INTERNAZIONALE (5ott08) - Incontro con tre reporter d'eccezione
Il mestiere dell'inviato al fronte
05-10-2008 / Giorno per giorno
Jason Burke dell'Observer di Londra, la giornalista norvegese Asne Seierstad celebre per i suoi reportage dalla Cecenia e Jon Lee Anderson del New Yorker insieme allo scrittore Antonio Scurati hanno parlato delle loro esperienze nei paesi di guerra sfatando il mito dell'eroismo dei reporter. "I veri eroi - ha detto Burke - non siamo noi inviati occidentali, ma i giornalisti originari dei paesi in guerra, quelli che vivono là, che ogni giorno raccontano il loro paese".
Sono spesso avvolte da un'aurea glamour i giornalisti che raccontano la guerra, questo lo hanno ammesso tutti e quattro i relatori, ma ciascuno di loro ha dimostrato come ciò che li spinge al fronte non è la fama ma la curiosità di sapere che cosa succede e la voglia di raccontare la gente, la loro quotidianità. "La prima volta che si fa un'esperienza al fronte - ha spiegato Anderson che non si considera inviato di guerra ma semplice giornalista - tutto questo 'fascino' scompare, perché le guerre sono come infezioni aperte sulla nostra pelle e ci si ritrova a diretto contatto con la violenza e la morte e non sai mai a priori come potresti reagire davanti a scene cruente o situazioni estremamente pericolose".
E' la vita che vogliono raccontare i giornalisti che vanno dove c'è la morte. "Quando si comincia - ha detto Seierstad - ci si sente così attirati dal pericolo che si ha l'impressione che la vita in questi paesi abbia colori più vivaci, più intensi di quelli della normalità. Poi questa sensazione passa per lasciare il posto a una voglia di incontrare la gente vera, di capire che cosa pensa e quanto il conflitto influisce nella sua vita". Non sono le analisi del perchè della guerra che l'occidente si aspetta di leggere sui giornali, lo ribadisce anche Burke, "vogliono sapere le storie, gli aneddoti, i volti delle persone e com'è quando ti sparano addosso"