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PIAZZA CASTELLO - Mercoledì 6 luglio alle 21.30. Si esibirà con una band di prim'ordine

PJ Harvey a 'Ferrara sotto le Stelle', unica data nazionale

05-07-2011 / Giorno per giorno

(Comunicato a cura dell'associazione "Ferrara sotto le Stelle")

Smessa la maschera di femme fatale del blues con cui ha esordito, fatta di look sfrontato, atteggiamenti e testi irriverenti su un crudo tappeto di chitarre, Polly Jean appare ora cantautrice matura, che mette il proprio timbro vocale scuro e intenso al servizio di suoni acustici dal sapore folk d'altri tempi, in brani dalla scrittura morbida e elegante, che sfiorano la perfezione nell'ultimo, acclamato "Let England Shake".
Arriva a Ferrara, per un'attesissima unica data nazionale, la cantautrice e rocker inglese più influente e originale degli ultimi anni.
PJ Harvey è ora una musicista profondamente cambiata da quando, look e trucco da dark lady, esprimeva emozioni viscerali avendo come bussola Patti Smith e, soprattutto, Nick Cave, con il quale in seguito avrebbe duettato.
Erano i primi anni Novanta e Polly Jean Harvey era una ragazzina magra e nervosa, inquieta e scorbutica, vagamente disadattata, che declamava una miscela di slogan femministi, angosce religiose e storie "maledette".
Sono gli anni in cui inizia a suonare il sassofono in gruppi sperimentali, poi opta per la chitarra, iniziando una collaborazione con John Parish che prosegue ancora oggi.
Nel 1992 PJ Harvey pubblica il suo primo album, "Dry", un lavoro viscerale e ruvido, segnato da testi torbidi e rabbiosi: un esordio formidabile, che figurerà nella lista degli "imperdibili" di quell'anno per molte testate specializzate.
Il secondo album, "Rid Of Me", prodotto da Steve Albini, cambia rotta, spingendosi su sentieri hard-rock e grunge. E' un disco incentrato sulla sensualità acerba dell'autrice, capace di mettersi a nudo senza imbarazzo, di scavare a fondo nelle sue sensazioni in modo assolutamente diretto e senza alcun ritegno.
La definitiva consacrazione per la cantautrice del Dorset arriva nel 1995 con "To Bring You My Love", prodotto da Harvey, Flood e John Parish, in cui PJ, oltre alla chitarra, suona vibrafono, percussioni e tutte le tastiere. E' un grande successo internazionale, nel quale l'autrice conferma di avere un'attrazione fatale per tutto ciò che è travagliato e conturbante. Nel frattempo la voce si è affinata, riuscendo ad essere insieme grezza e morbida, mentre nei suoi concerti, PJ comincia a mostrare un istrionico talento per la danza e la mimica.
Una fama crescente inizia a trasformarla nell'icona di una generazione "alternative" che si nutre di fumetti pulp e di decadenza metropolitana.
Il successo arride anche a "Is This Desire?" (1999), classico "album della maturità", in bilico tra ballate noir e rock intenso, come il trascinante singolo "A Perfect Day Elise", che le vale anche un'alta rotazione nel palcoscenico mainstream di Mtv.
Il disco segna il vertice del lirismo cupo della cantautrice inglese e la tappa più avanzata della sua maturazione musicale. Smussate le asperità e affinata la verbosità degli esordi, Polly Jean si presenta nei panni di una cantautrice finalmente poliedrica e completa.
Il successivo "Stories From The City, Stories From The Sea", dodici canzoni che affrontano il tema del contrasto tra la frenetica New York e il placido Dorset, riportano PJ in una dimensione più solare, da songwriter "classica". Un disco fatto di canzoni sobrie, di ballate e di storie, come "This Mess We're In" (in duetto con Thom Yorke dei Radiohead): un lavoro in definitiva molto più semplice e diretto dei precedenti.
Finito il tempo delle canzoni-shock, frenata la libido irruenta degli esordi, per PJ arriva il tempo della riflessione. Si trasferisce in un piccolo centro sulla costa inglese, circondata da verdi colline. Frequenta solo un ristretto gruppo di amici. Dice di Londra che è troppo frenetica. Nella vita di questa esile chanteuse dalla pelle bianchissima e dai capelli corvini, tuttavia, non esiste solo il rock. E' appassionata d'arte e si cimenta con la scultura e le arti figurative.
Dopo una serie di altre prestigiose collaborazioni, con Nick Cave, Tricky, Giant Sand e Marianne Faithfull, nel 2004 PJ Harvey torna all'antico con "Uh Huh Her", un disco di crudo folk-blues che rimanda ai suoni minimali degli esordi. Polly Jean fa tutto da sola - composizione, produzione, registrazione, missaggio - e suona tutti gli strumenti. Ne scaturisce una raccolta di confessioni in lo-fi, attraversata da una vena ironica e da un alternarsi di slanci viscerali e ballate dolenti, mentre i testi, come al solito, sono impregnati di un languido lirismo noir.
Nel settembre 2007 esce "White Chalk", forse il suo disco più intimista. Composto interamente al pianoforte, l'album è appena punteggiato da scarne note di clavicembalo, arpa e discreti interventi elettronici: la musicista appare quanto mai riflessiva, quasi disillusa.
Dopo una breve parentesi scritta a quattro mani col fido John Parish, nel febbraio di quest'anno, PJ Harvey pubblica il suo capolavoro, "Let England Shake". Registrato in una chiesa, è un lavoro estroverso e, in qualche modo, catartico.
Liberata dai suoi demoni, la voce di PJ Harvey acquista la spensieratezza dell'infanzia. Canta di un argomento universale come la brutalità delle guerre, ma con lo sguardo tenero e al tempo stesso distaccato di una bambina.
Indossato un abito sonoro ormai fuori dal tempo, Pj Harvey assume il fascino di una più classica e matura cantastorie, che per farsi ascoltare non ha più bisogno di gridare, ma lascia parlare le sue canzoni, sorrette da un'accessibilità melodica mai così pronunciata.
L'album ha ricevuto un'accoglienza critica formidabile ed unanime, con voti altissimi, dall' 8.8 della bibbia indie-rock Pitchfork fino al rarissimo 10/10 del più antico e glorioso settimanale musicale, il New Musical Express.
PJ Harvey si esibirà con una band di prim'ordine, composta, oltre che da Jean-Marc Butty alle percussioni, dall'eccellente polistrumentista John Parish alle chitarre e dal grande Mick Harvey, fedele collaboratore di Nick Cave, prima nei Birthday Party, poi nei Bad Seeds, al basso.

PJ HARVEY
Piazza Castello - Ferrara
Mercoledì 6 luglio - ore 21.30
Ingresso: 38 euro
Info: 0532-241419
Ulteriori informazioni sono reperibili presso il sito web della rassegna: www.ferrarasottolestelle.it

Risorse in rete:
www.pjharvey.net

Il Festival è organizzato dall'Associazione "Ferrara sotto le Stelle" con il sostegno del Comune di Ferrara, dell'Amministrazione Provinciale di Ferrara e della Regione Emilia-Romagna.