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BIBLIOTECA ARIOSTEA - Ciclo ‘Italiani brava gente': incontro lunedì 19 maggio alle 17

Rileggere Vitaliano Brancati

16-05-2014 / Giorno per giorno

Sarà dedicato a Vitaliano Brancati e al suo romanzo ‘Paolo il caldo', il nuovo incontro del ciclo ‘Italiani brava gente - Rileggere i caratteri degli italiani' in programma lunedì 19 maggio alle 17 nella sala Agnelli della biblioteca Ariostea. L'appuntamento, aperto a tutti gli interessati, è promosso dall'Istituto Gramsci e dall'Istituto di Storia contemporanea di Ferrara, e sarà curato da Fulvio Bernabei, con il coordinamento di Roberto Cassoli.

 

LA SCHEDA (a cura degli organizzatori)
Fulvio Bernabei - Colonnello della Guardia di Finanza per anni in servizio a Ferrara e ora assegnato a Pordenone - parlerà di uno dei romanzi più significativi di Vitaliano Brancati.
"Brancati è lo scrittore italiano che meglio ha rappresentato le due commedie italiane, del fascismo e dell'erotismo in rapporto tra loro e come a specchio di un paese in cui il rispetto della vita privata e delle idee di ciascuno e di tutti, il senso della libertà individuale, sono assolutamente ignoti." (Leonardo Sciascia)
Paolo il caldo è un romanzo ambientato a Catania e a Roma a cavallo della seconda guerra mondiale e incentrato sulla tematica della passione alla quale si intreccia una lucida analisi del costume politico e culturale del dopoguerra.
La pubblicazione del romanzo, uscito nel 1955, un anno dopo la morte dell'autore, era stata autorizzata da Brancati in una nota scritta due giorni prima di morire, nella quale avvertiva che il libro era rimasto incompiuto degli ultimi due capitoli.
"Nel 1952, quando cominciò a scrivere Paolo il caldo, Brancati aveva 45 anni e almeno due romanzi di successo alle spalle, Don Giovanni in Sicilia e Il Bell'Antonio, ritratti al tempo stesso affettuosi e implacabili, fantasticamente divertiti e amaramente satirici dei luoghi - la Sicilia orientale, Catania - dove aveva trascorso infanzia, adolescenza e prima giovinezza. [...] Da un lato sembra che Brancati voglia strapparsi di dosso un'immagine che gli va ormai stretta, che si senta pronto e in qualche modo chiamato a esercitare la sua vena satirica anche su altri soggetti, su altri ambienti; dall'altro lo si direbbe assalito dall'indifferibile bisogno di capire cosa sta succedendo nella sua vita, di affrontare quei rischi dell'autobiografia che finora aveva tenuto a bada proiettandone con parsimonia alcuni frammenti nelle figure umoristiche distanziate dei suoi personaggi." (Giovanni Raboni)