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Collezione di antichi e rari libri spagnoli. Mostra all'Ariostea

29-06-2004 / Giorno per giorno

Un centinaio fra volumi stampati, manoscritti e documenti di archivio, quasi tutti pezzi rarissimi, sono il contenuto della mostra dedicata alla letteratura e cultura spagnola tra il '500 e il '700 che verrà inaugurata giovedì 1 luglio alle 17.30 nelle sale di Palazzo Paradiso (via delle Scienze 17), sede della biblioteca civica Ariostea. Titolo della rassegna libraria e documentaria "Con pochi ma assai dotti libri accanto. Libri spagnoli alla biblioteca Ariostea", curata da Alessandra Farinelli dell'Ariostea e da Giuseppe Mazzocchi, docente dell'Università di Ferrara che insieme a uno staff di collaboratori, stà portando avanti un importante lavoro di ricerca e catalogazione del ricco "fondo bibliografico spagnolo" posseduto dalla biblioteca comunale. Nel corso dell'inaugurazione pubblica della mostra, che rimarrà aperta fino al 6 novembre e potrà essere visitata anche dalle scuole (visite guidate su prenotazione), i due curatori tracceranno nel dettaglio il percorso storico - letterario del fondo spagnolo che vede Ferrara fra le più importanti città italiane che ne conservano ampia traccia attraverso testimonianze di grande pregio. In ottobre è inoltre in programma una giornata di studio sul libro antico spagnolo, una occasione di aggiornamento e approfondimento anche professionale di ricercatori, di studiosi e di addetti ai lavori. Per informazioni e prenotazioni visite guidate: telefono 0532-418.200 oppure 226, e-mail "info.ariostea@comune.fe.it". L'orario estivo di apertura (l'ingresso è libero) è dalle 9 alle 13 solo dei giorni feriali. LE SCHEDE (a cura degli organizzatori della mostra) Quando fatti e misfatti accademici spostano un ispanista di sede in sede, la sua curiosità è inevitabilmente attratta dai tesori ispanici, spesso trascurati o mal noti, che conservano le biblioteche storiche delle città frequentate. Ecco, allora, le due mostre Un'idea di Spagna. Cinquecentine di interesse iberistico della Biblioteca Universitaria di Pavia (1997) e Seicento nostro e loro. Edizioni di interesse iberistico dela Biblioteca Universitaria (2000); ecco ancora la Mostra di antiche edizioni di interesse iberistico in biblioteche di Vercelli (secoli XVI-XVII) (1999). Ed ora, tocca a Ferrara. Il rilevante patrimonio antico di interesse iberistico della Biblioteca Ariostea ha già richiamato l'attenzione degli studiosi, anche se non si dispone ancora di un catalogo completo. In particolare, la ricchezza di certi fondi (penso in particolare a quelli teatrali), l'abbondanza inusitata (per le dimensioni della biblioteca) di testi letterari, i legami forti tra la biblioteca e la storia della città, non hanno potuto lasciare indifferenti gli specialisti. Lo studio e la catalogazione globali del materiale di interesse iberistico della biblioteca procede e porterà (mi auguro in tempi brevi) a due cataloghi: uno dei libri dei secoli XVI e XVII, e l'altro di quelli settecenteschi. In questo modo anche l'Ariostea entrerà a far parte - e non sarà una voce secondaria- della mappatura relativa al materiale librario di interesse iberistico conservato nelle biblioteche italiane. Intanto, è sembrato importante anticipare i primi risultati di questa esplorazione con una mostra, che offra a ferraresi e visitatori della città un percorso non dei più ovvi. L'itinerario proposto è in primo luogo tematico. Attraverso le sezioni intitolate Cose (con i libri di carattere scientifico), Vecchi e nuovi mondi, Re e Legge, Parole (con testi di carattere linguistico e letterario), Con Dio parlo spagnolo (che include opere di religione e spiritualità), si è voluto documentare il multiforme influsso che la cultura spagnola ha esercitato nell'Italia settentrionale lungo i secoli XVI e XVII. Si tratta di una presenza accettata dalla storiografia come fatto ovvio per il Sud, ma minimizzata per il Nord, sino al cliché negativo, tale da rasentare la caricatura, dei Promessi Sposi. I libri che l'Ariostea conserva rivelano un momento culturale di profilo non molto diverso da quello di altre realtà settentrionali, anche sottoposte direttamente alla Spagna (penso al Milanesado), e documentano una molteplicità di settori anche inaspettati (la medicina e le scienze in particolare), poco rispondenti all'immagine di una Spagna assolutista in politica e oscurantista in religione. D'altro canto, emergono la pluralità delle lingue (il latino è naturalmente dominante per i trattati teologici e giuridici; e l'abbondanza di traduzioni in italiano dimostra che la conoscenza dello spagnolo non eguagliò mai quello suscitato da ogni manifestazione culturale spagnola), e una dialettica sottile tra cultura italiana e spagnola. Ma non mancano gli spunti di riflessione locale (si pensi solo alla Bibbia di Ferrara, splendido segno dell'attività tipografica che per qualche decennio i sefarditi di Ferrara riuscirono a svolgere ); mentre le note di possesso, che rimandano a singoli lettori o biblioteche conventuali cittadine, dimostrano quanto sia necessario il lavoro di scavo archeologico della biblioteca come giacimento di rilievo storico. Una sezione finale (Una Spagna diversa) raccoglie edizioni settecentesche, e vuole documentare i tempi nuovi che corrono per la cultura spagnola, anche in Italia. Nel secolo dell'Enciclopedia, il pregiudizio antispagnolo ("Cosa dobbiamo alla Spagna?") è consumato, la leggenda nera si va conformando, e la distanza tra Spagna e Europa sembra ormai segnata, e destinata a permanere per un paio di secoli almeno. Eppure… la teologia spagnola continua ad essere stampata (ed eserciterà un influsso enorme in tutti i paesi cattolici, fino al Concilio Vaticano II), i letterati spagnoli si adeguano alla nuova estetica, e dallo sforzo apologetico di difesa della propria cultura (opera soprattutto dei gesuiti) nasce uno dei più interessanti tentativi di storicizzazione nazionale della letteratura. Ferrara, residenza di molti dei gesuiti espulsi dalla Spagna nel 1767, diventa infatti protagonista, come dimostrano le numerose edizioni locali. Su due aspetti vorrei richiamare l'attenzione. Innanzi tutto, la pluralità dei luoghi di stampa: edizioni spagnole, numerosissime veneziane, libri fiamminghi (le Fiandre cattoliche furono un importantissimo centro di produzione di testi in spagnolo) accanto ad altri di Lione (che riveste un ruolo essenziale, specie per l'editoria gesuitica), stanno ad illustrare le antiche rotte commerciali dei libri. Questi, per altro, già nelle loro caratteristiche esterne (il formato in particolare, ma anche la lingua) rivelano con nettezza i loro destinatari. Entro quell'ambito affascinante di ricerca che è la storia della lettura, resta molto da fare per lo specifico orizzonte di lettura dei libri esposti, come le schede di questo catalogo non mancano di suggerire. Ai 91 pezzi a stampa, si mescolano sette codici di tema ispanico appartenenti alla Biblioteca e vergati nei secoli XVII e XVIII. Al di là dell'interesse che rivestono per il loro contenuto (in particolare l'antigesuitismo settecentesco, questione di rilievo a Ferrara già prima della soppressione dell'ordine nel 1773), essi ci mostrano un'evidenza che spesso dimenticano gli entusiasti sostenitori della tesi un po' meccanica della stampa come fattore di cambiamento (ancora per il manoscritto rimane, accanto al libro a stampa, uno strumento di trasmissione testuale molto usato) (Giuseppe Mazzocchi) La descrizione dei volumi esposti segue i criteri fissati per il censimento nazionale delle cinquecentine italiane (EDIT). Ce ne discostiamo quasi solo per i due seguenti aspetti: a) l'introduzione nel corpo della scheda dell'indicazione d'autore, così come essa compare sul frontespizio, completa dei titoli e degli elementi utili all'individuazione dell'autore; b) l'indicazione delle c. o p. bianche di inizio o fine fascicolo (si omette solo quella della singola p. bianca finale dell'ultimo fascicolo la cui esistenza si desume immediatamente). Descrizione dei volumi e redazione delle schede illustrative: Chiara Bonfatti: 7, 10-13, 17, 27, 31, 40-42, 45-46, 56-58, 61-65, 67-72, 75. Andrea Bresadola: 2-3, 8-9, 18, 21, 26, 29-30, 35-36, 39, 43-44, 49-52, 78-79, 81-91. Giuseppe Mazzocchi: 76-77. Olga Perotti: 1, 4-6, 14-16, 19-20, 22-25, 28, 32-34, 37-38, 47-48, 53-55, 59-60, 66, 73-74, 80. Le schede dei codici sono a cura di Mirna Bonazza. Formazione del ricco patrimonio di interesse ispanistico della Biblioteca Ariostea di Ferrara La biblioteca pubblica di Ferrara, nei suoi 250 anni di vita, ha collezionato degli insiemi librari e documentari, entrati nel suo patrimonio per impegno politico, per acquisti mirati, per acquisizione di biblioteche private, per incameramenti di biblioteche monastiche o di ordini religiosi soppressi. Un percorso generale è già stato tracciato nel trascorso 2003, anno in cui cadeva il genetliaco della istituzione, inaugurata nel 1753, erede degli ideali del secolo dei lumi. Ora, con approfondimenti successivi, si cerca di offrire informazione al pubblico più vasto in merito a quelle raccolte che sono quasi esclusivamente materia di indagine e di richieste disciplinari da parte di studiosi specialisti. La conoscenza di ciò che nella biblioteca è conservato e custodito (e valorizzato) può facilitare l'utente ad orientarsi e, al tempo stesso, a percepire l'istituto come lo specchio di un mondo culturale soggetto ad una evoluzione che, a propria volta condiziona, la formazione del complesso librario e documentario. Oggi, sia gli stranieri presenti nella nostra città, sia quanti studiano le lingue europee e orientali per interesse e passione, possono riconoscersi nella sedimentazione dell'antico a fianco del moderno; in questo senso è opportuno offrire uno strumento di conoscenza, inteso come servizio, per suscitare curiosità che possano essere soddisfatte. Il primo atto del Maestrato dei Savi, che deliberava l'istituzione della biblioteca pubblica a fianco dell'Università, risale al 1729. Nel decennio 1736-1747, si inizia in modo concreto a dare corpo alla dotazione libraria, giunta a un buon grado di maturazione nel 1750 con un patrimonio di circa 10.000 libri, tanto che nel successivo 1753 venne inaugurata in forma solenne. La cultura del secolo precedente, per la quale non avrebbe potuto esistere formazione completa priva della conoscenza delle opere spagnole, e l'ambiente stesso ferrarese, che accoglieva numerosi gesuiti spagnoli e portoghesi, cui era affidata l'educazione della gioventù, e due cattedre universitarie, determinano l'attenzione per le acquisizioni di autori in lingua spagnola o in traduzione o volgarizzati. I Savi stessi, educati secondo tali principi, promuovono l'acquisto sul mercato librario veneziano dell'opera di due autori spagnoli: il gesuita Giovanni Mariana e il carmelitano Eliseo Garcìa. Nel "Libro originale" compare l'informazione che i volumi erano i seguenti: di Garcìa Fr. Elisei, Carmelita strictioris observantia, Quaestiones theologicae morales, tomi II, Roma 1710, typis Georgi Plachii, e di Mariana Juan, Soc. Jesu, Historia de rebus Hispaniae, Lib. 30, cum Lib. 10 continuationis eiusdem Historia Josephi Emanuelis Marianae cum Iconibus Regnum, tom. 4, in voluminibus duobus, Age Comitum, apud Petrum de Hondi 1733. In folio magno. Fra i primi acquisti compiuti dalla pubblica amministrazione figura la libreria del Cardinale Cornelio Bentivoglio d'Aragona, giunta nel 1749 alla nascente biblioteca, con i suoi 8000 volumi e manoscritti, di grande pregio e rarità (la biblioteca non possiede tuttavia l'inventario). Ad ogni modo, il passaggio della biblioteca appartenuta a Cesare Turchi nel 1622, per divisione testamentaria, nella Bentivoglio, e grazie al catalogo del bibliotecario Vincenzo Angelini del 1760, è consentita qualche ipotesi. La biblioteca di Cesare Trotti, il cui inventario è stato pubblicato da Isabella Valenti, possedeva le opere di Amadis, Borgia, Butero, Mexia, Vega, Rafael Peregrini, Lopez de Gomara, Alfonso Ulloa, Cervantes, Luis de Granada, Augustin Raias, de la Casa, e altre ancora, oltre a una voce "Libri spagnoli", probabilmente in lingua spagnola: circa una quarantina di libri in un inventario dei 333 esemplari, elencati singolarmente e, fra questi, libri di commedie, di preghiere, di geografia, di storia, di poesia e narrativa. Poiché, salvo in rari casi, l'inventario non riporta il titolo dell'opera e non siamo in grado di stabilire con certezza se tali volumi corrispondano a quelli del Bentivoglio, riportati nel primo catalogo alfabetico della biblioteca. Altri esemplari in lingua spagnola entrano a seguito di donazioni librarie, come quella ad opera dell'Abate Carli o nel caso della Bibbia poliglotta di Benito Arias Montano. Potremmo dire che il catalogo di Vincenzo Angelini fotografa il patrimonio librario edito nell'anno 1760, sette anni dopo l'inaugurazione della biblioteca. Le opere in lingua spagnola, o di autore spagnolo, in lingua latina o tradotte in italiano, presenti nella Pubblica Libreria ferrarese sono 142, quasi tutte ancora rintracciabili a catalogo in Ariostea; ad esse, vanno aggiunte altre 12, registrate negli anni immediatamente successivi senza rispettare l'ordine alfabetico. Con le soppressioni, prima napoleoniche, poi unitarie, anche le librerie degli enti ecclesiastici entrano a far parte della biblioteca, secondo un criterio selettivo basato non solo sull'unicità o il pregio, ma soprattutto sull'idoneità dei singoli pezzi a completare serie esistenti o a sostituire esemplari mutili o in cattivo stato di conservazione. Da una breve e parziale corrispondenza fra il bibliotecario Don Gerolamo Baruffaldi e il convento dei Cappuccini del 1799, in merito ai libri ricevuti dalla biblioteca nel 1792, annotiamo che nella biblioteca conventuale erano presenti: una Storiografia della lingua portoghese, Lisbona 1736; Pereira, Vocabula Lusitana, Ebora 1711; Passarelli, Bellum Lusitanum, Lugduni 1648; Descrizione del Monastero dell'Escorial, Madrid 1698. Altre provenienze da complessi ecclesiastici sono esemplificate nelle schede per autore in questo catalogo, che comprende qualche noto esemplare di letteratura spagnola, come da San Giuseppe un Cervantes, da San Domenico un manuale di artiglieria, grammatiche e vocabolari. La soppressione dell'ordine dei Gesuiti del 1773 conobbe l'atto finale di liquidazione del vasto patrimonio in generale e in particolare delle due biblioteche (quella ad uso scolastico e quella dell'ordine) a partire dal 1864, sotto la direzione di Luigi Napoleone Cittadella. Gran parte di queste vennero vendute dal Comune al libraio Taddei a prezzo di stima, un'altra parte entrò a completare la raccolte della biblioteca cittadina. Il Fondo gesuitico, conservato nell'Archivio Storico comunale, è attualmente in fase di riordino e che comprende, al suo interno: un inventario generale in ordine alfabetico della biblioteca e un inventario quella del gesuita spagnolo Ignazio Martì (o Martini) suddivisa per scansie e per scaffali, dove è possibile rinvenire un numero consistente di volumi e opuscoli in lingua spagnola di argomento prevalentemente devozionale. Le acquisizioni della biblioteca proseguono fino ad oggi, con acquisti sul mercato antiquario. Un esempio importante fra gli altri, perché investe il fondo delle opere ariostesche in cui la Biblioteca Ariostea si è specializzata, è l'acquisto dell'edizione cinquecentina dell'Orlando Furioso di Ludovico Ariosto nella sua traduzione in spagnolo, effettuato sul mercato antiquario nel 1973. Si tratta di un'edizione assai rara, che segue la seconda edizione a stampa di Urrea del 1549 stampata dal medesimo tipografo, Mathias Bonhome, e quella di Martin Nuncio sempre del 1549. (Alessandra Farinelli Toselli)