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Inaugurazione della mostra di Ferrara Arte sabato 19 settembre

Boldini ai Diamanti, un evento che dà lustro alla città e all'arte

19-09-2009 / Giorno per giorno

Sabato 19 settembre è stata ufficialmente inaugurata la mostra a Palazzo dei Diamanti di Ferrara dedicata a Giovanni Boldini (20 settembre '09 - 10 gennaio 2010). All'evento organizzato nell'ambito dell'attività di Ferrara Arte hanno partecipato, oltre ai curatori dell'allestimento, il sindaco Tiziano Tagliani, l'assessore comunale alla Cultura Massimo Maisto, la presidente della Provincia Marcella Zappaterra, altre autorità e ospiti del mondo culturale.

Palazzo dei Diamanti di Ferrara ospiterà una mostra dedicata a Giovanni Boldini. A differenza dalle precedenti rassegne dedicate all'artista, tutte antologiche, questa volta sarà studiato un solo fondamentale capitolo della sua carriera, quello del primo periodo parigino, dal 1871 al 1886. La mostra indagherà l'evoluzione della sua pittura in quegli anni decisivi e getterà nuova luce su una fase per lui determinante ma ancora oggi poco studiata. Prima di diventare il ritrattista del bel mondo parigino, Boldini fu soprattutto pittore di Parigi. In quel primo e cruciale quindicennio che vi trascorse e che coincise con l'esplosione della rivoluzione impressionista, egli ne ritrasse ogni angolo, ogni palpito di vita, traducendo l'energia della metropoli e le sue atmosfere in pennellate scattanti, nervose, talvolta travolgenti. Autore di quadri di ogni tipo - dalle scene di genere alle vedute di città, dai paesaggi agli interni d'atelier, dai nudi ai ritratti - Boldini fu un artista poliedrico che, al pari dei colleghi impressionisti, ma con uno stile diverso e personalissimo, seppe restituire la vita pulsante della ville lumière. La mostra, organizzata da Ferrara Arte e dal Clark Art Institute di Williamstown, che la ospiterà dopo il debutto a Palazzo dei Diamanti, sarà l'occasione per presentare per la prima volta l'artista ferrarese in un museo statunitense di grande prestigio. Dalla rassegna emergerà la complessità della personalità boldiniana in quella fase che lo condusse dall'esperienza macchiaiola all'acquisizione della maniera larga e veloce che caratterizza i grandi ritratti della piena maturità. Ordinate in sezioni tematiche, circa un centinaio di opere provenienti dalle più prestigiose collezioni pubbliche e private d'Europa e d'America illustreranno la varietà di generi e soggetti trattati da Boldini in questi anni di intensa sperimentazione. Opere che certo devono molto agli incontri avuti con gli artisti che vivevano e lavoravano a Parigi - giganti come Degas, Manet e Renoir, ma anche maestri allora più affermati e alla moda come Fortuny e Meissonier, o gli stranieri Whistler e Sargent - ma che sono soprattutto frutto di una straordinaria capacità di osservare, indagare e restituire, con uno stile via via sempre più personale e inconfondibile, la brulicante vita della città moderna.
Ad accogliere il visitatore sarà un breve prologo dedicato all'attività degli anni fiorentini, un'esperienza fondamentale per la formazione di Boldini, non priva di conseguenze anche negli anni a venire. Si entra poi nel cuore della rassegna con i quadri di genere dei primi anni Settanta che fecero la fortuna del pittore fra i ricchi collezionisti del tempo, soprattutto in America. Protagoniste saranno le piccole e preziose tavolette caratterizzate dallo stile ricercato e dal colore scintillante che, ispirate talvolta ad un galante Settecento, talvolta a fantasie esotiche spagnoleggianti o ancora a scene di vita contemporanea all'aperto, lasciano intuire il gusto dell'artista per la rievocazione storica e, ad un tempo, l'interesse per la trascrizione del dato naturale e atmosferico.
Accanto alla produzione di genere Boldini realizzò, a partire dalla metà degli anni Settanta, una serie di vedute di città che colpirono i contemporanei e con le quali l'artista diede una sua personale interpretazione della pittura della vita moderna praticata anche dagli impressionisti. In queste opere, cui verrà dedicata un'ampia sezione, Boldini registra, come un cronista dotato di un'eccellente capacità analitica, la vita che scorre nelle vie affollate e nelle piazze dove passano veloci o sostano le carrozze e gli omnibus a cavalli. Sono dipinti di un "realismo" singolare in cui il pittore ferrarese dimostra di governare sia il piccolo che il grande formato, basando ogni sua creazione sullo studio attento, talvolta ostinato, del modello naturale.
Anche il mondo del teatro e dei caffé concerto richiamò la sua attenzione. Boldini frequentò questi ambienti e studiò i personaggi che li animavano al pari del suo amico Degas, come se volesse misurarsi con lui: ballerine, cantanti, musicisti, direttori d'orchestra, platee di spettatori sono gli attori di questo scenario i cui gesti e le cui movenze vengono fermate sulla tela dall'artista. Ma Boldini non registrò soltanto la realtà urbana. Si spinse nelle campagne, lungo la Senna o sulla Manica, lavorando a vedute e paesaggi con figure che costituiscono una personale interpretazione della pittura en plein air, dipinti di grande fascino caratterizzati da una luce cristallina e da quella capacità, che tanto colpì Diego Martelli, di «scoprire minuzie impossibili di colore e di forma a tre miglia di distanza».
Al tema tutto boldiniano degli interni d'atelier, un soggetto che non trova eguali nella pittura coeva, verrà dedicata un'interessante sezione che mostrerà come l'artista abbia creato una sorta di originale "diario per immagini" della sua vita e della sua opera, mentre in un'altra sezione si presenterà la sua interpretazione del tema della donna ritratta nella sua intimità. Un ricco capitolo della mostra approfondirà, infine, l'evoluzione del suo stile nel genere del ritratto, dalle effigi che ritraggono amici e colleghi, a quelle ufficiali.
Il modo in cui l'artista, alla metà degli anni Ottanta, giunse ad esplorare questa molteplicità di temi e di generi rivela un'indipendenza stilistica rispetto al panorama figurativo coevo e testimonia l'acquisizione di quella maniera che caratterizzerà lo stile della sua piena maturità. È proprio con opere di questa fase che si conclude il percorso espositivo, in particolare con alcuni tra i più celebri ritratti realizzati nell'ultimo decennio dell'Ottocento, momento in cui Boldini si afferma sul palcoscenico internazionale come uno dei più contesi pittori dell'alta società del vecchio e del nuovo continente, capolavori magistrali che testimoniano come l'artista sia stato, oltre che un indiscusso innovatore di questo genere pittorico, uno straordinario testimone del proprio tempo.

Mostra a cura di Sarah Lees, organizzata da Ferrara Arte in collaborazione con lo Sterling & Francine Clark Art Institute di Williamstown
Orario: aperto tutti i giorni, feriali e festivi, lunedì incluso, dalle 9.00 alle 19.00
Aperto anche 1 novembre, 8, 25 e 26 dicembre, 1 e 6 gennaio
Ingresso: intero € 10.00, ridotto € 8.00, scuole € 4.00
Catalogo edito da Ferrara Arte Editore con testi di Sarah Lees, Richard Kendall e Barbara Guidi.
Call Center Ferrara Mostre e Musei: tel. 0532.244949, fax 0532.203064,
e-mail: diamanti@comune.fe.it, WS: www.palazzodiamanti.it

Ufficio stampa: Studio ESSECI - Sergio Campagnolo, tel. 049.663499,
e-mail: info@studioesseci.net, WS: www.studioesseci.net

La mostra
Ferrara, Palazzo dei Diamanti
20 settembre 2009 - 10 gennaio 2010

Williamstown, Sterling and Francine Clark Art Institute
14 febbraio - 25 aprile 2010

Chi era il Boldini che si trasferì da Firenze a Parigi nel 1871? Come si sviluppò la sua personalità da quel momento al 1886, durante il periodo aureo della rivoluzione impressionista? Cosa rimase di quelle esperienze in seguito, quando Boldini divenne uno dei più celebri ritrattisti dell'alta società? Sono queste le domande principali alle quali vuole rispondere questa mostra.
A Parigi, tra il 1871 e il 1886, prima di divenire uno dei più contesi ritrattisti del bel mondo, Boldini si era distinto come artista poliedrico, capace di dare vita a opere di ogni tipo: dalle scene di genere alle vedute di città, dai paesaggi agli interni d'atelier, dai nudi ai ritratti. Tuttavia, in seguito, il successo come ritrattista fu tale da far dimenticare, almeno fino ad anni recenti, la sua attività precedente con la quale, al pari dei colleghi impressionisti, ma con uno stile diverso e personale, Boldini si impose come uno dei protagonisti della rappresentazione della vita moderna. A differenza delle rassegne precedenti, tutte antologiche, l'esposizione, organizzata da Ferrara Arte e dal Clark Art Institute di Williamstown e composta da una novantina di capolavori provenienti da ogni parte d'Italia e del mondo, farà emergere tutta la complessità e il fascino della personalità boldiniana in quel quindicennio cruciale che condusse l'artista, dopo l'esperienza macchiaiola, alla piena maturazione, avvenuta negli anni Novanta, di quelle doti di ritrattista che da allora in avanti lo resero celebre nel mondo.

Boldini Autoritratto nello studio
Ad accogliere il visitatore è un prologo dedicato agli anni fiorentini, un'esperienza fondamentale per la formazione di Boldini che porta in sé premesse importanti per il futuro sviluppo della sua pittura. A Firenze l'artista si distingue come uno dei principali artefici della rivoluzione attuata in quegli anni nel genere del ritratto borghese, dando vita ad una rappresentazione del modello non più stagliato su uno sfondo neutro bensì all'interno di un ambiente, colto in attività quotidiane o in momenti di intimità, o circondato dagli oggetti che parlano della sua vita e del suo lavoro, come nel bellissimo Autoritratto mentre osserva un dipinto, proveniente dalla Galleria d'Arte Moderna di Palazzo Pitti.

Boldini Giorni tranquilli Nel 1871, appena giunto a Parigi, Boldini si dedica da subito alla realizzazione di quadri di genere allora molto richiesti dalla ricca borghesia europea e soprattutto americana; ai dipinti di questa fase sarà dedicata una significativa sezione della rassegna. Ispirandosi a maestri allora affermati e di successo come Meissonier e Fortuny, Boldini rinnova il cliché del quadro di genere come in Giorni tranquilli. Grazie ad uno stile elegante e ad una tecnica pittorica raffinata, Boldini viene considerato da subito come il più brillante interprete di quella pittura ricercata e l'erede indiscusso dei due capiscuola. Queste piccole e preziose tavolette ispirate talvolta ad un Settecento galante, talvolta a fantasie esotiche spagnoleggianti, o ancora a scene di vita contemporanea, lasciano intuire il gusto dell'artista per la rievocazione storica e, ad un tempo, l'interesse per la trascrizione del dato naturale e atmosferico.
Accanto alla produzione di genere Boldini realizzò, a partire dalla metà degli anni Settanta, una serie di vedute di città che colpirono profondamente i contemporanei e con le quali diede una sua personale interpretazione della realtà della vita moderna. In queste opere l'artista registra la vita che scorre nelle piazze parigine o nelle vie della città dove passano veloci o sostano le carrozze e gli omnibus a cavalli. Sono dipinti di un "realismo" singolare in cui l'artista ferrarese dimostra di padroneggiare sia il piccolo che il grande formato, basando ogni sua creazione sullo studio attento, talvolta ostinato, "del vero".
In questo periodo Boldini si concentra sui molteplici temi della vita moderna che si svolge non solo all'aperto. Fanno parte di queste ricerche anche gli studi dedicati all'universo femminile. In questi ritratti Boldini indaga talvolta quel mondo con grande sensibilità e con passionalità trattenuta, ritraendo donne in attività quotidiane o in momenti d'intimità, come nella Lettera mattutina.


Boldini Grande strada a Combes
Boldini non registrò soltanto la realtà urbana. Si spinse anche nelle campagne, lungo la Senna o sulla Manica, lavorando a vedute e paesaggi con figure che costituiscono la sua personale interpretazione della pittura en plein air. Tra gli esempi di questa produzione vi sono dipinti di notevole fascino come la Grande strada a Combes-la-Ville del Philadelphia Museum of Art, un'opera del 1873 contraddistinta da una straordinaria sensibilità per la luce e il dato atmosferico, qualità che imposero Boldini agli occhi della critica dell'epoca come uno tra i più «eminenti rappresentanti della pittura di paesaggio in Francia».


Boldini Cantante mondana
Come Degas, anche Boldini fu attratto in questi anni dai teatri e dai caffé-concerto di Parigi. Appassionato melomane fin dagli anni della giovinezza, Boldini frequentò assiduamente gli ambienti della musica e del teatro anche per studiare i personaggi che li animavano e creare uno straordinario racconto della vita notturna parigina. Protagonisti dei dipinti dedicati a questo tema sono musicisti e direttori d'orchestra colti mentre esercitano la loro arte, platee di spettatori divenuti involontariamente interpreti della scena, ballerine ritratte nello sforzo ma anche nella grazia della loro performance, uomini e donne spiati mentre si intrattengono nei locali notturni o, ancora, cantanti ritratte nei caffé concerto o negli eleganti salotti musicali, come nel caso de La cantante mondana, quadro emblematico di questo momento della ricerca di Boldini, sia dal punto di vista del soggetto che nell'aspetto formale.


Boldini Donna in nero Un'intera sezione della mostra sarà dedicata al tema tutto boldiniano delle vedute d'atelier. Riprendendo l'indagine iniziata a Firenze, quando l'atelier era uno dei fondali prediletti dei suoi ritratti, Boldini sviluppa un interesse preciso per questo soggetto attorno alla metà degli anni Ottanta. Da questo momento la sua attenzione si focalizza, sempre più prepotentemente, sugli oggetti della sua casa e del suo studio. Se inizialmente queste vedute costituiscono solo lo scenario nel quale l'artista ambienta le visite degli amici "amatori", dei pittori o delle modelle, come nel bellissimo Donna in nero che guarda il "Pastello della signora Emiliana Concha de Ossa", a poco a poco gli ambienti e gli oggetti in essi contenuti divengono i protagonisti stessi di questo universo "privato". Il pittore disegna e dipinge mobili, strumenti di lavoro, suppellettili contraddistinti da un valore affettivo particolare, o ancora quadri a lui cari, custoditi gelosamente per anni nel suo atelier, creando, con grande originalità, una sorta di "diario per immagini" della sua vita e della sua opera.

La mostra approfondisce, infine, l'evoluzione dello stile di Boldini nel genere del ritratto, dalle effigi ufficiali, a quelle che raffigurano amici e colleghi. Dopo l'esperienza fiorentina, Boldini torna a praticare il ritratto con rinnovato slancio attorno alla fine degli anni Settanta, decidendo infine di dedicarvisi completamente. Determinante in questo senso fu il legame con la contessa Gabrielle de Rasty che, divenuta sua amante e musa, lo introdusse nella cerchia di una nuova committenza altolocata. L'artista attinge a piene mani all'arte dei grandi maestri del passato studiati, oltre che a Parigi, durante i ripetuti soggiorni in Olanda, in Italia, in Inghilterra e in Spagna, e, facendo propri i loro insegnamenti, sperimenta una grande varietà di soluzioni compositive: da quelle improntate ad un classicismo riletto in chiave moderna, come nel ritratto equestre di Alice Regnault debitore nei confronti di Renoir, ad altre dai tratti più audaci, come il celebre ritratto a pastello di Verdi, «terribilmente vivente» come esclamarono i critici del tempo. Nel ritratto Boldini si misura direttamente prima con mostri sacri come Manet, con il quale condivide committenza ed amicizie, e successivamente con Sargent e Whistler, quando si afferma come uno dei più contesi pittori dell'alta società europea e americana.

Boldini Lady COlin Campbell
Sono proprio le opere di questa fase, in particolare alcuni tra i più celebri ritratti realizzati negli anni Novanta, a comporre l'epilogo della mostra. Le sue grandi effigi furono notate per l'originalità compositiva, la sensualità, per il dinamismo delle linee e la sapienza tecnica, doti che, unite ad un'acuta capacità di introspezione psicologica, permettono a Boldini di imporsi come indiscusso innovatore di questo antico genere pittorico. Fra le composizioni più celebri di questi anni vi sono quella di James Whistler del Brooklyn Museum, o alcuni tra i suoi più affascinanti ritratti femminili, come quelli di Lady Colin Campbell della National Portrait Gallery di Londra, di Madame Max del Musée d'Orsay e di Cléo de Mérode, capolavori assoluti con cui Boldini definì l'ideale femminile del tempo: un perfetto connubio di eleganza, sensualità e inquietudine.


Da CronaCacomune.it del 16 luglio 2009

"Dedicare una grande mostra a un ferrarese di successo come Giovanni Boldini è un elemento di grande importanza e valore, in controtendenza con un contesto critico che attualmente percepiamo" Così il sindaco Tiziano Tagliani ha voluto sottolineare la scelta fatta da Ferrara Arte che questa mattina (16 luglio) nella sala Arengo della residenza municipale ha presentato il calendario delle mostre in programma a Palazzo dei Diamanti di Ferrara nei prossimi due anni, rispettivamente Giovanni Boldini (20 settembre '09 - 10 gennaio 2010) e Jean-Baptiste-Siméon Chardin (17 ottobre '10 - 23 gennaio '11), con due ulteriori momenti espositivi dei due artisti anche negli Stati Uniti e in Spagna. Alla conferenza stampa di oggi erano presenti, oltre al sindaco Tiziano Tagliani, l'assessore comunale alla Cultura Massimo Maisto, la presidente della Provincia Marcella Zappaterra, il presidente della Fondazione Carife Sergio Lenzi, l'amministratore unico di Ferrara Arte Francesco Ruvinetti, il dirigente del Settore Attività Culturali Andrea Buzzoni, la curatrice delle Mostre e Musei Maria Luisa Pacelli. Proprio a Buzzoni e alla Pacelli è stato affidato il compito di illustrare, con l'ausilio di immagini delle tele, i contenuti essenziali delle due mostre che richiameranno nella nostra città molti turisti e appassionati d'arte, con l'obiettivo dichiarato dagli organizzatori di raggiungere e superare la quota dei 70mila visitatori. Secondo il Sindaco queste due proposte sono "un chiaro segnale che la città vuole investire sull'arte, sulla cultura e insieme sull'economia considerato il positivo coinvolgimento del mondo imprenditoriale turistico che ruota attorno ai grandi eventi", temi contenuti anche nell'intervento della presidente provinciale Zappaterra, che ha confermato grande attenzione e sostegno a tutte le iniziative culturali che Ferrara Arte ha proposto e proporrà in favore del nostro territorio". La vernice per la stampa è stata già programmata per sabato 19 settembre alle 12.

LE SCHEDE (a cura degli organizzatori)
GIOVANNI BOLDINI - Dal 20 settembre 2009 al 10 gennaio 2010, Palazzo dei Diamanti ospiterà una rassegna su Giovanni Boldini.
La mostra, organizzata da Ferrara Arte e dal Clark Art Institute di Williamstown (Massachusetts), che la ospiterà dopo il debutto a Ferrara, sarà anche l'occasione per presentare per la prima volta l'artista ferrarese in un museo statunitense di grande prestigio. A differenza dalle precedenti rassegne dedicate all'artista, tutte antologiche, questa si concentrerà invece sui primi quindici anni di attività del pittore a Parigi, dal 1871 al 1886, proponendosi di far luce su un periodo della sua arte poco studiato, durante il quale Boldini, per dirla con le sue parole, dipingeva "quadri di tutti i generi che sparivano facilmente perché avevo molto successo", quadri di straordinario interesse e spesso di grande qualità in sé. Ordinati in sezioni tematiche, oltre cento capolavori provenienti dalle più importanti collezioni pubbliche e private d'Italia e del mondo faranno emergere tutta la complessità della personalità boldiniana in questo periodo di ricerca e sperimentazione. Ad accogliere il visitatore sarà un breve prologo dedicato all'attività degli anni fiorentini, un'esperienza fondamentale per la formazione di Boldini. Cogliendo istanze innovatrici provenienti dalla cultura francese, e in particolare da Degas, nella Firenze dei Macchiaioli Boldini si distinse come principale artefice di un'autentica rivoluzione nell'arte del ritratto, dipingendo i suoi modelli non più su uno sfondo neutro e in un atteggiamento statico e ufficiale, bensì in ambienti fortemente caratterizzati, non in posama in atteggiamenti i più svariati e perlopiù informali, e talvolta, perfino, non nel chiuso di una stanza ma en plein air. Si entra poi nel cuore della rassegna con i quadri dei primi anni Settanta che fecero la fortuna del pittore fra i ricchi collezionisti del tempo, non solo in Francia,ma anche e soprattutto in America. Protagoniste saranno piccole e preziose tavolette caratterizzate dallo stile ricercato e dal colore scintillante che, ispirate talvolta ad un Settecento galante, talaltra a fantasie esotiche spagnoleggianti o ancora a scene di vita contemporanea, innovano il cliché dei quadri di genere in costume storico di maestri affermati come Meissonier e Fortuny. Accanto a questa produzione Boldini realizzò, a partire dalla metà degli anni Settanta, una serie di vedute di città che colpirono i contemporanei e con le quali l'artista diede una sua personale interpretazione della pittura della vita moderna praticata anche dagli impressionisti. In queste opere, cui verrà dedicata un'ampia sezione, Boldini registra la vita che scorre nelle vie affollate e nelle piazze dove passano veloci o sostano le carrozze e gli omnibus a cavalli. Sono dipinti di un "realismo" singolare in cui l'artista ferrarese dimostra di governare sia il piccolo che il grande formato, basando ogni sua creazione sullo studio attento, talvolta ostinato, del modello naturale. Su molte di queste opere Boldini medita a lungo come dimostrano diversi studi preparatori e bozzetti, esposti in mostra anche per sfatare l'immagine ancora troppo diffusa di Boldini come grande "improvvisatore". Boldini non registrò soltanto la realtà urbana. Si spinse nelle campagne, lungo la Senna o sulla Manica, lavorando a vedute e paesaggi con figure che costituiscono una personale interpretazione della pittura en plein air, dipinti di grande fascino caratterizzati da una luce cristallina e da quella capacità, che tanto colpì Diego Martelli, di "scoprire minuzie impossibili di colore e di forma a tre miglia di distanza". Anche il mondo dei teatri e dei caffé concerto richiamò la sua attenzione. L'artista frequentò questi ambienti e ritrasse i personaggi che li animavano al pari del suo amico Degas. Forse proprio questo confronto impossibile - come suggerisce in catalogo Richard Kendall - trattenne Boldini dall'approfondire questo soggetto. Al tema tutto boldiniano degli interni d'atelier, un soggetto che non trova eguali nella pittura coeva, verrà dedicata un'interessante sezione. Dopo aver esplorato instancabilmente i mille volti della capitale francese, nella convinzione che soltanto «chi viaggia, ha molto da raccontare», è come se improvvisamente Boldini si rendesse conto che anche la sua casa e il suo studio sono un mondo sconfinatamene grande, e come l'altro capace di evocare emozioni e suggestioni formali. Anche chi rimane fermo nello stesso luogo e scava in profondità in sé stesso e in quel luogo, può avere molto da raccontare. Sembra essere questa, di fronte agli ambienti e agli oggetti che lo hanno accompagnato per una vita, la convinzione intima dell'artista. Un ricco capitolo della mostra tratterà, infine, l'evoluzione del suo stile nel genere del ritratto: da quelli di amici e colleghi, a quelli ufficiali. Durante questi anni, infatti, Boldini sviluppa questo genere sotto la spinta di molteplici suggestioni. È il cammino compiuto in questo periodo che lo condurrà a definire quello stile inconfondibile che, al volgere del secolo, lo imporrà come uno dei più contesi ritrattisti del panorama internazionale.
È proprio con opere di questa fase che si conclude il percorso espositivo: capolavori assoluti degli anni Novanta dell'Ottocento, alcuni dei quali mai esposti prima d'ora in Italia come il meraviglioso Ritratto di Whistler del Brooklyn Museum di New York o la straordinaria Lady Colin Campbell della National Portrait Gallery di Londra, che testimoniano come l'artista sia stato, oltre che un indiscusso innovatore di questo genere pittorico, lo straordinario interprete di uno dei periodi più affascinanti e importanti della nostra storia, la Belle Époque. Quanto alle novità critiche presenti in catalogo, sono numerose e danno un contributo significativo alla costruzione di una lettura filologica di Boldini e della sua opera ancora assai lacunosa. Richard Kendall ha esplorato per la prima volta un aspetto fondamentale del lavoro di Boldini, il disegno: dai semplici schizzi che costituirono un archivio di idee e di forme di straordinaria importanza, ai disegni preparatori di dipinti, a disegni compiuti che sono opere d'arte in se stessi. Oltre ad un confronto inedito tra l'itinerario boldiniano e quello dei maestri dell'impressionismo, studiando i registri mai indagati fino ad ora del mercante Goupil, per il quale l'artista lavorò nei primi anni parigini, Sarah Lees, la curatrice della mostra, ha ricostruito, tra l'altro, la sua fortuna americana negli anni '70 e '80 dell'Ottocento. Questa ricerca si è integrata con quella di Barbara Guidi che, dedicandosi all'epistolario di Boldini e a fonti a stampa dell'epoca mai esplorate prima d'oggi, ha individuato in importanti mercanti statunitensi come Samuel Avery o George Lucas altri protagonisti del successo dell'artista negli Stati Uniti. La sua ricerca ha permesso inoltre di precisare la datazione di alcuni capolavori come il Ritratto del pittore Joaquin Araújo y Ruano del Museo Boldini di Ferrara, da sempre ascritto al 1889 e invece esposto alla Galleria Georges Petit di Parigi già nel 1882 o il Ritratto di Alice Regnault in costume da amazzone, della Galleria d'Arte Moderna di Milano, la cui datazione oscillava tra il 1878 e il 1884, ma che invece fu presentato al Salon del 1880. Ha consentito, ancora, di scoprire quali opere Boldini espose ad alcuni Salon come, ad esempio, il Ritratto di Madame Max, del Musée d'Orsay di Parigi, presentato a quello dello Champ de Mars del 1896. Ha permesso, infine, di approfondire il rapporto che legò Boldini ad alcuni tra i maggiori artisti del tempo come Degas e Manet, ma anche ad altri importanti protagonisti di quell'epoca come Menzel, Sargent e Whistler.

nota informativa boldini.pdf

BOLDINI NELLA PARIGI DEGLI IMPRESSIONISTI
La mostra, a cura di Sarah Lees, è organizzata da Ferrara Arte in collaborazione con lo Sterling and Francine Clark Art Institute di Williamstown (Massachusetts), il Comune di Ferrara, la Provincia di Ferrara, la Regione Emilia-Romagna, la Fondazione Cassa di Risparmio di Ferrara e la Cassa di Risparmio di Ferrara.
Orario: aperto tutti i giorni, feriali e festivi, lunedì incluso, dalle 9.00 alle 19.00
Aperto anche 1 novembre, 8, 25 e 26 dicembre, 1 e 6 gennaio
Ingresso: intero € 10.00, ridotto € 8.00, scuole € 4.00. Il biglietto d'ingresso alla mostra consente l'ingresso gratuito anche al Museo Giovanni Boldini di Ferrara.
Catalogo edito da Ferrara Arte Editore con testi di Sarah Lees, Richard Kendall e Barbara Guidi.
Call Center Ferrara Mostre e Musei: tel. 0532.244949, fax 0532.203064
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JEAN-BAPTISTE-SIMÉON CHARDIN
Ferrara Palazzo dei Diamanti 17.10.2010 - 23.01.2011
Madrid Museo Nacional del Prado 28.02 - 29.05.2011
"Noi usiamo i colori ma quello con cui dipingiamo è il sentimento". Con queste parole, Jean-Baptiste-Siméon Chardin (1699-1779), contrapponendosi alle regole accademiche allora in voga, amava descrivere il suo modo di fare arte e la sua poetica.
A questo grande protagonista dell'arte del Settecento, uno dei più straordinari pittori di tutti i tempi, Ferrara Arte dedicherà nell'autunno del 2010 un'importante mostra, la prima mai consacrata all'artista nel nostro paese. L'esposizione è organizzata in collaborazione con il Museo del Prado di Madrid, che la ospiterà dopo la tappa italiana, ed è curata da Pierre Rosenberg, massimo esperto di Chardin, membro dell'Académie Française e già direttore del Musée du Louvre. Chardin è l'artista francese che ha avuto maggior influenza sulla pittura moderna. L'aver elevato gli oggetti di uso quotidiano e i gesti delle persone comuni a materia di rappresentazione artistica ne fa il vero erede di Vermeer e, al contempo, il punto di riferimento per artisti del calibro di Cézanne,Matisse, Braque e Morandi. Ma Chardin non è solo uno dei più influenti artisti del Settecento, è anche uno dei più originali. Egli infatti rifiuta, sin da giovanissimo, i percorsi didattici accademici ed è uno dei pochi a non aver mai effettuato il viaggio in Italia. Tra tutti i generi pittorici, evita proprio quelli che nella Francia del secolo dei lumi sancivano la statura e la fortuna degli artisti, e cioè i dipinti di soggetto storico o mitologico. Nonostante ciò, nel 1728, l'Académie Royale de Peinture et de Sculture - alla quale Chardin aveva sottoposto la propria candidatura con due opere impressionanti come La razza e Il buffet - riconosce il suo talento e lo accoglie nei suoi ranghi come pittore di frutta e di animali. La scelta del genere della natura morta, apparentemente minore, non ne vincola il successo, e Chardin si impone presto sulla competitiva scena parigina. Nel corso del decennio successivo, egli estende la propria ricerca anche alla figura umana, effigiata perlopiù in ambienti domestici e nello svolgimento di semplici mansioni quotidiane, in scene in cui i ceti più umili sono associati ai rampolli della borghesia francese. Nascono così capolavori come la Governante, la Vivandiera o la Toletta del mattino ai quali si affiancano le toccanti raffigurazioni delle attività ricreative dei giovani come Le bolle di sapone, la Bambina che gioca al volano o il Bambino con la trottola. In ciascuna di queste opere, attraverso una tecnica pittorica stupefacente, incentrata sul rapporto tra tono e colore e sulla variazione degli effetti di luce sugli oggetti e sulle persone, l'artista riesce a trasmettere all'osservatore l'emozione provata di volta in volta di fronte al soggetto. È con questo spirito che Chardin dipinge, ad esempio, il Bouquet di fiori (c. 1755) uno degli esiti più alti della sua arte, dove la straordinaria freschezza di esecuzione e la tavolozza dai colori audaci appaiono del tutto inedite rispetto alle opere dei suoi contemporanei. Il successo dell'innovativa pittura di Chardin è registrato dalle reazioni del pubblico alle tele che l'artista espone al Salon a partire dal 1737. Entusiasti, ad esempio, i pareri di alcuni intellettuali tra cui Denis Diderot, che nel 1763 osanna pubblicamente il realismo delle nature morte del pittore. Chardin è molto apprezzato anche dal re di Francia Luigi XV, al quale il pittore dona la Madre laboriosa e il Benedicite, ricevendo in cambio la stima del sovrano e, nel 1757, il grande privilegio di dimorare e lavorare al Louvre. Verso il 1770 i problemi di salute lo inducono a rallentare l'attività e ad abbandonare progressivamente la tecnica ad olio. Con un gruppo di ritratti a pastello, tra cui spiccano i suoi autoritratti, si conclude la lunga carriera di un artista che per tutta la vita aveva concepito la pittura come un mezzo di conoscenza della realtà, evitando con cura i contenuti aneddotici, e mirando a raggiungere un'arte senza tempo che riflettesse un'armoniosa perfezione tra forma ed emozione. La mostra di Ferrara e Madrid offrirà l'occasione di ripercorrere le tappe salienti della percorso artistico di Chardin attraverso un'ampia selezione di opere provenienti da musei e collezioni pubbliche e private di tutto il mondo. La rassegna spazierà così dalle nature morte giovanili alle scene di genere della prima maturità, fino al ritorno agli oggetti degli anni Cinquanta e agli straordinari capolavori dell'ultimo periodo. Un appuntamento che si preannuncia imperdibile e che consentirà di apprezzare l'opera di un'artista che Vincent Van Gogh riteneva "grande come Rembrandt".
CHARDIN
Mostra a cura di Pierre Rosenberg, organizzata da Ferrara Arte in collaborazione con il Museo Nacional del
Prado di Madrid
Orario: aperto tutti i giorni, feriali e festivi, lunedì incluso, dalle 9.00 alle 19.00
Aperto anche 1 novembre, 8, 25 e 26 dicembre, 1 e 6 gennaio
Info:
Call Center Ferrara Mostre e Musei: tel. 0532.244949, fax 0532.203064
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