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BIBLIOTECA ARIOSTEA - Ciclo 'Dante 700': giovedì 4 novembre 2021 alle 17 conferenza in sala Agnelli e in diretta video sul canale youtube Archibiblio web

'Dai sodomiti a Gerione' il canto XVI dell'Inferno letto e commentato da Gardenio Granata

03-11-2021 / Giorno per giorno

Sarà dedicata al canto XVI dell'Inferno, 'dai sodomiti a Gerione', la nuova conferenza del ciclo  'Dante '700', a cura di Gardenio Granata, che si terrà giovedì 4 novembre 2021 alle 17 nella sala Agnelli della biblioteca comunale Ariostea (via Scienze 17 Ferrara) e in diretta video sul canale youtube Archibiblio web (per accedere clicca qui).

LA SCHEDA (a cura degli organizzatori)

"Lascio lo fele e vo per dolci pomi...".
Se nel delicato e affettuoso incontro con ser Brunetto, episodio centrale del canto XV, abbiamo potuto ravvisare la corda del rammarico per gli antichi e buoni costumi, soffocati dall'odio e dalla cupidigia che avvelenano Firenze, nel dialogo con i tre nobili fiorentini il tema si precisa in un'aspra nota polemica che esaurisce il discorso politico iniziato da Ciacco nel canto VI. L'incontro con Jacopo Rusticucci, Guido Guerra e Tegghiaio Aldobrandi si sviluppa sugli stessi toni di cortesia e rispetto già osservati nel dialogo con Brunetto Latini, anzi, si potrebbe definirlo una continuazione ideale di questo. Come nel caso di Brunetto, anche qui ad accamparsi in primo piano non è la colpa di sodomia, per quei tempi infamante, ma le chiarissime virtù civili dei fiorentini incontrati, segno palese dell'indipendenza di giudizio dantesca. Il canto si apre con un dettaglio sonoro, quello dello scrosciare  di una cascata, e si chiude con un inquietante rito magico, quasi un'evocazione medianica culminante con l'apparizione, tra il velo pulviscolare delle acque ribollenti, di una mostruosa e ibrida creatura demoniaca (Gerione). Tra questi due momenti, si profila il duplice tema della cortesia, ripresa e continuazione dell'atmosfera nostalgica per una Firenze ormai scomparsa, dove le scelte di parte non appannavano l'amor di patria; e della dura condanna etica della Firenze attuale. Nel ritrarre i tre fiorentini assistiamo ad una grottesca sarabanda dovuta alla necessità di non cessare il moto, in obbedienza alla legge del girone. In questo e altri elementi (come nella corsa finale di Brunetto) si sostanzia la condanna dantesca verso la loro colpa; nella distanza tra l'altezza morale di cui sono testimonianza le benemerenze  acquisite da quei personaggi e la debolezza che li fece indulgere al vizio, e la miseria della loro condizione attuale. Dante non risparmia dettagli  di crudo realismo nel rappresentare lo stato in cui versano questi sventurati, anche se, in parallelo, rende loro ampiamente onore e professa una commossa partecipazione al dolore che li segna. Lo stesso contrasto tonale appare nelle parole di Jacopo Rusticucci che al timore del disdegno che la loro condizione potrebbe indurre nell'interlocutore, sostituisce la testimonianza dell'antica fama, rievocazione tanto più dolente proprio perché patetico bilanciamento dello squallore di cui sono costretti a far mostra. Il goffo e surreale balletto dei tre improvvisati coribanti anima una sequenza nel suo complesso burattinesca e meccanica, tale da escludere da sola ogni possibilità di ricollocare i tre fiorentini, pur così struggentemente preoccupati dei valori politici e civili, sopra un piedistallo di ricomposta dignità.
Per il ciclo "DANTE 700", in collaborazione con il Servizio Biblioteche e Archivi

Scarica il Programma completo del ciclo DANTE 700 

Immagini scaricabili:

Dante 700.jpg