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VISITE ALLE CHIESE - Domenica 27 marzo alle 10

Una domenica mattina tra le suggestioni di Sant'Antonio in Polesine

24-03-2011 / Giorno per giorno

Fondato alla metà del '200 dalla Beata Beatrice d'Este, il monastero di Sant'Antonio in Polesine è da sempre uno dei luoghi di culto cittadini più amati dai ferraresi. La sua storia e i suoi tesori artistici saranno protagonisti, domenica 27 marzo, della seconda tappa del nuovo itinerario di visite alle chiese cittadine organizzato da Comune e Arcidiocesi. Dopo la seguitissima conversazione nella chiesa del Corpus domini, lo scorso 20 marzo, il responsabile dell'Ufficio Ricerche storiche del Comune Francesco Scafuri e il curatore dei Musei civici d'Arte antica Giovanni Sassu danno appuntamento a ferraresi e turisti la prossima domenica alle 10, per un nuovo percorso tra le suggestive atmosfere della chiesa di vicolo del Gambone.
La partecipazione all'iniziativa, con ritrovo sul sagrato della chiesa è gratuita e aperta a tutti gli interessati.

LA SCHEDA a cura di Francesco Scafuri e Giovanni Sassu
Chiesa di Sant'Antonio in Polesine
Domenica 27 marzo alle 10
Luogo di ritrovo: Sagrato della Chiesa, vicolo del Gambone 17

Il Monastero di Sant'Antonio in Polesine fu fondato nel 1257 dalla Beata Beatrice II d'Este, figlia di Azzo VII, sull'isola omonima formata dal Po di Ferrara. Il complesso monastico sorse grazie alla ristrutturazione e all'ampliamento di un precedente convento, dove si era stabilita da tempo una comunità di frati agostiniani, trasferitasi proprio quell'anno presso la vicina chiesa di S. Andrea. I lavori di edificazione della Chiesa di Sant'Antonio in Polesine, contemporanei al rinnovamento dell'antico insediamento Agostiniano, iniziarono nel 1257-58 e si protrassero per qualche decennio. Secondo la tradizione, l'edificio di culto e il nuovo Monastero adiacente furono progettati da un architetto locale, Maestro Tigrino. La Beata non riuscì a vedere realizzate tutte le opere, in quanto morì poco più che trentenne nel 1262.
La Chiesa, consacrata soltanto il 26 febbraio 1413 dal vescovo Pietro Boiardi, fu più volte modificata nei secoli. Nel portico della facciata si colgono echi pomposiani: il nartece presenta, secondo alcuni, un'architettura riferibile ad un periodo compreso tra la fine del XIV e gli inizi del XV secolo. Altrettanto importanti le trasformazioni documentate in età tridentina, quando la Chiesa venne divisa in due parti: l'una più interna, riservata alle monache e caratterizzata dal famoso coro, l'altra pubblica, costituita da una pianta ad aula, abbellita nel Seicento da nuovi Altari che esibiscono grandi tele nonché da un importante soffitto affrescato. L'isola rimase tale fino al 1451 quando, a seguito del parziale inaridimento del ramo del Po, fu possibile avviare una serie di interventi che consentirono l'inserimento dell'area nell'ambito urbano. Nel contempo la zona venne difesa da solide mura, costruite a sud del complesso religioso per ordine di Borso d'Este, promotore dell'intero intervento urbanistico.
Nel cortile antistante la Chiesa e il Monastero di Clausura di Sant'Antonio in Polesine, sede ancora oggi di una comunità di monache benedettine, si respira un'atmosfera suggestiva di pace e di tranquillità. Per raggiungerlo occorre percorrere il caratteristico vicolo del Gambone e varcare l'ingresso, contraddistinto da un portale con statua in cotto di Sant'Antonio Abate.
Certamente meno noto del celebre coro delle monache, luogo quest'ultimo di grande suggestione artistica e spirituale, l'interno della cosiddetta Chiesa pubblica appare sontuoso e di grande impatto scenografico. Ad aula unica, esso è decorato con gusto spiccatamente barocco dal prolifico Francesco Ferrari (1643-1708), il quale appare qui impegnato ad esaltare la storia dell'ordine benedettino secondo un programma iconografico culminante sul soffitto con la raffigurazione della Madonna col Bambino in gloria con i santi Benedetto e Antonio Abate, cui si accompagnano nel fregio Santi benedettini e paesaggi. Sull'Altare maggiore, la SS. Trinità in gloria e i santi Benedetto, Antonio Abate e la Beata Beatrice d'Este, è invece opera del bolognese Antonio Randa (notizie dal 1614 al 1650), allievo di Guido Reni.
Il famoso coro delle monache presenta, tra gli altri tesori, l'importante ciclo di affreschi di età trecentesca con le Storie dell'infanzia di Cristo e della Vergine (nella cappella sinistra) e le Storie di Cristo (nella cappella destra), opera di almeno tre diverse botteghe di matrice giottesca, bolognese e padovana. Si precisa che quest'area del monastero non sarà oggetto di visita durante l'incontro del 27 marzo.