Comune di Ferrara

martedì, 06 maggio 2025.

Dove sei: Homepage > Lista notizie > Alla galleria Marchesi i "Paesaggi metamorfici" di Alessandro Moro

Dal 10 novembre mostra di pittura con il patrocinio del Comune

Alla galleria Marchesi i "Paesaggi metamorfici" di Alessandro Moro

09-11-2007 / Giorno per giorno

Impetuose esplosioni di colore, i "Paesaggi metamorfici" di Alessandro Moro saranno in mostra da sabato 10 novembre alla galleria d'arte Marchesi di via Vignatagliata 41. L'esposizione, che gode del patrocinio dell'Amministrazione comunale ed è curata da Sergio Altafini, sarà inaugurata nel pomeriggio di sabato alle 17,30 e resterà aperta al pubblico fino al prossimo 2 dicembre.
L'apertura al pubblico, ad ingresso libero, è prevista tutti i giorni, escluso il giovedì, dalle 11 alle 13 e dalle 18 alle 22. Sono previste anche visite fuori orario su prenotazione. Per informazioni contattare i numeri: 0532 761052 - 347 6500359 - 338 2427398.

La scheda (a cura degli organizzatori)
I paesaggi metamorfici
L'attività poliedrica del pittore padovano affascina l'ambiente che lo circonda


L'attività della Galleria Marchesi continua con la mostra di pittura di Alessandro Moro, pittore, scrittore, ma soprattutto oculista, che porgendo le sue opere di indiscussa personalità, segnala un altissimo livello artistico di sicuro prestigio.
10 novembre-2 dicembre 2007
Inaugurazione sabato 10 novembre, ore 17.30

CRITICA
Fa meraviglia vedere come la personalità figurativa di Alessandro Moro imponga estrema duplicità a questi suoi paesaggi che da imitazione della realtà circostante, si trasformano a pura invenzione stilistica, conferendo ad ogni opera un cambiamento immaginifico dello stato connotativo.
Fanno meraviglia i suoi vuoti o troppo pieni che paiono nati dall'acqua passando, invisibili, da un versante all'altro.
Si pensi a "L'isola" o "Le ore di Venezia", oppure ai "Castelli in aria", opere piene di intensità e modulazioni apparentate da una venata scorrevolezza: figurazioni scrupolosamente stabili, ma di variegata fluidità.
I lavori di Moro, pure al primo impatto non lasciano indifferenti, ma per gustarli vanno guardati più volte, ascoltati, scoperti, perché ogni segno o macchia di colore è un indizio, un suggerimento che va cercato in tutti gli angoli; se si prova ad annusare (con la fantasia) sanno di aria salsa, di vegetazione o di aria profumata. È a quel punto che bisogna indagare con la mente, con l'immaginazione imboccata, ma sempre con il naso all'insù.
I colori pastosi, quasi incisi, ad olio su tela (bruni bruciati, verdoni, ocre e blu), ancora una volta, danno il senso della solidità della tradizione, ancorché tradita dai tratti colorati ondulati o curvi, raramente spigolosi, e comunque mai di struttura paesaggistica ritrattistica esplicita.
L'attrazione alle esplosioni emozionali si naturalizza nelle varianti, magari dello stesso similare tema, con la prepotente immissione dei rossi e con la commistione radicale nei verdi e nei blu differenziati.
In fondo il titolo della esposizione offre una pluralità di significati: metamorfosi come cambiamento, evoluzione, instabilità negata.
Se si pone mente ai racconti metaforici di fine ottocento (Frankestein, Dr. Jackill e Mr. Hide) si accentra l'accadimento della metamorfosi nel suo significato di specchio. Si tratta della ossessione della superficie riflettente la variazione genetica dell'unico in un corpo multiforme. È il pensiero fatto opera in maniera struggente e inquietante: del tutto umana.
Ritroviamo fin dalle favole mitologiche di Esopo e poi di Ovidio e poi ancora di La Fontaine e per citare Buzzati, la finissima riscrittura del bellissimo parallelo della vita dell'uomo e del mondo originario.
Non è mai un bestiario: è un esempio del destino solitario, forse spontaneamente selvatico, emergente, assolutamente enigmatico in cui talvolta l'individuo si ritrova impigliato e da cui vuole liberarsi assumendo poliedriche forme del medesimo fondamento.
Come se nella salvezza del più insolito paesaggio dipinto vi fosse l'ultimo tentativo di ripendersi la propria storia.
Paesaggi metamorfici è giusto. Certe durezze nelle tele di Moro fanno ricordare, per assonanza, i marmi metamorfici delle Alpi Apuane, ma sommersi da un liquore poetico di estrema efficacia.
Ciò che accende di più sta nella evidente rivelazione della metafora ribaltata dove l'ambiente e altri soggetti sono pretesti per verità dei fatti che mille a mille l'uomo vuole raccontare, sempre.
Alessandro Moro con maestria e forte commozione ci narra una delle sue.