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Al Cittàterritorio festival forum sugli spazi pubblici con Ezio Raimondi e Vezio De Lucia

Beni culturali, tra consumismo turistico e conservazione della memoria

19-04-2009 / Giorno per giorno

"I luoghi della cultura costituiscono la struttura e l'anima delle città, ma in questi anni sono stati oggetto di pesanti trasformazioni urbane, dettate da un marketing territoriale che ha trasformato molti dei centri storici italiani in quinte di lusso per i turisti spettatori". E' da questa riflessione, proposta da Maria Pia Guermandi dell'Istituto per i Beni culturali dell'Emilia Romagna, che ha preso le mosse la conversazione sul "Bene culturale come spazio pubblico" organizzata stamani dallo stesso Istituto, nell'ambito del Cittàterritorio festival.
"Oltre ai centri storici - ha proseguito Guermandi - vi sono anche altri luoghi culturali, come i siti archeologici, che hanno pesato molto sullo sviluppo delle città, divenendo in alcuni casi, come ad Atene, perno della riqualificazione di parti di esse. Non così è stato per Roma, dove l'idea di fare dell'area dei Fori il centro della città ha avuto un breve momento di gloria, per poi essere abbandonata". E proprio del 'Progetto Fori' è stato chiamato a parlare uno dei suoi principali promotori, Vezio De Lucia, che ha ricordato come alla fine degli anni '70 il Soprintendente ai Beni archeologici Adriano La Regina abbia lanciato l'idea di eliminare la via dei Fori Imperiali, creazione mussoliniana, per unificare il tessuto dell'area archeologica e porre la storia al centro dell'immagine della capitale. L'idea, sostenuta anche da Antonio Cederna, fu accolta con convinzione dal sindaco Petroselli, che ne avviò la realizzazione facendo smantellare la via del Foro Romano, che univa via dei Fori Imperiali al lungotevere. La morte improvvisa del sindaco segnò tuttavia anche la morte del progetto, da allora oggetto di forti opposizioni, ma meritevole, secondo l'opinione di De Lucia, di essere oggi ripreso in considerazione.
"Il destino dei Fori - ha proseguito sul tema il Soprintendente ai Beni storici di Bologna Luigi Ficacci - è oggi legato al turismo, che rappresenta un'entità estremamente mobile e in grado di provocare la perdita dell'anima sociale della città, se mosso da ragioni esclusivamente imprenditoriali. Per questo - secondo Ficacci - occorre oggi creare una professionalità a metà strada tra imprenditoria e conservazione, che impedisca al turismo di produrre effetti devastanti sulla città". "Il turismo - ha confermato Maria Pia Guermandi - è destinato a rimanere la prima industria mondiale, ma va governato, poiché altrimenti rischia di distruggere la risorsa sulla quale prospera". Risorsa a cui ha fatto riferimento anche l'ex soprintendente di Bologna Andrea Emiliani tracciando un breve excursus sulla storia e sul ruolo, nelle città italiane, dei numerosi edifici conventuali che, in particolare dopo le soppressioni napoleoniche, sono stati riconvertiti in scuole, carceri, università e ospedali, divenendo l'emblema della trasformazione del bene culturale in spazio pubblico.
"I beni culturali - ha sintetizzato in conclusione il presidente dell'Istituto per i Beni culturali dell'Emilia Romagna Ezio Raimondi - sono il passato che ci sta di fronte nel presente e che ci parla del futuro. Per questo occorre volgere l'attenzione su di essi nel momento in cui le città si interrogano sul loro futuro, in un'ottica che non può essere solamente economica, ma deve necessariamente essere anche umana. Il bene culturale è certamente - ha proseguito Raimondi - un bene collettivo, ma anche individuale. E su questo si fonda la distinzione tra il turista che consuma la città e il cittadino che, sentendosi garante della memoria, sperimenta il bene culturale, rendendolo parte della propria umanità".