BIBLIOTECA ARIOSTEA - Anatomie della mente
12-05-2009 / Giorno per giorno
A conclusione del ciclo Anatomie della Mente e Altre Storie, conferenze di psicologia a cura di Enrico Spinelli e Stefano Caracciolo, giovedì 14 maggio alle 16.30 nella sede del teatro anatomico e nella sala agnelli della biblioteca comunale Ariostea (via Scienze 17 - Ferrara) avrà luogo l'incontro "Non fate troppi pettegolezzi. Il gesto disperato degli scrittori: Pavese, Salgari, Hemingway e altri suicidi". Relazioneranno Stefano Tugnoli, Università di Ferrara "Osservazioni psicoanalitiche sul suicidio" e Stefano Caracciolo, Università di Ferrara "Le radici psicobiografiche del suicidio: Pavese, Salgari, Hemingway, Primo Levi e altri suicidi".
LA SCHEDA (a cura degli organizzatori) - La psicobiografia rappresenta un'area di studi psicologici relativamente recente, derivata dagli ormai classici contributi freudiani su Leonardo, Ibsen, Shakespeare e Dostoevskij e sviluppata con grande rigore metodologico negli Usa grazie ai lavori di William M.Runyan (Life Histories and Psychobiography, 1984), Alan C. Elms (Uncovering Lives, 1994) e, specialmente da William T.Schultz, che ha curato un vero e proprio manuale di Psicobiografia (Handbook of Psychobiography, 2005) che si propone di rispondere alla domanda cruciale: "Where's the person in personality research?". Già: che fine ha fatto la persona nelle ricerche sulla personalità? La questione appare centrale dal momento che in più di un secolo innumerevoli ricerche sulla personalità hanno analizzato nel dettaglio molte delle variabili connesse a questo grande campo, raccogliendo una grande quantità di dati empirici ma perdendo di vista la necessità di spiegare compiutamente come i comportamenti dell'individuo si collocano nel quadro più ampio della storia personale.
In particolare, i comportamenti di tipo suicidario appaiono spesso inspiegabili nelle loro radici psicologiche individuali, come dimostrato dalla difficoltà di analizzare e studiare - spesso 'post hoc' - il determinismo e le motivazioni della scelta più drammatica nella vita delle persone: perché continuare a vivere?
In particolare la vita degli artisti appare di sovente segnata, e spesso interrotta, dal suicidio, come già fu segnalato dai Wittkower in 'Nati sotto Saturno' nel capitolo sul suicidio dei pittori dei secoli passati.
Che cosa ha impedito dunque a Cesare Pavese, fresco vincitore di prestigiosi premi letterari e all'apogeo della sua opera letteraria, di proseguire a scrivere altri capolavori, fermando le lancette del suo orologio a soli 41 anni, in una torrida notte di agosto del 1950 nella anonima stanza n°24 dell'Hotel Roma di Torino? Come mai le tante fantastiche storie di pirati malesi e corsari della Filibusta hanno finito per ispirare ad Emilio Salgari il crudele atto di tagliarsi la gola, in un fosso presso la sua casa, lasciando due lettere, una consolatoria ai familiari ed una accusatoria ai suoi editori? Quale destino tragico ha condotto Ernest Hemingway, da tempo sofferente e malato, a usare su se stesso il fucile delle sue gesta venatorie in tutti i continenti, nella sua personale 'Morte nel Pomeriggio' in cui fu contemporaneamente toro e torero, in una sorta di 'rito di sangue', barbaro come le corride da lui così amate? Come è successo che Primo Levi sia precipitato nella tromba delle scale dopo aver ritirato la posta in un giorno apparentemente qualunque della sua vita, dopo aver affrontato e poi raccontato l'orrore del campo di concentramento?
Le risposte, se mai decifrabili, sono evidentemente racchiuse nelle loro vite, nel radicarsi nella loro personalità di un complesso di fattori di vulnerabilità psicologica, nel dispiegarsi di meccanismi depressivi nella loro parabola amorosa, familiare, sociale, storica, e di cui si possono ritrovare tracce nei loro scritti, nelle opere, quelle sì, immortali. E queste risposte possono insegnarci qualcosa di fondamentale nello studio, nella comprensione, nella prevenzione e nella cura di quel terribile e quotidiano enigma che ha un nome crudele: suicidio.
Senza fare troppi pettegolezzi, come sta scritto nelle ultime parole vergate nervosamente, in quella notte d'agosto, da Pavese sulle prime pagine di un suo grande libro, i "Dialoghi con Leucò", trovato sul comodino della sua ultima camera d'albergo.