Intervento del Sindaco alla Conferenza di Ateneo
27-09-2000 / Giorno per giorno
L'ateneo ferrarese oggi si è interrogato sul proprio futuro. La riforma dell'Università ormai è una realtà con la nuova legge che definisce l'autonomia universitaria. Dove si collocherà l'ateneo ferrarese e quali saran-no le strategie per il futuro è stato l'interrogativo della giornata alla conferen-za di ateneo presenti tutti i docenti, i rappresentanti delle istituzioni e il sinda-co Gaetano Sateriale. Per Patrizio Bianchi, che ha chiuso i lavori della confe-renza, il futuro dovrà vedere l'ateneo inserito a pieno titolo nel cuore della comunità scientifica internazionale e nello stesso tempo radicato nel territorio fino ad identificarsi con la città. "Il nostro campus è una città rinascimentale", ha rivendicato Bianchi. Dunque no ad una università di massa, né ad una multinicchia. L'intervento del sindaco Sateriale non è stato né di rito né formale, ma è an-dato al cuore del problema su quale università la città vorrebbe avere. Sateriale ha affrontato alcuni nodi del rapporto con l'università avanzando al-cune proposte concrete di collaborazione all'ateneo dal polo ospedaliero di Cona, al ruolo della facoltà di architettura nella riqualificazione urbana, a quello della facoltà di lettere nella ricerca sulla storia della città. "Mi piacerebbe provare a scuotere l'albero - ha esordito Sateriale - sapendo che è un albero pluricentenario che continua a riprodursi e a produrre foglie nuove, ma che tuttavia come gli alberi grossi, antichi, soffre di una intrinseca fragilità. Deve essere curato, deve essere forse potato perché sia in grado di riprodursi in maniera efficace. Con molta modestia vorrei mettere un po' le mani in pasta". Sateriale ha affrontato il tema della competitività dell'università nella globaliz-zazione dove "non ci sono rendite di posizione che tengano". "Il massimo del sapere scientifico e letterario sta certamente nell'università, - ha sottolineato Sateriale - questo non è in discussione. Ciò che vorrei fosse in discussione è quanto ne esce di questo sapere, quanto se ne riproduce. Semplificando, dico ben venuta finalmente questa riorganizzazione questa riforma dell'università. Prima o poi nella globalizzazione le rendite di posizio-ne finiscono, i monopoli finiscono, prima o poi anche gli equilibri si esauri-scono. Voi siete di fronte a questo tipo di sfida: il fatto che cresce con l'autonomia la competitività, che niente è garantito. Chi punta ad autoripro-dursi è fuori gioco, chi si chiude nella contemplazione dell'oro depositato è fuori gioco perché si svaluta. L'altra cosa è che la sfida in questo campo sta sulla qualità, è lì che si vince o si perde. Naturalmente si può decidere di produrre delle vecchie Bugatti per quei dieci clienti miliardari. Si può fare, ma non c'è dubbio che il sistema organizzativo per fare questo è una piccola of-ficina, non c'è bisogno di avere una grande impresa. Ci spiegano gli esperti che la sfida si vince quanto più si riesce a stabilire, in termini di qualità, un rapporto con il mercato, quanto più si ha intorno a sé un ambiente che favorisce questa scelta. Spetta voi decidere quali saranno gli aspetti organizzativi. A me interessa dire: guardate che intorno a voi ci sono delle istituzioni pub-bliche, ci sono dei soggetti economici privati che hanno delle esigenze, che hanno delle idee e che vorrebbero confrontarsi e confrontarle con voi. I rap-porti tra città università sono buoni. L'Università ha una buona immagine a li-vello nazionale, come città siamo considerati a primi posti come qualità della vita. Abbiamo un atteggiamento reciproco alla soluzione dei problemi, non ci si incontra per motivi formali, ma per risolvere dei problemi. Tuttavia io ho la sensazione che noi ci siamo un po' abituati ad una relazione di buon vicinato, siamo come die famiglie molto numerose che confinano, hanno dei problemi ogni tanto, qualche litigio da risolvere, ma che decidono separatamente le proprie strategie e le proprie competenze. Buoni vicini, che però quando ci sono da fare le scelte importanti le fanno nel chiuso delle loro singole case. Le fanno per sé , tenendo chiuso quel patrimonio di sapere che ciascuno ha. Lo fanno quindi, valorizzando poco il loro tesoro. Tuttavia credo che mantenere questa relazione, seppur importante, sia stare un po' al di sotto di quella sfida di cui parlavo. La proposta che vorrei farvi è di mescolare le nostre strategie, di scambiarcele e di confrontarci sui progetti prima che vengano realizzati piuttosto che non sulle iniziative che abbiamo già messo nei nostri calendari. Noi non abbiamo nessuna esigenza di avere una università schiacciata sul territorio, non vogliamo una università della provincia di Ferrara. Noi conside-riamo l'università come una delle più grandi porte aperte sull'Europa e sul mondo, vorremmo decidere insieme cosa far passare dalla porta. Se devo usare uno slogan direi: attenzione, è giusto il concetto del sapere fare, del sapere teorico e del laboratorio. Il territorio è il più grande laboratorio esi-stente per l'università. Noi siamo insieme un grande committente e un gran-de laboratorio a vostra disposizione. Vi sollecitiamo a verificare le ricchezze e a confrontarci su quali esperimenti fare". "Vorrei fare qualche esempio - ha continuato il sindaco - di cosa significa a mio parere partire dai progetti. Ad esempio la sanità. Lo sanno tutti noi siamo registi, forse prigionieri, di un progetto di una riorganizzazione complessiva della sanità ferrarese che coinvolge tante strutture, ma soprattutto il nostro ospedale e quindi la facoltà di medicina. Questo progetto ha il suo simbolo forte nel nuovo polo ospedaliero integrato di Cona. Noi ci stiamo arrivando separatamente, non convinti, ciascuno mantenendo una specie di uscita di sicurezza per sé. Se non ci sarà il polo di Cona il declino negativo della fa-coltà di medicina sarà inevitabile. E così chiaro lo scenario. Noi abbiamo l'occasione straordinaria di qualificazione, sia del servizio che della facoltà con la costruzione del nuovo polo. Noi potremmo tornare attrattivi di compe-tenze, di professionalità a tutti i livelli che sono necessarie per un'assistenza sanitaria ospedaliera all'altezza dei bisogni e che sono un volano fonda-mentale per far crescere la facoltà universitaria. Perché non ci lavoriamo in-sieme in maniera più convinta? Perché non la costruiamo insieme questa oc-casione di crescita reciproca? Per noi, per voi, per i cittadini. E' sbagliato porsi subito il problema delle risorse: non ne abbiamo tante e quindi non fac-ciamo il passo più lunga della gamba. Le risorse si trovano se si hanno dei progetti e se quei progetti sono forti per essere sostenuti da un territorio coeso. Se puntiamo in alto le risorse si trovano. Se invece viviamo alla gior-nata le risorse si fa più fatica a trovarle perché nessuno è interessato ad in-tervenire investendo per l'ammodernamento di un reparto decrepito del no-stro ospedale, e nessuno è particolarmente interessato a venire ad aggiun-gere un insegnamento in una delle decine di facoltà di medicina di questo paese. Invece, io credo che la prosecuzione di questo polo integrato, unico nel panorama nazionale, potrebbe reperire risorse professionali e economi-che". "Un secondo esempio di cosa vuol dire partire dal progetto lo farei sulla fa-coltà di architettura. Noi abbiamo un'idea di portare la qualificazione della città oltre il restauro del centro storico, Attività su cui si è lavorato bene negli ultimi anni. Crediamo invece che si debba intervenire sulle periferie, piuttosto brutte anche in una bella città come la nostra. Brutte perché disordinate, per-ché non costruite secondo una ratio che le lega. E intervenire su quelle fra-zioni che ospitano gran parte della popolazione un po' distanti dal centro sto-rico che hanno una qualità della vita che non è confrontabile. Per far questo dobbiamo essere in grado di progettare il nuovo. Questo è molto difficile per noi, ed è molto difficile per voi. Eppure qui dobbiamo lavorare assieme. Poi lo regoliamo come creare un collegamento: stage, passaggi post-laurea, pas-saggi tra il primo biennio e il secondo, come preferite. Qui c'è un terreno enorme di scambio, di comunicazione, di integrazione culturale e progettuale. Poi credo che la facoltà di architettura ci dovrebbe aiutare a costruire senza fare errori. Forse questa città si merita un prorettore all'edilizia universitaria, perché l'università ha ereditato i più bei palazzi rinascimentali della città, li sta usando bene, li sta valorizzando. Nello stesso tempo quando l'università co-struisce il nuovo lo fa in maniera coerente con quel livello di qualità. E' abba-stanza noto quello che si sta costruendo intorno alla facoltà di ingegneria che è una bruttura che era meglio se ci risparmiavamo. Capisco la sua utilità per la facoltà in campo scientifico e tecnologico, ma non riesco ad accettare quella qualità piuttosto basse di costruzione che impedisce a chi passa di vedere uno dei rarissimi casi di archeologia industriale. Pro futuro sarebbe bene fare degli investimenti che ci garantiscano". "Facoltà di lettere. Noi abbiamo tante idee. In qualche misura si potrebbe celebrare e ricostruire la vita della corte estense tra '400 e '500. Nel 2002 ri-corrono i 500 anni da quando Lucrezia Borgia mise i piedi sullo scalone di quello che è oggi il Municipio. Cosa abbia rappresentato Lucrezia Borgia è noto a tutti. Credo che sarebbe un'occasione sprecata se la città non appro-fittasse di quella ricorrenza, non per fare il palio straordinario del 2002, ma per ricostruire dal punto di vista storico, geografico, culturale, amministrativo, religioso quello che è un momento culminante della vita del potere, del ruolo del ducato estense. Se non ci sta la facoltà di lettere questo progetto è desti-nato a diventare ben poca cosa. Io mi attendo molta collaborazione. Ancora: scienze, ingegneria. La tutela del territorio. Siamo alle prese con problemi affascinanti e difficili. I servizi pubblici che un tempo erano l'acqua, la luce oggi sono le fibre ottiche, i portali locali tutte cose, lo dico senza timo-re, in cui siamo poveri dentro le amministrazioni, dentro le istituzioni in quanto a capacità di conoscenza e di realizzazione. Credo che su questo ci si debba attendere almeno un confronto progettuale". "Io credo che nel campo della divulgazione scientifica l'università qualcosa deve fare. Noi ci siamo inventati una cosa che si chiama "Ferrara Scienze". Io mi chiedo: ma tocca a noi? Ma credo che il tema della divulgazione del sapere l'università la deve fare. Se non ci dividiamo sui progetti riusciamo in-sieme a far crescere la ricchezza del territorio".