Sateriale celebra la Liberazione: "Dire che la Costituzione è espressione dell'egemonia di una parte politica è menzogna"
Il sindaco: "Il 25 aprile è nata l'Italia libera, democratica, pacificata"
27-04-2009 / Giorno per giorno

Di seguito il discorso pronunciato dal sindaco Gaetano Sateriale in occasione delle celebrazioni per la festa della Liberazione
Autorità civili, militari, religiose, rappresentanti delle associazioni partigiane e combattenti, cittadini,
il nostro saluto va alle tante piazze del Paese in cui ancora oggi, come negli ultimi sessant'anni, centinaia di migliaia di italiani stanno celebrando il 25 aprile nell'unico modo che conoscono, ricordando il giorno in cui è nata l'Italia moderna: libera, democratica, pacificata. Il giorno in cui hanno vinto i valori fondanti della convivenza che poi sono stati racchiusi nel testo della nostra Costituzione. In particolare indirizziamo il nostro saluto solidale e il nostro abbraccio fraterno alle città dell'Abruzzo, vittime allora della ferocia nazifascista e oggi devastate dalla furia altrettanto cieca di un terremoto che sembra non abbia fine.
Oggi, a Onna e sui palchi e sulle piazze italiane del 25 aprile vi sono più presenze e consensi più larghi di quelli già forti e diffusi nel cuore della gente cui siamo abituati da tanti anni di feste di popolo. Ne siamo felici e orgogliosi. Felici perché finalmente si consolida l'idea che il 25 aprile, assieme al 2 giugno e al 4 novembre, sia la ricorrenza in cui si riconosce un' intera nazione. Orgogliosi perché le Istituzioni locali, i rappresentanti delle forze armate, i rappresentanti degli eserciti alleati, le associazioni partigiane, ci sono, ci siamo stati da sempre su queste piazze il 25 aprile, a festeggiare per tutti, anche per coloro che con la caduta del fascismo si sono sentiti sconfitti. A ricordare la fine della guerra mondiale, della guerra civile in Italia, dell'odio fra connazionali, la fine della tirannia fascista e dell'incubo sanguinario nazista. Non tocca a noi dimostrare che questa festa è di tutti gli italiani, perché l'abbiamo sempre intesa così. In questi giorni un intellettuale di destra ha detto che il nostro Paese dovrebbe trarre insegnamento dalla Francia e dal loro forte senso di unità e di concordia nazionale. Da come, dopo anni di divisioni e di lutti, seppero riconoscersi tutti sotto il tricolore e l'inno della marsigliese. Tutt'altra temperie storica quella della rivoluzione francese, non c'è dubbio. Ma è vero che il senso di unità e di concordia nazionale sono solidi e acquisiti da tutti; è tanto vero che se qualcuno osasse parlare del 14 luglio come di una festa di parte, verrebbe preso per pazzo. Anche lì c'era stata una guerra di francesi contro francesi, una rivoluzione di popolo contro il potere costituito, anche lì orrori ed eccessi, anche lì un re debole, anche lì la minaccia di un'occupazione militare straniera, anche lì un esercito composto da regolari e da popolo armato. Ma da quella data ha avuto origine un nuovo Stato per tutti i francesi oltre che la storia moderna dell' intera Europa. Noi attribuiamo al 25 aprile lo stesso significato: una nuova nazione, una nuova bandiera, una nuova forma di stato per l'Italia e, dai tanti aprile del '45, la nascita dell'Europa contemporanea, che ha saputo rompere i confini e i conflitti millenari tra i suoi singoli stati e tra i suoi popoli.
Certo, le vicende che hanno portato alla guerra di Liberazione e alla vittoria sono complesse. Tante componenti politiche, tante fedi religiose, tante culture hanno contribuito alla guerra di resistenza. E diversi sentimenti di amor patrio e di lealtà. I militari che non hanno ceduto le armi a Cefalonia non avevano sicuramente lo stesso credo politico dei partigiani delle brigate Garibaldi o di quelli di Giustizia e Libertà. Ma chi saliva in montagna, contadini, artigiani, operai che fossero; giovani studenti, professionisti, militari, non lo faceva certo per ubbidire a un ordine di partito, quanto per rispondere ad un imperativo morale che chiedeva loro di lottare a rischio della vita per riconquistare la libertà del loro paese. Gli ideali così fondamentali di giustizia, di democrazia, di libertà, che gli stessi protagonisti della guerra di liberazione seppero trasfondere di lì a poco in una moderna e viva carta costituzionale. Dire che quella Carta è espressione dell'egemonia di una parte politica sulle altre è, non solo una menzogna storica, ma una mancanza di rispetto per i padri costituenti che, come abbiamo tante volte ricordato non mescolarono mai la competizione e la battaglia politica da farsi anche con asprezza con la scrittura condivisa delle regole fondamentali della convivenza. Dire che una componente delle forze di resistenza (quella che ha prodotto tra gli altri i Pertini e i Terracini) voleva sostituire la dittatura fascista con una dittatura diversa è anch'essa una menzogna storica che cozza contro la realtà del disarmo dell'esercito partigiano, dell'amnistia dei crimini commessi dal regime, della accettazione democratica dei risultati elettorali del '48. Del resto, si celebrerebbe con una Messa nella Cattedrale una festa di parte? Si porterebbe un mazzo di fiori al Vescovo che ha difeso la città dalla rappresaglia nazista? No: il 25 aprile segna anche la ritrovata unità del popolo italiano, tra le sue componenti, con il suo e! sercito e le sue istituzioni. Le letture distorte non sono un buon via tico per una riconciliazione in buona fede tra le diverse forze politiche nel nome della liberazione e della resistenza. Ma noi sapremo attendere con pazienza i segni reali di una nuova concordia nazionale. Nella speranza che da una condivisione del ruolo e del giudizio sulla resistenza si possa presto giungere alla condivisione delle riforme istituzionali necessarie a modernizzare il paese.
Ma la resistenza e il 25 aprile non sono solo una testimonianza orgogliosa del passato. Sono un monito per l'oggi e per il futuro dell'Europa e del mondo. Prima di tutto perché cessi il ricorso alla guerra come soluzione del conflitto tra popoli e tra paesi. E spesso pensiamo all'Africa e al conflitto fra etnie diverse all'interno dello stesso paese. L'Europa è unita e pacifica: questo è un fatto consolidato. L'Europa non è ancora in grado di esportare i propri principi e i propri valori democratici con la forza della sua politica estera e della sua diplomazia. Questo è un limite che va superato: lo diciamo pensando anche al prossimo Parlamento europeo che si sta formando. Vogliamo un'Europa più forte non solo economicamente ma che sappia assumere nel mondo il peso e l'autorevolezza che merita. Per far questo occorre che anche sul piano politico e diplomatico si superino le visioni dei singoli stati che agiscono ognuno per conto proprio come invece sta ancora troppo a lungo! accadendo. A me pare che la gente sia pronta a questa nuova sfida e che invece temporeggino i capi dei singoli stati. Ma l'Europa non consoliderà la propria unione se essa sarà solo esclusivamente economica. Proprio per la nostra nefasta esperienza di guerre millenarie siamo tra coloro che possono spiegare ad altri quanto sia sbagliato e inefficace l'uso della forza militare per risolvere conflitti tra gli stati. Proprio per la nostra responsabilità storica sugli stermini e la Shoah siamo tra coloro che possono per primi cogliere i germi tossici del razzismo e della xenofobia. Proprio perché siamo la patria del diritto moderno, delle prime carte al mondo che declinano i diritti dell'uomo e del singolo cittadino, siamo tra coloro che possono difendere sempre e comunque l'intangibilità della persona umana, l'orrore della tortura e della pena di morte anche di fronte alle emergenze del terrorismo.
Qualcosa nel mondo sta cambiando. L'America di Obama ha iniziato a far girare la ruota della storia di nuovo verso un futuro di diritto e convivenza. Finalmente si iniziano a rimuovere le sanzioni economiche ai paesi, si cancellano le liste degli "stati canaglia", si interrompe la violazione dei diritti e la carcerazione arbitraria, tutte politiche che impoveriscono i popoli cui sono rivolte e finiscono per rafforzare i tiranni che si vogliono combattere. Ora l'Europa è di nuovo in sintonia piena con gli Usa e gli Usa sono tornati ad accendere quella fiaccola della libertà che li ha portati, più di sessant'anni fa a combattere e a sconfiggere il nazifascismo. Stare al fianco delle innovative politiche americane ora non è più collateralismo con il paese più potente del mondo qualunque sia la politica del suo governo. Ora si può tornare a collaborare insieme perché si credono le stesse cose: in campo economico, con l'introduzione di regole di tutela degli investitori e dei ris! parmiatori, in campo sociale, con maggiore assistenza pubblica per l'istruzione e per la salute, in materia ambientale, con la partecipazione ad obbiettivi globali di riduzione dell'inquinamento, in politica estera, con i messaggi di dialogo e di apertura. E anche nella battaglia contro il terrorismo e l'integralismo religioso che è prima di tutto battaglia culturale.
Oggi è possibile far di nuovo sventolare insieme quelle bandiere che stanno sul nostro balcone (e molte altre con loro) in un'alleanza non più e non solo militare e di guerra.
Un'alleanza di pace basata sulla condivisione, il consenso dei grandi paesi del mondo ad una politica comune di soluzione dei conflitti economici, civili e militari. Molto resta da fare, molti scenari di guerra sono ancora aperti nel mondo, a partire dal Medio Oriente, molti scenari di fame e di indigenza. Ma una nuova alleanza di progresso è possibile, se sapremo costruirla di nuovo sulle idee della libertà, della democrazia, della convivenza. Anche per questo motivo e per queste future imprese il 25 aprile è patrimonio di tutti. E' una ricorrenza viva e piena di forza.
Viva il 25 aprile!
Viva il nostro Paese!
Viva l'Europa Unita!