Ercole I d'Este) dal 7 al 21 febbraio, ha l'obiettivo di documentare la tragedia dell'esodo giuliano-dalmata e gli orrori delle foibe in occasione del Giorno del Ricordo, istituito il 10 febbraio di ogni anno, con la Legge 92 del 2004. Promossa dall'Associazione Partigiani Cristiani, l'iniziativa è dedicata alla memoria di Moreno Incerpi, recentemente scomparso, già presidente dell'associazione, primo ideatore della mostra fin dall'ottobre 2005, nelle fasi conclusive di una riunione delle associazioni combattentistiche e resistenziali ferraresi. Il progetto espositivo documenta il percorso storico dei dolorosi eventi del confine orientale dalla fine del 1800 agli anni dell'esodo, tra la fine degli anni '40 e l'inizio degli anni '50. La mostra sarà inaugurata ufficialmente venerdì 9 febbraio alle 17,30. Sempre nella sede del museo, è in programma un appuntamento martedì 13 febbraio alle 21 con una conferenza di Gian Paolo Sardos Albertini, vice presidente dell'associazione nazionale Venezia Giulia e Dalmazia, mentre venerdì 16 febbraio alle 21 nella chiesa di Santa Francesca R (via XX Settembre) è previsto un concerto della "Nuova Cappella Musicale di Ferrara" diretta dal maestro Pierluigi Calessi. "Il senso di questo concerto - ha spiegato Marisa Antollovich - è quello di dare un segnale chiaro su come i fatti tragici e dolorosi di quegli anni abbiano anche portato un intero popolo in esodo dalla propria terra, dalle proprie case, a una nuova rinascita, al desiderio e all'impegno per ricostruirsi una nuova vita".
LA SCHEDA (a cura del Centro di Documentazione Storica del Comune)
Il Giorno del Ricordo
Il Parlamento Italiano, con la Legge n. 92 del 30 marzo 2004, ha stabilito la data del 10 febbraio come Giorno del Ricordo, per non dimenticare la tragedia delle foibe e l'esodo forzato della popolazione italiana dai territori della Venezia-Giulia e Dalmazia.
La data scelta si riferisce alla firma del Trattato di Pace avvenuta a Parigi il 10 febbraio 1947 ove veniva imposta all'Italia la cessione alla Jugoslavia dell'Istria, delle città di Fiume e Zara e delle isole di Cherso e Lussino. Le vicende belliche sul confine orientale conobbero momenti di estrema ferocia, in particolare nella lotta con i partigiani jugoslavi, con un conseguente inasprisi dell'odio e la identificazione, da parte delle popolazione slave, dell'elemento italiano con il regime fascista, questo, insieme alla politica di espansione del maresciallo Tito, generò tutta una serie di violenze verso la popolazione italiana, violenze che raggiunsero la massima intensità in due momenti:
dal 9 settembre al 13 ottobre 1943, dopo il disfacimento dell'Esercito Italiano, seguito all'armistizio dell'8 settembre 1943, i partigiani di Tito occuparono l'intera Venezia Giulia, ad eccezione delle città di Trieste, Fiume e Pola; in questo periodo di tempo si scatenarono una serie di vendette e rivalse, che culminarono nell'uccisione di migliaia di persone, i cui cadaveri (ma anche persone vive) vennero gettati nelle foibe, dove finirono non solo i fascisti, ma anche uomini e donne il cui solo torto era di appartenere al gruppo etnico italiano;
dal maggio 1945, con l'occupazione di tutta la Venezia Giulia si scatenò un'ondata di violenze contro la popolazione italiana il cui intento, oltre agli odi politici, personali, rancori etnici, familiari, di interesse, era quello di ripulire il territorio dai "nemici del popolo", ed in tale termine rientrarono anche diversi esponenti del C.L.N. - Comitato di Liberazione Nazionale (formati da tutte le forze politiche ad eccezione del P.C.I.) di Trieste, Gorizia, Pola e Fiume ed in generale coloro che non condividevano la linea politica di annessione di quelle zone alla Jugoslavia; oltre alla immediata giustizia sommaria migliaia di persone vennero fatte precipitare nelle foibe.
Per quanto concerne la città di Zara, abbandonata dai tedeschi il 30 ottobre 1944, gli abitanti furono sottoposti ad un vero martirio, pur non essendo una fortezza, né una base navale e senza industrie di interesse bellico, tra l'8 aprile 1941 ed il 31 ottobre 1944 ebbe a subire ben 54 bombardamenti aerei, che distrussero circa il 90% dei fabbricati. Anche in tale città l'occupazione slava portò a vendette ed uccisioni verso l'elemento italiano. Il destino degli abitanti di Zara, circa 22.000, fu di: 11 fucilati dai tedeschi, 165 deportati in Germania, 4.000 morti sotto i bombardamenti, 900 uccisi dagli slavi, 435 deportati dagli slavi, 2.000 mobilitati nell'esercito jugoslavo, 161 prigionieri di guerra, 13.500 profughi e dopo il 1945 altri ne seguirono, per cui nella città rimasero solo 12 famiglie di italiani.
L'ondata di violenze e di intimidazioni impaurì la popolazione italiana che iniziò a cercare sicurezza in Italia, cosa che si accentuò in seguito ai dettami del trattato di pace che prevedeva per quelle popolazioni l'opzione fra la cittadinanza italiana e quella jugoslava, chi optava per la cittadinanza italiana doveva lasciare la sua terra. Circa 350.000 italiani lasciarono la loro terra, seguiti anche da circa 60.000 slavi, di cui 50.000 emigrarono all'estero.
L'arrivo dei profughi in Italia, ove ancora erano visibili i segni della guerra, fu accolto con indifferenza, fastidio ed anche con aperta ostilità e ci furono aperte manifestazioni di avversione: ad Ancona ai saluti ed allo sventolio di tricolori gli attivisti comunisti risposero con fischi, pugni chiusi e bandiere rosse, mentre alla stazione di Bologna i ferrovieri minacciarono di scendere immediatamente in sciopero se si fosse fermato un convoglio di profughi per essere rifocillati, il convoglio non si fermò ed i profughi giunsero stremati a La Spezia.
La sistemazione di una tal massa di persone incontrò notevoli difficoltà, le città italiane, in particolare al nord, erano ancora semidistrutte dai bombardamenti, pertanto i profughi furono collocati in caserme, scuole o altri edifici pubblici, in condizioni igieniche ed ambientali pessime.
L'esposizione di documenti e fotografie che viene presentata intende ripercorrere le vicende di quei territori, documentare la presenza storica di una popolazione italiana autoctona, gli eventi della guerra e della lotta al nazi-fascismo, gli accadimenti del dopoguerra e le vicissitudini della popolazione, alle prese con violenze e vendette, culminate nell'esodo in massa dalle terre natie.
Il percorso espositivo prende forma con una carta geografica che illustra i confini dopo il 1866, una serie di documenti e giornali, anteriori al 1918, che dimostrano come la lingua italiana fosse abitualmente usata in quei territori; inoltre è esposta una tabella dei censimenti Austro-Ungarici del 1900 e 1911 ed il censimento italiano del 1921, in tutti si evidenzia la forte e significativa presenza della popolazione italiana.
L'iniziativa è patrocinata da: Associazione Nazionale Partigiani Cristiani (Ferrara), Centro di Documentazione Storica del Comune di Ferrara, Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia (Comitato di Bologna)
a cura di: Marisa Antollovich , Gian Paolo Borghi, Flavio Rabar, Marino Segnan, Enrico Trevisani
impaginazione ed elaborazione grafica: Enrico Trevisani
collaborazione all'allestimento: Giulia Guzzinati, Elisa Chiapatti
hanno collaborato: ANTEA, Associazione Nazionale Terza Età Attiva (Ferrara), Unione Sindacale Territoriale C.I.S.L. (Ferrara), Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia Sede Nazionale, Roma; Istituto Regionale per la Storia del movimento di Liberazione nel Friuli Venezia Giulia, Trieste, Civici Musei di Storia ed Arte di Trieste, Civico Museo di guerra per la pace "Diego de Henriquez" (Trieste), Istituto Professionale di Stato per i Servizi Alberghieri e della Ristorazione "O. Vergani" (Ferrara), Nuova Cappella Musicale di Ferrara, Direttore M° Pierluigi Calessi