CASTELLO ESTENSE - I festeggiamenti per il 150° anniversario dell'Unità d'Italia
Celebrazione congiunta dei Consigli comunale e provinciale di Ferrara
16-03-2011 / Giorno per giorno

Il presidente del Consiglio provinciale Leonardo Trombini e il presidente del Consiglio comunale di Ferrara Francesco Colaiacovo hanno aperto oggi (mercoledì 16 marzo alle 15), nella sala degli Stemmi del Castello Estense, la celebrazione congiunta dei Consigli provinciale e comunale organizzata in occasione del 150° anniversario dell'Unità d'Italia. E' quindi intervenuto il docente di Storia contemporanea dell'Università di Bologna Angelo Varni che ha illustrato la sua relazione sul tema "La continuità dei valori del Risorgimento". All'iniziativa erano presenti anche il sindaco Tiziano Tagliani e la presidente della provincia Marcella Zappaterra.
Nell'ambito dell'incontro il prefetto Provvidenza Raimondo e il regista Folco Quilici hanno consegnato i riconoscimenti ai giovani artisti ferraresi che hanno partecipato al concorso "Un'opera d'arte per il centocinquantesimo dell'Unità d'Italia". In apertura la Banda comunale 'Musi' ha eseguito l'Inno di Mameli.
(Nella foto il tavolo dei relatori: Leonardo Trombini, Angelo Varni, Francesco Colaiacovo e l'organizzatrice dell'iniziativa Anna Maria Quarzi).
Questi gli interventi dei presidenti delle due assemblee.
Intervento del presidente Leonardo Trombini
Mi è profondamente gradito, in questa occasione, porgere il saluto a tutte le autorità presenti - civili, militari e religiose - e in particolare a sua eccellenza il Prefetto, che tanto sta operando per il centocinquantesimo anniversario dell'Unità d'Italia.
Un saluto al prof. Angelo Varni, che ha accettato il nostro invito a parlare della continuità dei valori del Risorgimento, al regista Folco Quilici, che ci onora della sua presenza, agli assessori, ai consiglieri, ai giovani artisti che hanno partecipato al concorso: Un'opera d'arte per il centocinquantesimo dell'Unità d'Italia, e a tutti i cittadini e le cittadine intervenuti.
Con il collega Presidente del Consiglio comunale, Francesco Colaiacovo, come rappresentanti delle istituzioni locali, abbiamo ritenuto doveroso e importante organizzare questo momento istituzionale che vede riuniti insieme i Consigli comunale e provinciale di Ferrara.
Un momento solenne che si inserisce nell'ambito di un ricco programma di celebrazioni, che sono già iniziate e continueranno per tutto l'anno nella nostra città e in tutti i comuni della provincia e che coinvolgono istituzioni, scuole, associazioni, con una partecipazione veramente straordinaria.
Abbiamo ritenuto opportuno, dicevo, celebrare la festa di tutti gli italiani e quindi anche di tutti i ferraresi, in questa sede, perché il Castello Estense è il monumento simbolo della storia del nostro territorio e luogo della nostra memoria civile.
Siamo convinti che, come afferma il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, non ci sia nulla di retorico nel celebrare l'unità conseguita dall'Italia. Anzi, riteniamo che sia non solo un modo per rinnovare il patto fondativo della nostra nazione, ma anche per rinnovare costantemente il patto fondamentale che lega tutti i cittadini italiani: la nostra Costituzione.
La Costituzione del 1948 che, come afferma Piero Calamandrei, trova le sue radici nel pensiero e nell'azione di Mazzini, Cavour, Garibaldi.
Il nostro Paese ha bisogno di ritrovarsi in modo unito attorno a questi principi e valori che fondano la storia e l'identità del popolo italiano, per trovare quello slancio e quella coesione che lo aiutino ad affrontare le sfide complesse e impegnative del nostro tempo e a perseguire l'interesse generale e comune tra il mondo delle imprese, il mondo del lavoro e il mondo della cultura.
Una coesione che è necessaria anche tra tutte le istituzioni.
Riteniamo che ripercorrere la storia del passato e il cammino che ci ha portato a fare dell'Italia un paese unito, senza distinzioni di parte, ci possa fornire motivi per un giusto orgoglio nazionale e per saper guardare al futuro con fiducia, insieme con le giovani generazioni.
Le celebrazioni, ha affermato ancora il presidente della Repubblica, "sono l'occasione per determinare un clima nuovo nel rapporto tra le diverse realtà del Paese, nel modo in cui ciascuna guarda alle altre, con l'obiettivo supremo di una rinnovata e salda unità che è, siamone certi, la sola garanzia per il nostro comune futuro"
Parole straordinarie che non possiamo che condividere pienamente. Grazie a tutti.
Intervento del presidente Francesco Colaiacovo
Prefetto,Autorità Civili e Militari, cittadini tutti, ringrazio la Banda "Musi" per la magistrale esecuzione dell'Inno di Mameli infine un ringraziamento particolare per la dott.ssa Anna Quarzi, per la passione e la competenza con cui ha organizzato questa celebrazione.
Con il termine Risorgimento la storiografia si riferisce al periodo della storia d'Italia durante il quale la nazione italiana conseguì la propria unità nazionale, riunendo in un solo nuovo Stato - il Regno d'Italia - i precedenti Stati preunitari.
Tale termine, designa anche il movimento culturale, politico e sociale che promosse l'unificazione, richiamando l'ideale romantico di una resurrezione dell'Italia attraverso il raggiungimento di un'identità unitaria
La definizione dei limiti cronologici del Risorgimento risente evidentemente dell'interpretazione storiografica riguardo a tale periodo e perciò non esiste accordo unanime fra gli storici sulla sua determinazione temporale, formale ed ideale.
La prima estensione dell'ideale letterario a fatto politico e sociale della rinascita dell'Italia si ebbe con Vittorio Alfieri, non a caso definito da Walter Maturi il «primo intellettuale uomo libero del Risorgimento», vero e proprio storico dell'età risorgimentale, che diede inizio a quel filone letterario e politico risorgimentale che si sviluppò nei primi decenni del XIX secolo.
Come fenomeno politico il Risorgimento viene compreso da taluni storici fra il proclama di Rimini (1815) e la presa di Roma da parte dell'esercito italiano (1870), da altri, fra i primi moti costituzionali del 1820-1821 e la proclamazione del Regno d'Italia (1861) e/o il termine della terza guerra d'indipendenza (1866).
Altri ancora, in senso lato, vedono la sua nascita fra l'età riformista della seconda metà del XVIII secolo e/o l'età napoleonica (1796-1815), a partire dalla I^ campagna d'Italia.
A noi piace datare l'origine del risorgimento prendendo a prestito le parole del grande poeta Giosuè Carducci che in occasione del centenario del tricolore scrisse" Ciò che noi facciamo ora, ciò che da cotesta lapide si commemora, è più che una festa, è più che un fatto. Noi celebriamo, o fratelli, il natale della Patria."
Il 7 gennaio 1797, si svolgeva il secondo congresso della Repubblica Cispadana, dieci giorni dopo la proclamazione della Repubblica Cispadana "una e indivisibile", solenne affermazione presente anche nell'art.5 dell'attuale Costituzione Repubblicana, il Congresso dei rappresentanti di Bologna, Ferrara, Modena e Reggio, riuniti in quest'ultima città per discutere la nuova costituzione, primo atto concreto di una ancora non convinta coscienza nazionale italiana, adottò come bandiera il rosso, bianco e verde.
Fu Giuseppe Compagnoni, delegato ferrarese che sotto il nuovo governo napoleonico,
ricopriva il ruolo di segretario dell'Amministrazione Centrale, a sottoporre al congresso l'idea del tricolore.
"L'ignoranza è l'appannaggio del popolo schiavo: la scienza del libero, la scienza del popolo libero è quella dei suoi Diritti, della sua Costituzione, del suo Governo, delle funzioni de' suoi Magistrati, delle sue relazioni cogli altri popoli. Essa è la scienza del Giuspubblico universale piantato sugli Elementi del Diritto costituzionale democratico."Così scriveva Giuseppe Compagnoni ,in Elementi di diritto costituzionale democratico edito nel (1797).
Giuseppe Compagnoni, nonostante fosse un prete, fu il più estremista nella battaglia contro il potere temporale della chiesa e fautore della separazione tra Stato e Chiesa, poiché la Costituzione Cispadana proibiva - come aveva voluto Compagnoni - l'affidamento di cariche politiche ad appartenenti al clero, il sacerdote, in coerenza con il suo pensiero, abbandonò i ruoli istituzionali già ricoperti.
Vale la pena ricordare che grazie a Compagnoni presso l'università ferrarese fu istituita la prima cattedra di Diritto Costituzionale, la prima cattedra in Europa, la seconda venne istituita a Parigi, ma più di trent'anni dopo.
Alla fine del XVIII secolo, con l'arrivo delle truppe napoleoniche nella penisola, iniziarono a diffondersi i valori della rivoluzione francese, a Ferrara ci si aspettava molto dall'arrivo di Napoleone; narra lo storico Antonio Frizzi "il 21 giugno 1796, rimasta Ferrara senza Governo: il Cardinale Legato,il Giudice dei Savi e il Castellano della Fortezza, su intimazione di un ufficiale francese avevano lasciato la città," il Magistrato si incaricò di vegliare al buon ordine della città e gradì l'offerta che gli fecero 50 cittadini di guardare le porte."
Con la nascita della Repubblica Italiana 1802,cominciò a diffondersi presso strati sempre più ampi di popolazione un sentimento nazionale italiano, fino ad allora percepito soltanto da una ristretta cerchia di intellettuali, aristocratici e borghesi.
Una ulteriore testimonianza di una iniziale presa di coscienza politica nazionale diffusa si può rintracciare, in tale periodo, nel Proclama di Rimini, anche se rimasto del tutto inascoltato, in cui Gioacchino Murat, il 30 marzo 1815, durante la guerra austro-napoletana, rivolse un appello a tutti gli italiani affinché si unissero per salvare il regno posto sotto la sua sovranità, rappresentato come unico garante della loro indipendenza nazionale contro l'occupante straniero.
Dopo aver fatto cenno alla significativa partecipazione di Ferrara agli albori del risorgimento, mi limito soltanto ad alcune citazioni di personaggi attivi nel risorgimento ferrarese, come i Bersaglieri del Po, centocinquantacinque giovani al comando del conte Tancredi Mosti, il 16 aprile 1948 varcarono il fiume e andarono a combattere contro gli austriaci nella prima guerra d'indipendenza, dove si distinsero combattendo con valore ed eroismo nonostante un nemico agguerrito e soverchiante.
Durante la Repubblica romana, fu dato formale riconoscimento alla determinazione con cui la città seppe tenere testa agli austriaci sempre minacciosi stanziali presso la fortezza, alle nuove batterie della repubblica in via di formazione il governo aveva deciso di dare il nome delle principali città dello stato e dopo Roma la seconda fu Ferrara.
La sera del 27 maggio 1852, al teatro comunale nel corso di una rappresentazione, su iniziativa di Domenico Malagutti e Gaetano Ungarelli, furono lanciati volantini inneggianti alla libertà dei popoli, i responsabili non furono individuati ma per metter freno al dilagare delle manifestazioni di patrioti, gli austriaci, tra il 10 luglio e il 10 dicembre 1852, procedettero all'arresto di quarantadue cittadini, tra i quali Succi, Malagutti e Parmeggiani, mettendoli a disposizione della commissione inquisitoria.
Dopo mesi di torture alcuni vennero scarcerati, altri condannati a lunghe pene mentre Succi,Malagutti e Parmeggiani furono condannati alla pena capitale che fu eseguita mediante fucilazione, la mattina del 16 marzo 1853.
La morte dei tre martiri, di diversa estrazione sociale ( un oste,un medico e un possidente) ma uniti nel desiderio di libertà dallo straniero, rinsaldò il sentimento di unione del popolo ferrarese.
Il 21 giugno 1859, con le dimissioni del delegato pontificio e l'abbattimento degli stemmi pontifici, dopo due secoli e mezzo si chiuse definitivamente il periodo del potere temporale dei Papi su Ferrara.
Il governo provvisorio immediatamente insediato il giorno dopo, decretò, tra le altre cose, che fosse punito col massimo rigore chiunque recasse offesa a qualsiasi cittadino per qualsiasi pretesto.
L'11 marzo 1860, si tenne il referendum per l'annessione al Piemonte, su 49.220 elettori iscritti votarono 48.999, di cui 48.778 favorevoli, 138 nulle, 83 contrarie.
Nel nuovo parlamento nazionale apertosi il 18 febbraio 1861 furono eletti i seguenti rappresentanti ferraresi: avv. Francesco Mayer, il prof. Carlo Grillenzoni, il dott. Francesco Borgatti e Federico Seismit - Doda.
Per concludere appare molto interessante sottolineare l'elemento di continuità che sussiste nell'analisi di Giosuè Carducci, quando nel già citato discorso del 7 gennaio 1897, recita:" Ma i tempi sono oggimai sconsolati di bellezza e d'idealità; direbbesi che manchi nelle generazioni crescenti la coscienza, da poi che troppo i reggitori hanno mostrato di non curare la nazionale educazione. I volghi affollantisi intorno ai baccani e agli scandali, dirò così, officiali, dimenticano, anzi ignorano, i giorni delle glorie; nomi e fatti dimenticano della grande istoria recente, mercé dei quali essi divennero, o dovevano divenire, un popolo; ignora il popolo e trascura, e solo se ne ricordano per loro interesse i partiti."
Con le preoccupazioni recentemente espresse dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano:" C'è da chiedersi quanto, da alcuni decenni, questo patrimonio di valori unitari si sia venuto oscurando - anche nella formazione delle giovani generazioni - e come ciò abbia favorito il diffondersi di nuovi particolarismi, di nuovi motivi di frammentazione e di tensione nel tessuto della società e della vita pubblica nazionale. E non possiamo dunque sottovalutare i rischi che ne sono derivati e che ci si presentano oggi, alla vigilia del centocinquantesimo anniversario dell'Unità".
Se da una parte, le preoccupazioni del Presidente devono richiamare tutte le agenzie educative e chi ha responsabilità Amministrative e di Governo ad un'assunzione di responsabilità, dall'altro gli avvenimenti successivi al 1897, dimostrarono che nonostante la pessimistica analisi del Carducci gli italiani seppero dimostrare di essere un unico popolo, non solo nel corso della prima guerra mondiale, quando dalle più lontane regioni del sud partirono tanti giovani per combattere sul Piave, ma soprattutto durante l'occupazione nazifascista in cui l'unità del paese venne come non mai minacciata e se nel 1945 poté ricongiungersi come paese libero e indipendente si deve al moto di riscossa popolare che fu la resistenza, alla fedeltà all'Italia delle nostre unità militari e alla sapienza delle forze politiche antifasciste, che trovarono la strada di un impegno comune per gettare le basi di una nuova Italia democratica e assumerne la rappresentanza nel quadro internazionale che andava delineandosi a conclusione della guerra.
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