Comune di Ferrara

martedì, 29 luglio 2025.

Dove sei: Homepage > Lista notizie > "L'eccidio del Castello, spartiacque decisivo nella lotta al fascismo"

"L'eccidio del Castello, spartiacque decisivo nella lotta al fascismo"

13-11-2003 / Giorno per giorno

"L'eccidio del Castello ha segnato uno spartiacque decisivo nella storia della nostra città e dell'Italia contemporanea: da un lato, rappresenta forse, con l'eccidio del Doro, il punto più alto della brutalità e della violenza fascista a Ferrara; dall'altro, è il confine temporale e simbolico oltre il quale la Resistenza intensifica le proprie iniziative fino alla riconquista e alla liberazione del Paese dal fascismo. Altro che il regime bonario che mandava gli oppositori in vacanza al confino, secondo l'immagine che l'ignoranza e la strumentalità di qualcuno vorrebbe oggi propagandare". Il sindaco Gaetano Sateriale ha rivolto queste parole ai tanti, in particolare studenti, che in mattinata gremivano la platea e i primi tre ordini di palchi del teatro Comunale per le celebrazioni del sessantesimo anniversario. A Ferrara fra il novembre del '43 e l'aprile del '45 sono state 214 le azioni di resistenza e 407 del vittime del fascismo, "un contributo che è valso alla nostra città la medaglia d'argento alla Resistenza e l'alto patrocinio del Presidente della Repubblica a questa celebrazione - ha sottolineato il sindaco -. Il grido 'assassini' rivolto dal magistrato Pasquale Colagrande ai propri carnefici, resta l'inappellabile sentenza che condanna il regime. I nostri martiri - ha aggiunto Sateriale - presidiano ancora oggi da protagonisti i valori e i diritti di cittadinanza del presente: per questo è così importante la presenza di tanti giovani qui. Le pagine di Giorgio Bassani, le immagini di Florestano Vancini hanno dato risalto internazionale a quegli eventi e un contributo a serbarne la memoria, l'esercizio della quale non è solo un dovere, ma un elemento fondante della nostra visione del mondo odierno". Sul palco del teatro, accanto al sindaco Sateriale, erano presenti il presidente della Provincia Pier Giorgio Dall'Acqua, il dirigente dell'Ufficio scolastico provinciale Vincenzo Viglione, il presidente dell'Associazioni nazionale deportati politici Gianfranco Maris e il presidente della Consulta provinciale degli studenti Diego Ferrari. Ha presieduto la celebrazione il presidente dell'Associazione nazionale partigiani italiani Radames Costa. Dietro di loro i labari del Comune, della Provincia, dell'istituto per geometri Aleotti, dell'Ipsia, dell'associazione mutilati di guerra, del comitato reduci della guerra di liberazione delle forze armate. In mattinata le autorità hanno reso omaggio alle lapidi che ricordano i martiri del 15 novembre 1943 e si sono recate alla torre del Vittoria per deporre le corone ai caduti. Nel pomeriggio alle 15 è prevista una cerimonia al tempio ebraico di via Mazzini. TESTO DEL DISCORSO DEL SINDACO GAETANO SATERIALE 13 novembre 2003 - teatro Comunale di Ferrara Sessantesimo anniversario dell'eccidio del Castello L'Eccidio del Castello di cui oggi commemoriamo il sessantesimo anniversario ha segnato uno spartiacque decisivo nella storia della nostra città e dell'Italia contemporanea: da un lato, rappresenta forse, con l'eccidio del Doro, il punto più alto della brutalità e della violenza fascista a Ferrara; dall'altro, è il confine temporale e simbolico oltre il quale la Resistenza intensifica le proprie iniziative fino alla riconquista e alla liberazione del paese dal fascismo. Altro che il regime bonario che mandava gli oppositori in vacanza che l'ignoranza e la strumentaliuta' di qualcuno vorrebbe oggi propagandare. Il 25 luglio del 43, con la deposizione e poi con l'arresto di Mussolini, il paese aveva ricominciato a sperare: nella fine della guerra, nella riconquista della libertà e di una vita migliore. Si crede di avere ormai chiuso con il fascismo: con le sue sanguinose repressioni, con l'odio razziale e le divisioni del paese. Tanto che proprio Pasquale Colagrande, il magistrato che finirà ucciso in novembre davanti al Castello, nei giorni successivi alla caduta di Mussolini, si reca dal direttore delle carceri ferraresi con l'ordine per il rilascio dei prigionieri politici che vie erano detenuti. Sono mesi di incertezza e di speranza. Ma l'armistizio dell'8 settembre, con l'ingloriosa fuga di Badoglio e della famiglia reale, precipita il paese nel caos. In settembre, con la costituzione della Repubblica di Salò, il fascismo inizia a scrivere l'ultima e la più feroce delle sue pagine, al seguito dell'esercito tedesco che è di fatto una forza di occupazione e di oppressione violenta e disumana. I diciotto mesi che vanno dal novembre del '43 all'aprile del '45 registreranno nella nostra provincia 214 azioni della Resistenza, dalla distribuzione di volantini ai sabotaggi di linee ferroviarie fino agli scontri a fuoco, e 407 caduti vittime del fascismo, che hanno conquistato alla nostra città la Medaglia d'argento della Resistenza. E che ancora oggi, a sessant'anni di distanza, permettono a Ferrara di svolgere queste celebrazioni sotto l'alto patronato del Presidente della Repubblica Ciampi. I fatti che oggi ricordiamo, ancorché siano stati spesso dibattuti, sono noti agli storici e tramandati a tutti dalla grande letteratura e dal grande cinema del 900. All' alba del 14 novembre, viene ucciso tra Ferrara e Cento il federale Ghisellini: anche i primi rapporti di polizia indicano che c'è qualcosa di strano, che il federale sembra essere stato ucciso da qualcuno che conosceva, alle spalle, forse dall'interno della vettura. Che forse l'assassinio si è consumato dall 'interno del mondo e del partito fascista. L'indomani, da Verona dove erano riuniti a congresso, i fascisti calano a Ferrara per organizzare la rappresaglia. Compilano una lista di oltre 50 "traditori", compiono rastrellamenti, iniziano a fucilare. L'ingegner Savonuzzi e il ragionier Arturo Torboli, sulle mura nei pressi dei rampari di S.Giorgio. Cinzio Belletti, un operaio delle ferrovie, in via Boldini. Emilio Arlotti, ex senatore fascista che non aveva aderito a Salò, Mario e Vittore Hanau, commercianti, Giulio Piazzi, avvocato, Ugo Teglio, avvocato, Arturo Vita Finzi, rappresentante di commercio, Mario Zanatta, avvocato, ed il magistrato Pasquale Colagrande che muore gridando "assassini" ai propri carnefici, davanti al muro del Castello. Emettendo quella civile ma inappellabile sentenza che commosse un poeta dei nostri tempi. Qualcuno di loro e' socialista, altri estraneo alla politica, qualcuno aderente al Partito d'Azione, qualcuno viene ucciso perche' e', semplicemente, ebreo. Gente normale, che ha il difetto di coltivare una propria idea di libertà. Come ha detto Piero Calamandrei commemorandoli nel 1950, "bastava quella notte essere onesti, per essere esposti alla cieca furia di quelle belve". Hanno rilevato gli storici che non c'è tra le vittime dell'eccidio nessun aderente al Partito Comunista, che al regime si era ininterrottamente opposto, e che gli squadristi accusavano dell'omicidio del federale. Forse è gia' vero che il fascismo repubblichino individuava anche nella borghesia un nemico, un avversario. Che voleva consumare una vendetta verso quelle forze che avevano voluto allontanarsi e farla finita con un regime che aveva portato tanti lutti e disastri all'Italia. Ma è proprio la normalità di queste vittime che ci riporta a due tratti fondamentali della Resistenza italiana: il suo essere costituita da un ventaglio ampio di forze e di orientamenti politici; ed il suo essere, quasi come conseguenza, diffusa nella società, e non patrimonio esclusivo di qualche gruppo armato, Alla liberazione di Parigi, le colonne che entravano in città dall'arco di Passigny trovarono quattro manifesti di quattro organizzazioni nazionali diverse della Resistenza francese: nel nostro paese, era un unico organismo, il Comitato di Liberazione Nazionale, a riconquistare le citta' ed accogliervi le truppe alleate. Ricorda Giorgio Amendola, nella sua commemorazione dell'Eccidio del 1955, che proprio a Ferrara era venuto, nel maggio del 43 e poi nel luglio del '44, per partecipare a trattative unitarie per la formazione di un Fronte Nazionale Antifascista con tutti i partiti che in seguito diedero vita al CNL. E che le riunioni unitarie di Ferrara furono esempi da imitare portati da lui e dagli altri dirigenti anche ai gruppi di Milano e di Roma. E' da questa unità di intenti che nasce l'Assemblea Costituente: i partiti -non a caso definiti in seguito dell'arco costituzionale- che nella Costituzione "traducono" in legge i valori fondanti che la Resistenza aveva affermato. Valori antitetici alle parole d'ordine deliranti per cui il fascismo aveva negato la libertà, emanato leggi razziali, intrapreso una guerra sanguinosa, assecondato la furia nazista. Dice Vittorio Foa: "eravamo diversi, litigavamo la mattina in Parlamento, ma la sera ci trovavamo uniti a scrivere il testo costituzionale". Mi sono soffermato su questi aspetti perché credo che nei morti dell'eccidio del '43 a Ferrara continui ad esserci un tratto politico forte, su cui vale la pena di ragionare e meditare. Dice Ferruccio Parri, commemorandoli nel 1961, "…..Colagrande, Teglio e Zanatta e gli altri si trovano ……cadono sul Castello Estense e sano perché; sanno perche!". Io credo che una consapevolezza analoga, anche in tempi così mutati, noi continuiamo ad averla, e che la condividiamo con la gran parte dei cittadini ferraresi e degli italiani. Anche noi continuiamo a "sapere perche'". Le pagine di Giorgio Bassani e il film che Florestano Vancini ne ha tratto hanno contribuito a dare a questo evento una risonanza piu' che nazionale, a tenere vive nella nostra memoria le immagini di quella notte. La ricerca degli storici e le testimonianze degli antifascisti hanno arricchito di documenti e ricordi, di ricostruzioni e spiegazioni la brutalità di quegli eventi. Credo che l'esercizio della memoria non sia semplicemente un atto doveroso, un obbligo formale; credo rappresenti un elemento fondante della nostra visione del mondo odierno, della cultura che fa di ciascuno di noi un cittadino pieno: italiano, europeo, e di questa città. Ricordare, celebrare significa rivitalizzare quei valori e chiamare di nuovo a testimoni i nostri martiri. Il ricco calendario di eventi che si snoda per tutta questa settimana, fatto di momenti commemorativi concerti, film, mostre, presentazione di libri, è stato realizzato, col patrocinio di Comune e Provincia, da molte istituzioni scolastiche e culturali della nostra città -impossibile citarle tutte- e dalle Associazioni Partigiane, ANPI e APC, che per questo ringrazio: tengo a sottolineare che proprio questa pluralità di contributi è il segno di un città che si esprime, che partecipa, che non si rinchiude in se stessa e non dimentica il legame unitario. Mi fa piacere, quasi alla fine di questo 2003 che il Comune di Ferrara ha dedicato ai giovani realizzando tante iniziative, riprendere con gli studenti delle superiori questi temi. Abbiamo redatto a Ferrara una Carta europea dei giovani, che si articola attorno a quattro parole d'ordine, a 4 diritti: partecipazione, tempo libero, identità europea, formazione. E' la democrazia che ha vinto nel '45 in Europa a rendere possibili l'esercizio di questi diritti, a permetterci di ragionare coi ragazzi di altre nazioni, a rivendicarli. E' la pace tra le nazioni europee che hanno conquistato e mantenuto gli uomini e le donne di un'altra generazione, anche sacrificando la propria vita, a permetterci di ripudiare la guerra fin dall'articolo 11 della Carta Costituente. Per questo, soprattutto, i morti dell'eccidio del Castello vanno ricordati: perche' segnano idealmente il punto da cui la pace, la democrazia e le sue istituzioni sono tornate a vivere nel paese; i martiri della liberta' presidiano ancora oggi, da protagonisti, assieme alle altre vittime di quella stagione, i valori e i diritti di cittadinanza del nostro presente. Questo splendido teatro, la vostra presenza, dimostrano che il loro sacrificio non fu vano.