Dal 6 al 22 giugno la XXII edizione del festival
Aterforum: rotte musicali tra New York e Mumbai
22-05-2008 / Giorno per giorno
(Comunicato a cura dell'Ufficio stampa di Aterforum festival)
"Nuove Indie: rotte musicali tra New York e Mumbai": è questo il titolo della XXII edizione del festival Aterforum, in programma a Ferrara fra il 6 e il 22 giugno e organizzato come di consueto da ATER-Associazione Teatri Emilia Romagna, Assessorato alle Politiche Culturali del Comune di Ferrara, Regione Emilia-Romagna, Ministero per i Beni e le Attività Culturali, Teatro Comunale di Ferrara. Una delle più longeve e prestigiose vetrine dei suoni d'oggi si sofferma quindi quest'anno su quelle correnti musicali che sin dagli anni Sessanta hanno gettato un ponte fra Occidente e la tradizione musicale indiana, dalle esplorazioni di John Cage al minimalismo, dalla ricerca in ambito elettronico e interdisciplinare, senza tralasciare incursioni nel patrimonio tradizionale della stessa India. Del festival saranno ospiti personalità di assoluto rilievo distintesi nel campo della sperimentazione sonora e interdisciplinare e interpreti di fama, tutti uniti nell'accompagnare l'ascoltatore in un viaggio sonoro stimolante.
Al centro della prima parte del festival, 6 - 8 giugno, si staglia la carismatica figura di Robert Ashley, uno dei più influenti pionieri della musica sperimentale, fondatore negli anni Sessanta di collettivi seminali (Once Group e Sonic Arts Union) e in seguito partecipe del "movimento" della Lovely Music e artefice di nuove forme di narrazione musicale attraverso un uso teatrale della voce, oltre che delle tecnologie più moderne. Aterforum 2008 si inaugurerà proprio con un incontro con lo stesso compositore statunitense, in programma venerdì 6 giugno al Ridotto del Teatro Comunale (ore 12). La stessa sera e in quella di domenica 8, al Teatro Comunale, verranno rappresentate in prima italiana due recenti opere di Ashley: Dust (1998) e Concrete (2006). Entrambe vedranno in campo quattro vocalist d'eccezione, Sam Ashley, Thomas Buckner, Jacqueline Humbert e Joan La Barbara; a loro si aggiungerà in Dust, lo stesso Robert Ashley.
Fra le due opere di Ashley si collocherà sabato 7 (a Casa Romei) il concerto del gruppo scandinavo Dans Les Arbres, formato da Christian Wallumrød (pianoforte preparato), Ivar Grydeland (chitarra) e da Ingar Zach (percussioni). Trio che che proponoe una musica dove si possono cogliere rimandi ai soundscapes del John Cage più "orientale".
Dopo qualche giorno di pausa, Aterforum riprenderà il suo cammino con un'altra rilevante personalità delle musiche di ricerca, Alvin Curran, già ospite alcuni fa del festival in qualità di componente dello storico gruppo Musica Elettronica Viva: giovedì 12 giugno, a Palazzo Ludovico il Moro, Curran presenterà Mumbai's Way, produzione del festival ferrarese concepita assieme ai videomakers Gerardo Lamattina e Lino Greco partendo dai suoni campionati e dalle immagini video originali del concitato e variopinto scenario metropolitano di Mumbai.
Sabato 14 (Palazzo Ludovico il Moro) Amelia Cuni, riconosciuta specialista del canto dhrupad, una delle più autentiche espressioni della musica classica del Nord dell'India, presenterà (assieme a Federico Sanesi, percussioni, e a Werner Durand, electronics) una personale versione di Solo N. 58 dei Songs Books (1970), serie di 18 raga microtonali che attestano l'interesse di John Cage verso la musica indiana, mentre domenica 15 (Casa Romei) il violoncellista Charles Curtis, allievo di LaMonte Young, eseguirà in prima italiana Piece For Cello And Saxophone (1960) di Terry Jennings, straordinario quanto misconosciuto precursore del minimalismo.
E sarà proprio uno dei maggiori esponenti della minimal music, Terry Riley, il protagonista della serata di lunedì 16 (Palazzo Ludovico il Moro), condividendo il palcoscenico con il contrabbassista Stefano Scodanibbio, con il quale il musicista e compositore californiano ha instaurato da tempo un proficuo sodalizio. Nel pomeriggio del giorno dopo (dalle ore 14), Terry Riley terrà un workshop dal titolo "Composizione, Improvvisazione e Raga della tradizione Indostana" presso il Conservatorio "G. Frescobaldi" di Ferrara.
Mercoledì 18 (Casa Romei) il pianista Fabrizio Ottaviucci proporrà il suo Ragapiano, disegnando un itinerario di ascolto che va da Cage e Riley a Giacinto Scelsi (selezionando brani sempre di ispirazione orientale), a sue improvvisazioni. E sempre a Casa Romei, giovedì 19, si potranno ascoltare i fratelli Gundecha (Umakat e Ramakant al canto, Akhillesh al pakhaway), depositari della tradizione del canto dhrupad.
Infine, domenica 22 giugno, in Piazza Castello, Aterforum 2008 avrà una significativa appendice con il concerto del gruppo Massacre, ovvero il chitarrista Fred Frith, il bassista Bill Laswell e il batterista Charles Hayward, tre spericolati musicisti che frequentano abitualmente i territori del rock più audace come quelli dell'improvvisazione più avventurosa. Questo concerto è organizzato in collaborazione con AngelicA e l'Assessorato alla Cultura della Regione Emilia-Romagna.
Il programma completo:
Venerdì 6 giugno - Ridotto del Teatro Comunale, ore 12.00
Incontro con Robert Ashley
Robert Ashley è uno dei padri della new music americana, uno dei pionieri della ricerca interdisciplinare, in special modo nella sperimentazione delle nuove tecnologie sonore e video abbinate a un uso recitativo-teatrale della voce. Nato nel 1930 ad Ann Arbour (Michigan), Ashley ha studiato alla University of Michigan (specializzandosi nella ricerca sui modelli di linguaggio culturale e psico-acustici) e alla Manhattan School of Music. Nel 1960 ha organizzato la prima edizione del ONCE Festival, dedicato alla performing art; da qui l'esperienza del ONCE Group, ensemble attivo per tutti gli anni Sessanta all'insegna della commistione fra musica e teatro. Per dieci anni, dal 1966 al 1976, Ashley ha fatto anche parte di un altro gruppo seminale, Sonic Arts Union, comprendere altri sperimentatori come David Behrman, Alvin Lucier e Gordon Mumma. Successivamente la sua attività artistica si è sempre più focalizzata sulla creazione di opere multimediali, fra le quali spiccano Perfect Lives (1980), Atalanta (Acts of God) (1982), Now Eleanor's Idea (1993), Foreign Experiences (1994), Dust (1998), Celestial Excursion (2003) e Concrete (2006). Ashley ha anche collaborato con le compagnie di danza dirette da Trisha Brown, Merce Cunningham, Douglas Dunn e Steve Paxton ed è fra i compositori ritratti dal regista inglese Peter Greenaway in Four American Composers.
Venerdì 6 giugno - Teatro Comunale, ore 21.15
Robert Ashley Dust (1998)
libretto, musica e direzione di Robert Ashley
Sam Ashley, Thomas Buckner, Jacqueline Humbert, Joan La Barbara, Robert Ashley voci
Tom Hamilton ingegnere del suono
Robert Ashley, Tom Hamilton orchestrazione elettronica
David Modey scene e luci
Prima rappresentazione italiana
«Immaginate una strada, in un qualsiasi angolo di mondo, dove coloro che vivono ai margini della società si trovino a parlare, agli altri e a se stessi, di eventi che trasformano la vita, opportunità svanite, ricordi, perdite e rimpianti. Cinque di questi emarginati, "gente di strada", raccontano i ricordi e le esperienze di uno di loro, un uomo che ha perso entrambe le gambe in una qualche guerra senza nome. Proprio in seguito alla perdita delle gambe, sotto l'effetto della morfina che prendeva per alleviare il dolore, egli ha iniziato a parlare con Dio. Ora desidera riprendere la conversazione, interrottasi allo svanire dell'effetto della droga, per ottenere da Dio quella "parola segreta" che potrebbe metter fine a guerre e sofferenza». Questo è l'assunto narrativo attorno al quale ruota Dust, opera che vede in scena, oltre allo stesso Robert Ashley, alcuni dei più assidui collaboratori dello stesso compositore. Sam Ashley fonda il suo essere artista sullo sviluppo di pratiche mistiche slegate dalle proprie tradizioni. Thomas Buckner è attivo sia nell'ambito della composizione contemporanea che dell'improvvisazione (ha spesso collaborato con Roscoe Mitchell). Jacqueline Humbert è impegnata come performer e designer sin dai primi anni Settanta e insegna al California Institute of The Arts. Joan La Barbara è una delle massime sperimentatrici dello strumento voce: il suo album Voice Is The Original Instrument (1976) è uno dei manifesti della più creativa ricerca in questo campo.
Sabato 7 giugno - Casa Romei, ore 21.15
Dans Les Arbres (trio)
Christian Wallumrød pianoforte preparato
Ivar Grydeland chitarra acustica
Ingar Zach percussioni
Dans Les Arbres, che è anche il titolo dell'album pubblicato di recente dalla ECM, è un gruppo norvegese (in genere un quartetto) che rivisita con sensibilità nordica le sonorità rarefatte e i soundscapes del John Cage più "orientale". Da qui una musica che odora di reminiscenze etniche e sacre e che accentua i rimandi all'opera del geniale compositore staunitense per via dell'uso del pianoforte preparato.
Christian Wallumrød ha all'attivo quattro album a proprio nome per la stessa ECM, No Birch, Sofienberg Variations, A Year From Easter e The Zoo Is Far. Tra le sue collaborazioni, va almeno ricordata quella con la vocalist Sidsel Endresen.
Ivar Grydeland ha avviato la propria carriera di musicista nel 1999, suonando con diverse formazioni e producendosi anche in solitudine. Ha collaborato con il compositore Eivind Buene, il quale ha scritto espressamente per la chitarra acustica di Grydeland un pezzo dal titolo Asymmetrical Music.
Ingar Zach si divide tra molteplici ambiti espressivi grazie ad un dinamico approccio a vari tipi di strumenti a percussione. Ha suonato in diversi gruppi (fra cui la Magnetic North Orchestra di Jon Balke) e collaborato con musicisti di disparata estrazione stilistica (Jim O'Rourke, Evan Parker, Barry Guy, Derek Bailey, John Tilbury e molti altri).
Domenica 8 giugno - Teatro Comunale, ore 21.15
Robert Ashley Concrete (2006)
libretto, musica e direzione di Robert Ashley
Sam Ashley, Thomas Buckner, Jacqueline Humbert, Joan La Barbara voci
Robert Ashley orchestrazione elettronica
Tom Hamilton ingegnere del suono
Scene e luci di David Modey
Prima rappresentazione italiana
Concrete persegue l'interesse già mostrato da Robert Ashley nelle due opere precedenti relativamente a tipi di linguaggio mai in precedenza esplorati nell'opera: in Dust c'è la lingua dei diseredati e dei senzatetto, in Celestial Excursions quella degli anziani residenti in una casa di riposo. Le tre opere non costituiscono in alcun modo una "trilogia", pur derivando tutte dalla stessa fascinazione per forme di linguaggio e stati mentali particolari. Anche se in Concrete non lo si afferma esplicitamente, il libretto può essere letto come le "rimuginazioni" di un vecchio solo, che riflette su questioni bizzarre e formula domande cui fornisce risposte sarcastiche o indifferenti, tornando spesso e a varie riprese sulle argomentazioni. L'opera prende la forma di una serie di "Discussioni" su questioni varie, oggetto delle riflessioni del vecchio: ad esse si alternano quattro "Storie", ricordi di persone con cui il vecchio ha lavorato, o che ha amato. «Sia nelle "Discussioni" che nelle "Storie" è il cantante a scegliere tono, timbro (e assetto), sullo sfondo di una partitura orchestrale costituita da una serie di campionamenti (diversi in ogni rappresentazione) precedentemente predisposti dal compositore e selezionati tramite un software dal compositore stesso o da un altro performer. In altre parole, la composizione dell'orchestra è, molto semplicemente e liberamente, uno degli aspetti di una performance "improvvisata"», spiega Ashley.
Giovedì 12 giugno - Palazzo Ludovico il Moro, ore 21.15
Alvin Curran, Lino Greco & Gerardo Lamattina Mumbai's Way
Musica live di Alvin Curran
Live Visual di Lino Greco e Gerardo Lamattina
Produzione di Aterforum Festival
"L'india vive in diversi secoli contemporaneamente... Cresciamo come la testa di un pesce martello in via di sviluppo, con gli occhi che guardano in direzioni diametralmente opposte. Questo è vero non solo per il dilemma antico/moderno ma per l'assoluta illogicità di quella che sembra l'impresa nazionale del momento. È come se il popolo indiano fosse stato radunato e caricato su due convogli di autocarri (uno grande, enorme e l'altro piccolo, minuscolo) che sono partiti con decisione in due direzioni opposte. Il convoglio minuscolo è in viaggio per una destinazione scintillante in qualche luogo vicino alla cima del mondo. L'altro convoglio si confonde nel buio e scompare". Con in testa queste parole della scrittrice Arundhati Roy, due filmaker, Gerardo Lamattina e Lino Greco, si sono recati a Mumbai: al ritorno hanno suddiviso il loro resoconto per immagini in quattro capitoli nei quali sono raffigurate le diverse facce della città, quella di capitale dell'economia indiana, quella dei più popolati e degradati slum dell'Asia, quella dei contrasti religiosi, quella degli instancabili dhobi-walla, i lavandai. Mumbai's Way non è un semplice documentario fornito di colonna sonora: la musica di Alvin Curran, in prima linea sin dagli anni Sessanta su vari fronti (improvvisazione, composizione, performing art), interagisce con le immagini, rendendo ancor più palpabili gli umori e i "rumori" di una città caotica ma nel contempo dal fascino irresistibile.
Sabato 14 giugno - Palazzo Ludovico il Moro, ore 21,15
Amelia Cuni
John Cage: 18 Microtonal Ragas: Solo 58 from Song Books (1970)
Amelia Cuni canto dhrupad
Federico Sanesi percussioni
Werner Durand drones/electronics
18 Microtonal Ragas: Solo 58 from Song Books è dei uno vertici raggiunti da John Cage nella personale esplorazione del pensiero filosofico e della musica provenienti dall'India, con i quali entrò in contatto negli anni Quaranta e che influenzarono profondamente gran parte del suo lavoro dei decenni successivi. Questa composizione si basa sul concetto cageano della indeterminazione e consiste di 18 parti separate e indipendenti fra loro. La sfida di chi la esegue è sviluppare i raga fuori dal materiale tonale che è stato concepito in un contesto non-tradizionale: questa apparente contraddizione è il motivo principale che ha spinto negli ultimi anni Amelia Cuni a dedicarvisi ripetutamente. Nata a Milano, Amelia Cuni ha vissuto in India per oltre dieci anni, durante i quali si è dedicata allo studio approfondito del canto dhrupad, ma anche della danza kathak e del tamburo pakhawaj. La sua attività artistica copre un ampio raggio d'azione, dalla musica tradizionale a quella d'avanguardia, dalle sperimentazioni elettroacustiche al jazz. Per lei e la sua voce hanno scritto appositamente proprie composizioni Terry Riley, Roland Pfrengle, Maria de Alvear, Chico Mello e Fernando Grillo.
Domenica 15 giugno - Casa Romei, ore 21.15
Charles Curtis
Terry Jennings: Piece for Cello and Saxophone (1960)*
Charles Curtis violoncello, onde sinusoidali e cello drones
*Prima esecuzione italiana
Charles Curtis è uno dei più noti e apprezzati violoncellisti al mondo. Suona sia come solista che come ospite di importanti compagini sinfoniche, ma ha anche in curriculum significative collaborazioni con jazzisti del calibro di Herbie Hancock, Wayne Shorter e Brad Mehldau. Negli ultimi anni si è particolarmente concentrato sull'opera di compositori americani come La Monte Young, di cui è stato allievo, Alvin Lucier e Morton Feldman. In questo filone si inserisce la riscoperta di una delle pagine seminali della minimal music: Piece for Cello and Saxophone. Il suo autore, Terry Jennings, è stato una delle figure chiave della prima ondata minimalista: le sue performance al Living Theatre o nel loft di Yoko Ono sono diventate leggendarie, così come le collaborazioni con lo stesso La Monte Young, con John Cale (uno dei fondatori dei Velvet Underground) e Charlotte Moorman. Piece for Cello and Saxophone, da più parti indicata come un capolavoro, è una profonda riflessione su una manciata di accordi e pattern melodici, a volte simile ad un raga, ma modulata attraverso una lentissima progressione di tipo corale. Curtis si è avvicinato per la prima volta a questa composizione nel 1989 sotto la guida di La Monte Young, ideando in seguito un proprio arrangiamento per solo violoncello, onde sinusoidali e cello drones.
Lunedì 16 giugno - Palazzo Ludovico il Moro, ore 21.15
Terry Riley & Stefano Scodanibbio
Terry Riley pianoforte e voce
Stefano Scodanibbio contrabbasso
I più lo ricordano tuttora per dischi come In C (1970) e A Rainbow In A Curved Air (1971) che hanno fatto epoca e hanno avuto enorme influenza su un'intera generazione di musicisti (molti dei quali legati all'ambito del progressive rock e del rock elettronico) e di ascoltatori. L'opera di Terry Riley è tuttavia più vasta e sfaccettata e anche il definirlo "uno dei padri della musica minimale" risulta limitativo. Nativo di Alifax, California, classe 1935, Terry Riley è da sempre al centro di un crocevia di suoni e stili diversi (avanguardia, jazz, musica indiana e altro ancora) che ha saputo inglobare e personalizzare. Compagno di avventura La Monte Young, agli albori del minimalismo, poi allievo del cantante indiano Pandit Pran Nath, Riley ha scritto composizioni per diversi organici strumentali (interpretate anche dal quartetto di sassofoni Rova e dal Kronos Quartet), nonché un monumentale lavoro per pianoforte accordato secondo l'intonazione naturale (The Harp of New Albion).
Assiduo e congeniale partner del musicista e compositore californiano è da anni Stefano Scodanibbio, contrabbassista specializzato nel repertorio contemporaneo. Brani dedicati a lui e al suo strumento sono stati scritti da Bussotti, Sciarrino, Xenakis, Estrada, Faneyhough, Globokar, Frith. Scodanibbio ha inoltre collaborato a lungo con Luigi Nono e Giacinto Scelsi.
Martedì 17 giugno - Auditorium del Conservatorio "G. Frescobaldi"- ore 14
Workshop con Terry Riley
"Composizione, Improvvisazione e Raga della tradizione Indostana"
Dopo il workshop dello scorso anno con Meredith Monk, Aterforum ospita un laboratorio con Terry Riley, organizzato in collaborazione con i corsi di composizione del Conservatorio "G. Frescobaldi" di Ferrara. Nell'occasione Riley partirà dalla sua lunga esperienza di studioso della musica indiana per analizzare le tipologie improvvisative, compositive e del Raga proprie della tradizione indostana, fiorita nel Nord dell'India. Alle parole di Riley seguirà una parte dedicata alla pratica, dove i partecipanti al workshop potranno far ascoltare proprie creazioni basate sulla conoscenza della musica indiana.
Mercoledì 18 giugno - Casa Romei, ore 21.15
Fabrizio Ottaviucci Ragapiano
Musiche di John Cage, Giacinto Scelsi, Fabrizio Ottaviucci e Terry Riley
Fabrizio Ottaviucci pianoforte
Il programma di questo concerto delinea un ideale itinerario musicale che da Occidente si spinge speditamente verso Oriente, in un seducente gioco di riflessi sonori e rimandi temporali e geografici. Le Sonate e gli Interludi di John Cage, di cui viene eseguito nell'occasione un estratto, è l'opera più ampia e complessa che il compositore americano ha dedicato al pianoforte preparato, ma è anche opera dalle preponderanti sonorità esotiche ed esoteriche. La Suite X, KA (che dal sanscrito si può tradurre in Essenza) è uno dei lavori pianistici più rappresentativi scritti da Giacinto Scelsi negli anni Cinquanta: lungo i suoi sette movimenti, questa pagina addensa atmosfere di stampo mistico e di evidente influsso orientale. Il secondo dei Keyboard Studies di Terry Riley è costituito da cellule molto simili, in lieve espansione melodica e ritmica, che vengono sovrapposte e articolate seguendo una architettura prescritta: Fabrizio Ottaviucci ne presenta una personale versione per pianoforte digitale, nastro e pianoforte acustico. Dello stesso Ottaviucci, pianista e compositore attivo in vari contesti espressivi (dalla musica contemporanea al jazz), sono una serie di raga, intesi dall'autore e performer come forme di improvvisazione legate a particolari procedimenti: raga piano tende a ricreare col pianoforte le sonorità tipiche del sitar; raga delle metamorfosi rivela invece influenze minimaliste.
Giovedì 19 giugno - Casa Romei, ore 21.15
Gundecha Brothers
canto tradizionale dhrupad del Nord dell'India*
Umakant e Ramakant Gundecha canto dhrupad
Akhilesh Gundecha pakhawaj
*In esclusiva per l'Italia
I fratelli Gundecha sono tra i principali esponenti odierni del canto drhupad, il più antico stile vocale della musica indiana. La sua natura è profondamente legata alla spiritualità (all'inizio veniva praticato nei templi, prima di entrare a far parte del patrimonio classico indiano), comunicando agli ascoltatori un senso di pace e contemplazione. Dall'XI secolo questa tipica espressione del Nord dell'India si è assestata in una forma che ha mantenuto intatta la sua struttura originaria e la sua purezza attraverso i secoli.
Umakant e Ramakant Gundecha sono nati a Ujjain, nell'India Centrale, e sono stati avvicinati alla musica dai genitori. Oggi portano in giro per il mondo il canto drhupad raccogliendo ovunque ampi consensi di un pubblico che rimane affascinato da un'arte senza tempo.
Akhilesh Gundecha suona il pakhawaj, il tamburo principale della musica devozionale e della danza indiane. Assieme alla cetra vina, il pakhawaj è diventato l'emblema della musica indostana, per via del suo retaggio e del suo legame con il canto drhupad.
Domenica 22 giugno - Piazza Castello, ore 21.15
Fred Frith Massacre
Fred Frith chitarra
Bill Laswell basso elettrico
Charles Hayward batteria
In collaborazione con AngelicA e Regione Emilia-Romagna - Assessorato alla Cultura
Chitarrista, ma anche violinista e cantante, Fred Frith è uno dei simboli di un modo di fare musica che non conosce barriere linguistiche. Musicista rigorosissimo, mai incline ai compromessi, Frith è protagonista sin dalla fine degli anni Sessanta di un percorso artistico nel segno di esperienze diversissime, legate fra loro dalla naturale predisposizione a una instancabile, feconda ricerca sonora. Frith è stato tra i fondatori degli Henry Cow, gruppo di primissimi piano del rock alternativo anni Settanta, e ha poi fatto parte di altre formazioni, collaborando procuamente anche con altre personalità slegate dalle convenzioni quali John Zorn, Tom Cora e Henry Kaiser. Ha anche scritto composizioni interpretate, fra gli altri, dall'Ensemble Moderne.
Originariamente costituito nei primissimi anni Ottanta, il trio Massacre coniuga l'improvvisazione più audace con l'energia propria del rock più avventuroso. Accanto a Frith figura sin dall'inizio Bill Laswell, bassista, produttore e altra mente musicale apertissima, mentre Charles Hayward (proveniente dalle file dei This Heat) ha sostituito il primo batterista, Fred Maher, dopo la ricostituzione del gruppo avvenuta nel 1998.
PREZZI
Ingresso: 16 intero, 12 ridotto (sino ai 30 anni e oltre i 65, tesserati TCI e associazioni culturali nazionali del tempo libero)
Carnet per 4 spettacoli a scelta: 40
Chi acquisterà un carnet riceverà in dono un CD a scelta ECM o Lovely Music
Biglietti e carnet in vendita dal 24 maggio presso la Biglietteria del Teatro Comunale di Ferrara e sul sito www.teatrocomunaleferrara.it/aterforum
Infoline 0532 202675, fax 0532 206007
Per informazioni e iscrizioni (entro il 10 giugno) al workshop di Terry Riley:
0532 207412 info@conservatorioferrara.it
INDIRIZZI
Cortile Casa Romei: Via Savonarola 30
Teatro Comunale di Ferrara: Corso Martiri della Libertà, 5
Palazzo Ludovico il Moro: Via XX Settembre 124
Piazza Castello
UFFICIO STAMPA
Roberto Valentino (Ufficio Stampa Aterforum): tel. 335 5201930; jazzval@tin.it;
Ufficio Stampa Teatro Comunale di Ferrara: tel. 0532 218311; ufficiostampa.teatro@comune.fe.it
ATERFORUM FESTIVAL 2008 è realizzato da
ATER-Associazione Teatri Emilia Romagna
Comune di Ferrara-Assessorato alle Politiche Culturali
Regione Emilia Romagna
Ministero per i Beni e le Attività Culturali
Teatro Comunale di Ferrara